Cronachesorprese

25 Maggio 2017

Al di là delle amache

Filed under: Il cristiano informale,tutto considerato — alessandro @

L’amaca di Michele Serra di oggi (anzi di ieri ormai) mi ha aiutato a mettere a fuoco un pensiero che covava da un po’, un certo disagio che forse ho superato con una domanda semplice semplice: perché molti atei contemporanei parlano così spesso dell’aldilà, dell’inferno e del paradiso? Sembra che questo sia un problema più per loro che per i credenti. E così è in effetti, ma mi riesce sempre più difficile spiegarlo: non posso parlare delle altre fedi, ma un cristiano non pensa *mai* all’aldilà. Perché sa benissimo che tutto ciò che può pensare è un’immagine insufficiente. Poi le immagini servono, si usano: aiutano a far memoria delle cose importanti. Ma si sa che sono immagini, non si ipostatizzano.

Il cristiano non agisce mai in funzione del “dopo”, anche quando fa dottrina sul dopo. Il “dopo” è semplicemente un orizzonte più ampio rispetto al presente. Tutto qui. Quasi banale anche senza aderire a una fede positiva: ciò che vedo, ciò che sento, ciò che sperimento, ciò che capisco è solo una parte infinitesima della realtà. Puoi sentirti schiacciato, o immerso, o sperso, o cullato, ma è una certezza: l’universo “spacca”. Spacca il mio orizzonte da ogni lato, a ogni istante, in ogni circostanza. Basta un po’ di realismo. La differenza tra un credente e un non credente in buona parte è questa: c’è un “Chi” che spacca, o c’è solo un “Cosa”. Ma se tutti mettessero almeno la Maiuscola ci ritroveremmo nel riconoscimento di una Grandezza di fronte alla quale siamo ben piccoli, e vivremmo tutti meglio, in maggiore armonia.

Da anni sono stupito della superficialità e dello schematismo dei ragionamenti di molti non credenti ( non tutti, eh: anzi ho trovato molta più franchezza, autentica ricerca spirituale, disponibilità all’ascolto e stimoli a rendere ragione della mia fede in alcuni atei che in molti credenti) attorno ai fondamentali della fede, come se davvero fossero convinti che sia sufficiente quel livello per liquidare la questione. La ravviso ogni giorno questa convinzione rudimentale nelle battute, nelle imprecazioni, nelle generalizzazioni, in tutte quelle piccole allusioni che sono ormai una nevrosi specifica. E a pensarci in questi ragionamenti si avverte proprio un’urgenza di liquidare la questione. Dover proiettare quella superficialità su tutti i credenti per far tacere qualcosa. Una gigantesca straw man fallacy per togliersi il pensiero. Certo, l’attentatore di Manchester è un’occasione ghiotta per rinforzare lo schema. E figurati se Michele Serra se la faceva scappare. Fervorini quotidiani, insomma. Potremmo farci un bel libretto di preghiere: è una sorta di devozionalismo, in fondo.

Peccato che l’attentatore di Manchester non sia un credente. È solo un nichilista che dà una forma religiosa al suo “cupio dissolvi”. Usa quella forma ma potrebbe usarne altre, la sostanza non cambia. No Michele, la “promessa dell’aldilà” non c’entra nulla. Sei fuori strada, e forse sai anche di esserlo. Hai solo bisogno di questo schema per razionalizzare ciò che non è facilmente razionalizzabile, perché quello che sta succedendo è molto più assurdo e spaventoso.

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24 Maggio 2017

Tutto è puro per i puri di Manchester

Filed under: Il cristiano informale — alessandro @

Potete immaginarvi quanto mi piaccia questo video. Ma dopo aver letto certe cose scritte da chi dovrebbe essere guida ed esempio di altri io questo video lo prendo e lo attacco sulla bacheca, è il mio manifesto di oggi. E giuro che fino all’altra sera non sapevo neanche chi fosse Ariana Grande.

L’idea di creare una società di puri in un mondo separato non è la mia idea di cristianesimo, e a mio modesto parere non c’entra proprio nulla con il cristianesimo ma con un’idea di controllo dei costumi che serve al controllo della società, *e quindi* fa male alla Chiesa. Tutte le volte che la Chiesa si è resa mera funzione di controllo dei costumi e di controllo sociale ha tradito se stessa e ha perso i suoi figli per strada, perché ha rinunciato alla possibilità di conquistare i cuori. Grazie a Dio non è mai stata solo questo. Se fosse stata solo questo, come pensano in molti (sbagliando), non esisterebbe più da secoli. Ma quindi chiediamoci quanto attraverso di noi può ancora vivere. E chiediamoci se non è proprio la “separatezza” la risposta che vorrebbero gli attentatori dai cristiani. Noi non siamo come loro? Vero, ma se ci separiamo dal resto della società cominciamo a essere come loro. L’Europa è altro. Grazie a Dio (e non all’Illuminismo: ma con certi argomenti non riusciremo mai a dimostrarlo, e men che meno a mostrarlo).

Poi non giudico, non entro nel merito perché non ho figli. Ma penso che se fossi genitore non impedirei ai miei figli di andare a vedere Ariana Grande. Non penso proprio. Penso invece che cercherei di ragionare con loro su ciò che andranno a vedere e spiegherei perché non mi piace, e magari li prenderei bonariamente in giro, stando attento però a non mortificarli. Forse andrei con loro, come hanno fatto molti genitori a Manchester, o forse li accompagnerei all’entrata e li andrei a prendere all’uscita, lasciando che si godano quel momento tra pari. Non lo so, ripeto, posso solo immaginarlo. Ma come potrei pensare di sottrarre completamente mio figlio all’esposizione a cose che non approvo? Intanto, *che cosa* non approvo? Tutto nell’esperienza è sempre un misto di buono e cattivo, da dove dovrei cominciare? Quello che serve è un rapporto vero con i figli, non una loro incontaminazione impossibile e disumana.

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15 Maggio 2017

La madre di tutte le analogie

Filed under: Il postulante de-genere,tutto considerato — alessandro @

Tornando un attimo alle riflessioni di ieri sulla maternità, ci sarebbe una bella cosa che si chiama ANALOGIA e che sembra che molti non conoscano e/o non apprezzino.

È un meccanismo, una strategia di base del pensiero. Funziona bene (non c’è solo whatsapp che funziona bene per me, eh…) perché per ogni analogia esiste nella realtà un “analogatum princeps”, cioè una realtà di riferimento che permette al pensiero di costruire la sua strategia di conoscenza attorno ad essa.

“Madre” è l’analogatum princeps di tutto ciò che chiamo “materno” per analogia di attribuzione. Non significa, naturalmente, che non esista la possibilità (o il “diritto”: ma dire le cose come stanno è negare dei diritti? Mah) di instaurare rapporti materni senza essere madri, ma che senza la “madre”, se non ci fosse una madre, niente potrebbe essere “materno”. Non capisco perché sia così difficile per alcuni riconoscerlo e accettarlo. Davvero, non lo capisco. Non capisco come sia avvenuto che questa difficoltà sia diventata la base di un risentimento giuridico.

Scrivo queste cose per amore, non per vincere una discussione.


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