Oggi ho ritirato il passaporto. Avevo fatto domanda il 16 giugno. Terrorizzato dal ricordo delle esperienze del Mariachi, ma soprattutto dagli avvisi disseminati un po’ ovunque all’ufficio passaporti, avevo dato per scontato che non avrei potuto averlo prima del 16 luglio e probabilmente anche un po’ dopo. Poiché dovrei partire il 23 ero seriamente preoccupato di non farcela: il rispetto dei tempi e l’urgenza sono garantiti solo a chi viaggia per motivi di lavoro, non ai turisti come me.
Beh, via, devo ricredermi. Ho mandato un fax per richiedere il riconoscimento dei motivi di urgenza il 2 luglio. Vedo ora sul passaporto che la data di inizio validità è il 3 luglio: vuol dire che la mia richiesta è stata presa sul serio. Certo se ci fosse un modo di avvertire della conclusione della pratica uno eviterebbe di fare viaggi a vuoto… ma vabbé, per una volta che una cosa fila liscia non voglio fare critiche superflue. Probabilmente la richiesta d’urgenza è stata essenziale, se non l’avessi fatta avrei rischiato davvero. Ma ha funzionato.
Dell’esperienza sempre un po’ curiosa della trafila burocratica per chiedere a un ufficio di certificare che io sono proprio io, di notevole c’è almeno il foglio di istruzioni per i documenti necessari e in particolare per le foto. Sembra un pezzo di teatro, vorrei darlo a un attore bravo da leggere:
…CON SFONDO BIANCO. IN ESSE, IL VOLTO, RIPRESO FRONTALMENTE, COMPLETAMENTE SCOPERTO E SENZA
OMBRE O RIFLESSI, DEVE COMPRENDERE CIRCA IL 70 – 80% DELLO SPAZIO. LE FOTO DEVONO ESSERE STAMPATE SU CARTA NON LUCIDA E CON COLORI AD ALTA DEFINIZIONE. L’ESPRESSIONE DEL VISO DEVE ESSERE NEUTRA, CON LA BOCCA CHIUSA; GLI EVENTUALI OCCHIALI DEVONO PERMETTERE CHIARAMENTE LA DISTINZIONE DEGLI OCCHI ED ESSERE CHIARI E PRIVI DI RIFLESSI”.
Leggermente ansiogeno, a partire dal tutto maiuscolo. Dopo averlo letto vi voglio vedere, a fare l’espressione neutra. Sarete non neutri, e colpevoli. Per sempre.
Un altro pezzo notevole di teatro burocratico è la spiegazione dei singoli campi da compilare nell’ineffabile modello Esta (Electronic system for travel authorization), il visto elettronico da compilare online per chi vuole andare negli Stati Uniti. Le informazioni richieste sono pochissime ma spiegate da introduzioni ridondanti e un poco, guarda caso, ansiogene. Un pagamento con la carta di credito richiede molti più dati: ma in un sito di e-commerce, quando arrivi al passaggio giusto, hai la sensazione di sbrigartela in un attimo. L’Esta invece ha un livello di difficoltà da primo quadrimestre della terza elementare ma viene introdotto con avvertenze plurime di attenzione, come se fosse il manuale d’uso di una bomba al neutrone. Ad esempio l’immissione della data di nascita è spiegata così:
Data di nascita
Giorno *
Indicare il giorno di nascita. È necessario indicare il giorno di nascita, per compilare la domanda o per controllare lo stato della domanda.
Mese *
Indicare il mese di nascita. È necessario indicare il mese di nascita, per compilare la domanda o per controllare lo stato della domanda.
Anno *
Indicare l’anno di nascita. È necessario indicare l’anno di nascita, per compilare la domanda o per controllare lo stato della domanda.
Non potevano scrivere semplicemente: “data di nascita (campo obbligatorio)”?
No. Il teatro burocratico ha i suoi tempi, le sue pause, le sue esigenze narrative.
E anche il mio bel librettino nuovo di pacca di quarantotto pagine, che alla fine ha scritto in 23 lingue “il presente passaporto contiene 48 pagine”, questo magico, magnetico (oltreché elettronico) oggetto che stasera occhieggia dalla tasca del mio zainetto e pare dirmi: “ehi, ma lo sai che stasera tu sei un po’ più tu, perché te lo dico io?”, anch’esso (ESSO) è molto teatrale. C’è pure nella seconda di copertina la statua equestre di Marco Aurelio che fa il saluto romano o qualcosa di simile (perché gli esperti ancora dibattono). Passaporto italiano, anvedi. Fatece largo che passamo noi.