Cronachesorprese

7 Marzo 2021

Sanremo e la musica satura

Filed under: le specie musicali — alessandro @

Spero che la vittoria dei Maneskin a Sanremo contribuisca a far capire ciò che è già evidente da molto tempo a chi ama la musica: viviamo in un momento di saturazione delle forme musicali e le novità radicali che facciano anche presa sul pubblico non sono impossibili (non sono mai impossibili) ma molto, molto difficili da trovare. La creatività si esercita prevalentemente nel mixare in modo originale forme già praticate. E non c’è nulla di male né di veramente nuovo neanche in questo: i momenti di vera rottura e di immissione di forme innovative sono meno frequenti di quanto siamo portati a pensare. Il mercato impone il cliché del rinnovamento musicale a ogni generazione, ma il rinnovamento effettivo non è per nulla scontato: è solo da poco più di mezzo secolo che l’espressione musicale si è legata a un soggetto della storia che prima era molto più compresso o assente, il “giovane”, e quindi c’è un’aspettativa di rinnovamento delle forme a ogni generazione (anzi praticamente a ogni stagione, perché il mercato ha le sue esigenze). In periodi di saturazione come quello che stiamo vivendo l’aspettativa diventa facilmente pretesa e produce una maggiore quantità di “freaks” rispetto alla media (e anche i mostri dimenticabili sono una costante, ma appunto perché sono dimenticabili dopo un po’ non li ricordiamo più, li rimuoviamo). Bene, i Maneskin non sono innovatori coatti, sono freschi interpreti di una solida tradizione musicale. Come hanno notato tutti, il brano dei Maneskin non ha nulla di nuovo, ma è bello, suonato e cantato bene da ragazzi che a dispetto della giovane età dimostrano già una sicurezza e una professionalità invidiabili. Non ha nulla di mai ascoltato ma non è certo “vecchio”, con interpreti così non potrebbe esserlo. Inoltre i Maneskin non sono sfuggenti come altri loro coetanei che sembra facciano molta fatica a decidere se essere musicisti o performer, e questa è la novità che mi piace di più. Sono contento perché con loro è chiaro finalmente anche ai ventenni di questa generazione che non è necessario andare a caccia di forme astruse e antimusicali per lanciare attraverso la musica una sfida generazionale.

Su Sanremo bell’articolo di Rockol.

17 Luglio 2014

Il talento anti Talent

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Una modestia vera, antica, invincibile; due dita (nel video seguente quando suona All of me, indice e mignolo, sembra un limite e invece…) che percuotono una chitarrina da quattro soldi, un mondo di musica che si sprigiona a ogni battuta.

La storia di Vittorio Camardese è una di quelle storie che può essere considerata triste o lieta, a seconda del punto di vista di chi la guarda e del cuore che la considera. Un eccentrico che si permetteva il lusso di declinare gli inviti insistenti di Chet Baker a raggiungerlo oltre oceano. Un autodidatta che forse si sentiva come un pesce fuor d’acqua sotto i riflettori, e quando nel 1965 andò farsi intervistare alla televisione aveva tutta l’aria di non averne molta voglia, di farlo per cortesia.

Poi magari ci sono sfumature che non si vedono. Magari c’era una quota insondabile di frustrazione in quella vita di radiologo con la passionaccia per le sei corde. Difficile dirlo. Se è così non traspare molto. Però c’è qualcosa che proprio non si può negare. Un talento come quello, nell’epoca dei talent show, è impossibile. Non è impossibile la capacità tecnica, è impossibile viverla così. Nell’epoca della ricerca spasmodica del talento artistico fin dalla culla il talento è legato indissolubilmente all’idea di successo. Non c’è lo spazio, nessuno permette che i due concetti non vadano insieme. Il che vuol dire, molto probabilmente, che non c’è spazio per vere sperimentazioni, per vere ispirazioni. Si cercano ricette che funzionino più che altro. Non si lascia la creatività a briglia sciolta.

Quindi uno come Camardese che da solo e fuori dai riflettori sviluppa una tecnica ardita, unica, innovativa, che partendo dagli standard jazz prefigura un uso e un protagonismo della chitarra che di lì a pochi anni sarebbe esploso in altri generi, oggi non potrebbe neanche pensare a se stesso senza vedersi su un palco, in uno studio di registrazione e, va da sé, in televisione davanti a una giuria di musicisti affermati in grado di esaltarlo o demolirlo alzando una paletta, dicendo un sì o un no.

Spiace dirlo, ma il talento artistico ha perso la dimensione della gratuità. Parlo di grandi numeri, naturalmente. Ma sono anche convinto che è solo un passaggio. E quando questo castello di illusioni e di sfruttatori in cui la musica e i musicisti sono imprigionati finalmente crollerà riemergerà il piacere di suonare tra amici, il piacere di suonare e di farsi ascoltare come il suonatore jones di De André, senza “nemmeno un rimpianto”. Come mi piace immaginare che sia vissuto Vittorio Camardese fino alla fine.

27 Maggio 2014

Eternal dawn

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“I was born”, “My past is dead”, “On my two feet”… adoro questa capacità del blues di tutti i tempi di inchiodare in un ritmo i fondamentali della vita con qualche martellata ben assestata.
La mezzanotte è già passata, è un nuovo giorno anche se ancora non sembra. This great eternal moment is my great eternal dawn: è sempre vero. può essere vero ogni giorno, ad ogni alba, a ogni oscurità antelucana.

23 Luglio 2013

In battere e in Allevare

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Ma benedetto figliolo di un Giovanni Allevi, ma proprio Beethoven? Ma se volevi fare la tua sparata periodica per attirare nuovamente l’attenzione (che evidentemente ogni tanto cala, come il ritmo…) non potevi trovarne un altro? Beethoven non ha il senso del ritmo, e tu sei calvo.

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5 Giugno 2010

Cerco la chitarra del trentennale

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Questo trentennale dei BB me lo sento proprio addosso e ha agito sottopelle in maniera inaspettata. Per festeggiare ho deciso di comprare una chitarra nuova :-) In realtà lo voglio fare da tempo, ma ora mi sono deciso.

Decisione piacevole e tormentosa allo stesso tempo. Negli ultimi tre giorni ho provato decine di chitarre e ho suonato per ore nei negozi cittadini. Per questo giro non ho voglia di andare a Bra o in altri grandi magazzini: se avessi un budget maggiore lo farei, ma devo andarci piano e quindi sono abbastanza sicuro che posso trovare qui ciò che cerco.
Sono passati sedici anni da quando ho comprato l’ultima chitarra e oggi è davvero difficile scegliere. Voglio una bella acustica con buone possibilità di amplificazione, non da studio ma neanche pazzesca perché non me la posso permettere. Una volta scelta la fascia di prezzo comincia il difficile.

È che non bastano le caratteristiche tecniche. È una questione di feeling, una cosa molto personale.
Se non avessi problemi di budget punterei su una Martin o su una Taylor. È chiaro che a questi livelli l’intesa è più facile. Oggi ho provato una Taylor ed è stato più che un test, è stato un incontro. Lo spirito di Ray Charles si è prontamente manifestato per scongiurare attacchi di cleptomania:

“Ok, prima o poi sarai mia, è solo questione di tempo”. Ora non posso spendere 2800 euro per una chitarra. Magari non potrò farlo mai, “però tu comunque aspettami”, le ho detto riagganciandola al muro del negozio :-)

Per il momento ho ristretto il ballottaggio a due Yamaha della serie CPX. Hanno casse e tastiere molto ben fatte, suoni caldi e corposi e il vantaggio di un doppio microfono: un pickup sotto il ponte e un microfono a condensatore dentro la cassa, sospeso al centro e quindi non a contatto. Si possono miscelare i due microfoni molto agevolmente regolando il volume del secondo microfono: una caratteristica che aumenta molto le possibilità espressive valorizzando il suono naturale della chitarra. Il suono del solo pickup sotto il ponte è sempre troppo metallico, almeno per i miei gusti. Mi viene sempre da compensarlo aumentando i bassi ma così il suono perde in brillantezza, e quando la cassa armonica saprebbe farsi valere è un vero peccato.

Una delle due vorrei prenderla, ma qualche giorno riesco ancora a resistere. Se qualcuno ha dritte o suggerimenti… :-)

Aggiornamento del 12 giugno

No, no, altro che pochi giorni. Ho guardato ancora in giro e c’è tutto un mondo. Tanto per cominciare mi sono reso conto che la mia Ovation non è ancora da buttare via, anzi: dà dei punti a molte chitarre nuove che ho provato e che costano un venti per cento di più di quanto ho speso io sedici anni fa. Devo solo darle una regolatina.
Quindi può darsi che mi orienti su un’elettrica o su una semiacustica, vediamo. Comunque ci vuole ancora tempo. Mi dò come limite la fine dell’anno, perché sia davvero la chitarra dei trent’anni.

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