Non mi interessa rispondere nel merito alla sequela di idiozie di Michela Murgia sulla presunta “infantilizzazione di Dio”, l’ennesimo capo di accusa sconclusionato contro il cristianesimo. Mi sembra che si commenti da sola e comunque vedo che in tre giorni ha avuto tutte le risposte possibili e immaginabili, qualificate e non. Non c’è nient’altro da dire, o meglio sarebbero così tanti gli spunti possibili di replica all’articolo (un campionario di assist per schiacciate facili) che ad aggiungere ancora qualcosa mi sembrerebbe di “trottare”, di dare troppa soddisfazione.
Il problema rilevante, invece, è la scelta editoriale della Stampa di dare spazio a un insulto travestito da opinione proprio la vigilia di natale. È una scelta forte, ideologica, aggressiva, anzi passivo aggressiva, perché mi immagino i guaiti se osassi dire in faccia al direttore responsabile Massimo Giannini quanto fa schifo questa provocazione, immagino le proteste contro la censura e l’attentato alla laicità.
Ma questa è l’offerta intellettuale italiana degli anni venti. Soltanto a inizio secolo avrei potuto sperare di leggere un commento non cristiano sul natale da un Umberto Eco, oggi la punta di diamante è Michela Murgia. Il target sono gli ateonerd che si compiacciono della blasfemia come se fosse un atto di ribellione colta a un potere oppressivo, un pubblico miserabile ma sempre più vasto in effetti. E allora non si offendano Massimo Giannini e La Stampa se rileviamo la bassa caratura dell’operazione, se diciamo che pur di fare hype sui social si venderebbero anche la mamma. Dispiace solo non poterli punire più in edicola, perché a rendere irrilevanti le vendite del loro fogliaccio ha già pensato il mercato..