Onestamente: sono molto deluso, per il momento, da @Pontifex. Dopo sette tweet nei primi due giorni non si è più fatto sentire. Speravo almeno nell’Angelus domenicale: niente. Un grave errore. Posso permettermelo io di aprire un account twitter e non usarlo per mesi, non certo lui. Spero che si riprenda.
Non credo tuttavia agli esultanti detrattori di #faiunadomandaalpapa che sostengono che ci sia stato un ripensamento dopo il profluvio di baggianate scaricate dai twittatori anticattolici sull’hashtag. Semplicemente il Ratzie-staff non sta facendo un buon uso dello strumento. Mi dispiace molto, davvero ci speravo (e ci spero ancora, sia chiaro). Non ci vuole tanto: basta un tweet al giorno, andiamo. Giusto non seguire nessuno, giusto non perdersi nelle conversazioni: certo uno staff ben strutturato potrebbe anche pensare di fare un po’ di selezione delle domande più interessanti, ma non è fondamentale. Un tweet al giorno invece dovrebbe esserci sempre. Alla domenica, poi, all’Angelus… occasione persa, per ora.
Delusione a parte, siamo in pieno panico morale per l’anticipazione del messaggio in occasione della prossima Giornata Mondiale della Pace, come al solito spezzettato e vivisezionato per darlo in pasto al moralismo progressista; panico aggravato dalla concomitante “benedizione” della delegazione di parlamentari ugandesi guidata da Rebecca Kadaga, uno dei due “Speaker”, cioé Portavoce (forse Presidente) dell’organo legislativo dello stato africano. Non sono esperto di politica ugandese ma direi che codesta Rebecca ha un ruolo istituzionale di primo piano. Non esiste quindi alcun motivo per negarle l’accesso all’udienza del mercoledì. Anzi, sarebbe probabilmente uno sgarbo: il Papa è anche un Capo di Stato, forse qualcuno lo dimentica.
In Uganda si discute da anni del famigerato Anti-Homosexuality Bill, una proposta di legge che introdurrebbe, se approvata, pesanti restrizioni alla libertà personale degli omosessuali e punizioni che in alcuni casi possono arrivare alla pena capitale. Il papa dunque viene criticato per questo. O meglio, viene insultato da due giorni con una violenza incredibile. Molte delle domande twittate e ritwittate a @Pontifex dicevano senza mezzi termini che il papa vuole “uccidere” i gay. Che dire.
La prima obiezione logica è che accettare la visita di una delegazione diplomatica non vuol dire approvare tutto quello che chi fa parte di quella delegazione fa o ha in mente di fare. Però finché si rimane a questo livello si può dire che è vero, però per ragioni di opportunità, che poi si sa questi si rivendono la foto sorridente con il Papa… Insomma rimane il pretesto per continuare a foraggiare la calunnia: il Vaticano non protesta, quindi approva le politiche contro i diritti umani quando sono a danno degli omosessuali.
Ma le obiezioni logiche sembrano ormai noiose e curiali. Siamo cattivi, vogliamo togliere alla gente semplice e onesta il piacere di insultare il Vaticano. Finché c’è il clamore tutti a urlare e insultare, poi quando arrivano le ovvie spiegazioni si dimentica tutto in fretta, così alla prossima occasione si potrà tornare a inveire facendo finta che non sia successo niente. Queste polemiche sono un po’ come dei flash mob, insomma. Si inseguono e si rinnovano negli anni, ogni volta diverse, ogni volta uguali. Quattro anni fa esplose il caso della presunta opposizione del Vaticano alla proposta francese alle Nazioni Unite sulla depenalizzazione dell’omosessualità. La polemica di questo fine settimana è figlia di quella del 2008. Per chi ha memoria e non cerca pretesti per calunniare è facile collegare i due casi e capire che sono figli dello stesso equivoco.
Nel 2009, intanto, la proposta di legge ugandese faceva già discutere. Il rappresentante vaticano all’Onu, Philip Bene, la condannava senza mezzi termini. Fu per le reazioni molto negative a livello mondiale, compresa quella della Chiesa, che l’anti homosexual bill non ebbe vita facile e ancora oggi non è stato approvato. Se verrà approvato nei prossimi giorni, come sembra, non contemplerà più la possibilità della pena di morte. Basterebbe questo piccolo particolare, stranamente omesso in molte ricostruzioni, a vanificare il presunto endorsement di Ratzie ai boia in salsa africana. Peccato però, vengono meno le battute più a effetto. Siamo cattivi noi catto-logici, sì, molto cattivi e noiosi.
E poiché lo siamo fino in fondo, dobbiamo deludere anche tutti quelli che si esercitano da due giorni in calembour divertenti sulle parole del messaggio per la giornata della pace. La frase sulla quale si sono appuntate tutte le critiche dice:
una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace
Che cosa ferisce giustizia e pace? A giudicare dalla quasi totalità delle sintesi giornalistiche si direbbe “l’omosessualità”. Invece è la negazione e il fraintendimento dei principi, quelli che Ratzie indica come fondamentali non solo per il cristiano ma per una ragione ben condotta. Tra le cause non dirette ma indirette, direi remote della “ferita alla giustizia e alla pace” c’è anche (non solo) l’equiparazione del matrimonio a “forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”. Chiaro? E’ l’equiparazione la ferita, non l’omosessualità in sé. Quindi tutte le facili ironie sulle “ferite” varie sono, appunto, troppo facili.