Cronachesorprese

10 Aprile 2008

Webframes

Filed under: il viandante digitale — alessandro @

Secondo Rifkin la rivoluzione dell’idrogeno sarà sul modello del web, perché ci sarà bisogno di tanti punti locali di produzione e di approvvigionamento. Anche le biomasse, ammesso che vengano usate come devono essere usate, sono compatibili con questo modello.
Sull’effettiva capacità delle energie rinnovabili di rimpiazzare i derivati del petrolio in breve tempo è normale essere scettici, e lo sono anch’io. Qualcuno sostiene anzi che non è vero che il saldo della propulsione a idrogeno sia così “verde” come dicono Rifkin e altri. Vedremo. Scetticismo a parte, tuttavia, ho pochi dubbi che qualsiasi cosa buona e innovativa possa venire in campo energetico o in altri settori economici a rendere la vita migliore e più semplice, sarà sulla base del modello di conoscenza, di distribuzione del lavoro, di condivisione delle risorse suggerito dal web: che è molto più di una rete telematica, è un “frame”, o meglio un brainframe, come direbbe De Kerchove

9 Aprile 2008

Dice Dicé (Ceppaloni pride)

Filed under: cronache — alessandro @

Non ho particolari commenti da fare alla risposta del blogger Mastella a Prodi, ma vorrei richiamare l’attenzione sul primo dei commenti pubblicati, a firma Nando Dicé. Dice, Dicé, di essere uno di Ceppaloni e invita Mastella a “fare i nomi”. È uno strano, curioso commento, che prende ispirazione un po’ dalla moda antipolitica ma anche da altro, da qualcosa di più complesso da analizzare. Non è amico di Mastella ma si capisce che almeno una strana ammirazione per il compaesano di successo la prova. Siamo certamente lontani dal familismo amorale esposto cinquant’anni fa da Banfield, ma qualche punto di contatto, qualche analogia si trova. Anche rovesciando uno dei termini: non sarà più amorale, anzi sarà morale, moralistico, giustizialista; ma sempre in un frame familistico, o di uno strano senso di appartenenza in cui si ripone un’oscura speranza, qualsiasi cosa succeda. E come se Dicé dicesse: sei uno che non mi piace, sei tutto quello che sappiamo, ma alla fin fine sei di Ceppaloni e quindi io contro ogni evidenza mi aspetto che tu faccia qualcosa di simile a quello che farei io, a quello che vorrei che tu facessi. Da questo oscuro magma scaturisce un accorato appello:

Ma da Ceppalonese , anche se emigrato, ho sperato, ho sperato che dal fondo si potesse finalmente risalire, lei invece ha deciso di continuare a scavare, magari con le unghie. Io le sono stato sempre avverso, quindi proprio per questo speravo in un ultimo sussulto… I NOMI EXMINISTRO, faccia saltare tutto, faccia iniziare la rivoluzione. Non è chi oggi l’accusa che può cambiare le cose del Sud, ma paradossalmente proprio lei, perché lei c’era, perché lei le cose… non può non saperle. Lei conosce i meccanismi, li dica, li smascheri, li denudi……FACCIA VEDERE AL MONDO CHE CEPPALONI NON è SOLO MASTELLITE, MA CHE PROPRIO MASTELLA Può DIRE BASTA.

:-)

8 Aprile 2008

Del “rispetto” delle parole altrui

Filed under: cronache,ratzie stories — alessandro @

Sarà un caso, ma pare che la Chiesa non possa più permettersi di fare delle citazioni nei suoi documenti ufficiali perché viene sistematicamente fraintesa. Forse c’è un motivo profondo se la malevolenza dei suoi critici diventa così spesso cattiva interpretazione e condanna sbrigativa. Il caso di Malvino che tenta di strapazzare maldestramente un documento dell’Agenzia Fides è sicuramente meno grave degli indecenti vespai suscitati contro Ratzie in occasione del discorso di Ratisbona e della mancata visita alla Sapienza, ma è comunque indicativo di una mentalità diffusa, che vuole a tutti i costi la marginalizzazione culturale e sociale di una posizione, quella della Chiesa, che per molti intellettuali non deve avere più diritto di cittadinanza. E ogni occasione è buona, ogni mezzo è lecito.

Non voglio dilungarmi, la questione è molto semplice e chiunque è in grado di tirare le giuste conclusioni leggendo il documento originale. Ancora una volta, è da rimarcare, il critico dimentica di citare la citazione: il citato è Francois Dumont, professore alla Sorbona. E non solo si attribuisce all’Agenzia Fides il giudizio di un altro, ma si omettono anche maliziosamente (difficile pensare altrimenti) delle virgolette che danno un senso del tutto diverso alla frase incriminata. Copio e incollo dal testo:

La tradizionale struttura fatta da un padre che lavora e provvede ai bisogni economici, una madre educatrice ed una prole numerosa, è quasi del tutto scomparsa in Europa, per fare posto a forme cosiddette moderne, che hanno origine nell’Europa del Nord, basate sul ‘rispetto’ per le scelte individuali dell’altro, sull’uguaglianza dei ruoli tra uomo e donna, sul sentimento come base della formazione delle coppie e del rapporto tra genitori e figli; è una trasformazione sostenuta ed accompagnata dalla rivoluzione femminista.

La parola “rispetto” tra gli apici (apici semplici, perché sono già dentro a una citazione!) rende inequivoco il senso della frase: Dumont (e non l’Agenzia Fides) ritiene che il “rispetto” che questi modelli di convivenza rivendicano solo per sé non sia in realtà loro appannaggio esclusivo. E non c’è nessun giudizio negativo dell’uguaglianza tra uomo e donna, del sentimento come base del rapporto di coppia, eccetera: è la constatazione di un passaggio culturale avvenuto in Europa, è considerato come dato di fatto.

Malvino invece cosa legge? Toglie apici semplici e doppi perché così la sua tirata malevola viene meglio:

Basta con “il rispetto per le scelte individuali dell’altro”? Basta con “l’uguaglianza dei ruoli tra uomo e donna”? Basta con “il sentimento come base della formazione delle coppie e del rapporto tra genitori e figli”? Ma sì, basta. Meglio non dirlo in modo esplicito, però: non suona bene.

Meno male che c’è Malvino che “esplicita” (ci sono le virgolette qui, non dimenticatele) e fa dire agli altri quello che non dicono e non si sognano di dire.

7 Aprile 2008

Il dubbio olimpico

Filed under: cronache — alessandro @

tibet proteste a parigiCredo che sia giusto separare la questione politica da quella sportiva. Gli atleti devono andare, i governi occidentali devono prendere una posizione il più possibile unitaria e disertare la cerimonia di apertura. Però la protesta sarebbe ancora più efficace se anche gli spettatori non andassero. Sarebbe un segnale davvero forte. Pensate a quanto hanno investito i cinesi su queste Olimpiadi sperando anche in adeguati flussi turistici. La Cina non ha ancora un vero movimento turistico in entrata, è stata chiusa “sprangata” fino all’inizio degli anni ottanta e ha ancora molta strada da fare. Le Olimpiadi potrebbero essere il primo grande evento turistico.
Pensate se non andasse nessuno. Certo, i cinesi non avrebbero difficoltà a riempire gli stadi, il colpo d’occhio sarebbe salvo. Ma l’effetto Olimpiade sarebbe del tutto vanificato. E questo darebbe davvero fastidio.
Non credo, tuttavia, che qualsiasi azione di protesta possa cambiare davvero le cose nel Tibet. È stato un errore concedere le Olimpiadi a Pechino senza uno straccio di garanzia sui diritti umani. Ma è una storia vecchia. La Coca Cola dodici anni fa ha sottratto le olimpiadi del centenario ad Atene, e nessuno ha battuto ciglio. Quest’anno la scelta stride ancora di più con ogni plausibilità del concetto di olimpiade, ma la logica è sempre la stessa…

6 Aprile 2008

Sedotto dalla Neigra

Filed under: market mysteria — alessandro @

neigra distilleria sangallo cinque terreLa Sangallo Distilleria delle Cinque Terre è un esempio di nicchia che andrebbe studiato. Non inganni il nome: la sede è a San Salvatore di Cogorno, a due passi da Lavagna. Ma il nome deriva dallla prima acquisizione (una distilleria di Levanto) che ha segnato la storia dell’azienda, nata più di quarant’anni fa. L’altra acquisizione è stata quella che ha permesso allo storico Amaro Camatti (oltre 150 anni di produzione) di continuare a fare bella mostra di sé in alcune selezionate trattorie del genovese, a cominciare dall’imprescindibile Maria. I prodotti oggi sono tanti e tutti di ottima qualità, un buon compromesso tra la tradizione e il gusto attuale. Ma l’azienda è e rimane a conduzione familiare: e si può dire che sono i prodotti a determinare la natura dell’azienda, e non il contrario. Il Camatti ha tentato controvoglia la strada della grande distribuzione, ma non era cosa: quell’etichetta così sfrontatamente semplice e demodé va bene se spunta dagli scaffali alle spalle di un bancone consumato e si propone come lieve sepoltura di una trenetta al pesto o di una pasqualina, non si adatta al tre per due.
La Neigra è più giovane, ma promette anche lei di andare lontano per vie carsiche, di nicchia in nicchia. Ed è ancora più sfacciata del Camatti, che a dispetto dell’etichetta ha almeno una ricetta segreta. La Neigra invece è: alcool; zucchero; estratto naturale di liquirizia. Troppo semplice per qualsiasi produzione industriale: quindi inimitabile.

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