Eccoli qui, belli come il sole. Lo sapevo che prima o poi sarebbe venuta fuori la polemichetta sulla 194. Meglio poi che prima, ça va sans dire, poiché gli argomenti, quando sono pochi e incerti, possono anche essere un intralcio se c’è da portare a casa il risultato.
Oggi per le vie di Roma, e non so se in altre città, i promotori dei referendum hanno manifestato vestiti da fantasmi. L’intento credo che fosse rimproverare a molti politici un silenzio a loro modo di vedere colpevole sulle questioni in gioco. Credo. Non ne sono sicuro, perché veramente più ascolto questi personaggi e più i loro argomenti mi sembrano sfuggenti, ectoplasmatici. Quando sento un abortista come Capezzone dire: "Vogliono ridurre a fantasmi i bambini che non nasceranno" penso che deve avere dentro di sé un coraggio non comune o, più probabilmente, non rendersi conto di quello che dice. Ora salta fuori che i difensori della vita sono loro. Incredibile. Giggia che fassa, diceva Govi.
Ma la vera novità di oggi è appunto lo smascheramento del "subdolo attacco" alla 194. A nulla valgono le smentite. No no, questi qui non convincono, sentenzia la Bonino. La Melandri fa notare che ora come ora, combinando la legge 40 con la legge 194, salta fuori che un embrione avrebbe più diritti di un feto entro i cinque mesi, e pare una contraddizione.
Obiezione, a ben vedere, sintomatica di quanto la 194 sia poco applicata. Forse è il caso di rileggerla, perché pur documentando la drammaticità di un momento storico in cui una civiltà dichiara attraverso le sue leggi la propria impotenza a difendere completamente la vita umana, non parla mai del concepito come di qualcosa di diverso da una persona. Si limita a non parlarne, a parlarne il meno possibile. E non sancisce neanche un (questo sì) fantomatico diritto all’aborto, che esiste soltanto nella propaganda. La 194 "riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio". Esamina le situazioni in cui la maternità è vissuta dalla donna come un impedimento violento alla dignità della propria vita: prende atto insomma della possibilità di un conflitto tra la dignità personale della madre e… qualcosa, che per chi non ha gli occhi foderati di prosciutto non può essere altro che la dignità personale del nascituro, e regolamenta con prudenza almeno nominale i casi in cui i diritti dell’una sono più rilevanti di… qualcosa, che guarda guarda saranno forse i diritti dell’altro, e viceversa. Prudenza che non sarebbe motivata dalla sola attenzione alla salute della donna. Drammatico, dicevo, ma è così: l’interruzione di gravidanza è configurata come una sorta di legittima difesa. Parlo non a caso e con un certo intento polemico di diritti del concepito perché, pur non usando mai queste parole, la 194 nel regolamentare i casi in cui si può interrompere la gravidanza prevede ipso facto forme di tutela per l’esistenza del potenziale nascituro: implicitamente e mai sullo stesso piano (ovviamente, visto che ne ammette la soppressione) delle garanzie per i diritti della madre, ma le sottintende. Per questo mi è sempre parso curioso distinguere un concepito oggetto di tutela e un concepito soggetto di diritti, trattandosi indubitabilmente della stessa persona che poi dal momento della nascita gode di piena capacità giuridica: posso anche sforzarmi ma non riesco a vederla altrimenti che come questione di lana caprina. Capisco che gli abortisti tengano alla distinzione, ma è proprio la 194 ad andare oltre la comoda semplificazione del primo articolo del codice civile. Ma la 194 non si tocca… e sono quasi d’accordo, perché tutto sommato, stante la triste necessità di questo momento storico in cui la mentalità comune considera accettabile sopprimere una vita umana prima della nascita, non è una cattiva legge. Se poi venisse applicata integralmente, si creerebbero piano piano le condizioni culturali e civili per il suo superamento.
La legge 40 nei principi generali parla di concepito (come la 194) e non di embrione: "la legge… assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito". Un espediente, una voluta indeterminatezza simile a quell’inizio della 194 che non è né nascita, né concepimento. Il concepito, faccio notare, è la persona. Concepito è l’embrione, che poi è il feto (il mister x della 194), che poi è il neonato, che poi è l’adulto. I referendari vedono in questo passaggio della legge l’eccezione che rimetterebbe in discussione la 194. Ma cosa c’è di realmente diverso dalla 194? Nulla, se non il menzionare esplicitamente i diritti che sono impliciti nella 194 ma che in quel contesto, per la diversità della materia, semplicemente soccombono ai diritti della madre. Se la legge 40 è davvero una "pericolosa eccezione", lo è anche la 194. A questo punto cambiamo il codice civile, facciamo prima.
La differenza reale tra le due leggi non sta dunque nell’attribuire al concepito dei diritti, ma nella materia: mettiamola come vogliamo, ma tra le ragioni valide per l’interruzione della gravidanza contemplate dalla 194 e le ragioni valide per fare ricorso alla procreazione medicalmente assistita contemplate dalla 40 c’è una bella differenza. Il solo desiderio di essere genitori non è tale da rendere irrilevanti i diritti del concepito. Prima di sballottare embrioni da una provetta a un frigo a un utero a qualsiasi condizione bisogna pensarci un attimo, guarda che pericolosa eccezione. Occorre regolamentare, ed è quello che fa la legge 40, sicuramente in maniera non perfetta ed emendabile, ma colmando un vuoto che c’era, e che qualcuno vorrebbe ripristinare senza vere ragioni.