Il Ministro Sacconi ha finito da poco di parlare al Convegno di Confindustria ai Magazzini del Cotone di Genova. Illustrando, circolare ministeriale alla mano, la possibilità per le imprese di fruire di un qualche sgravio su straordinario, premi e altro “purché connessi alla produttività” (cosa che mi sembra già abbastanza fumosa, ma andiamo oltre) ha usato una curiosa espressione: “questo è lo Stato capacitatore“.
Ecco una parola che non conoscevo. Il problema è che fino a un attimo fa, quando non sapevo il significato della parola, capivo il senso della frase. Il Ministro voleva parlare di uno Stato che crea condizioni abilitanti per le imprese, che aiuta le imprese a tirare fuori le loro potenzialità, le loro “capacità”.
Ora però ho visto la definizione di capacitatore (o capacitore o condensatore, se ho ben capito sono sinonimi) e parrebbe qualcosa che immagazzina energia. Per poi rilasciarla, chiaro. Ma quando e dove?
Ecco, la precisazione sui termini può sembrare stravagante ma dopo oltre due anni mi sono ormai convinto che il maggiore problema della politica economica e fiscale di questo Governo sta in questo tipo di lapsus. Se così si può chiamare. Lo stesso Sacconi ha condito le sue considerazioni con citazioni nobili e con richiami al principio di sussidiarietà che indubbiamente fanno piacere, incontrano la mia sensibilità. E non voglio sindacare su quanto il Ministro sia sincero, posso anche assumere che lo sia. Ma è difficile continuare a coniugare federalismo e sussidiarietà “alte” con tutte le decisioni concrete di questo Governo, che tendono ad accentrare decisioni e risorse, che mirano univocamente, da ogni dicastero, a togliere capacità decisionale e di spesa alle periferie, si tratti di amministrazioni con i famosi “tagli” o di imprese con la totale assenza di una programmazione per lo sviluppo economico. E non saranno certo sgravi sul lavoro straordinario a risolvere i problemi delle imprese, se ogni giorno va in fumo l’ “ordinario” di tanti posti di lavoro e il tasso di disoccupazione galoppa di nuovo verso percentuali che avevamo scordato da tempo.
Posso anche concedere che il punto di partenza ideale fosse diverso. Ma ogni tanto occorrerebbe anche consultare la mappa. O lo schemino dei circuiti.