Oggi è un bel giorno per il giornalismo italiano: è nato un nuovo quotidiano, La Croce, e io sono fiero di essere nel gruppo dei primi abbonati. Dopo mesi di partecipazione attiva alle discussioni sui profili facebook di Mario Adinolfi e dello stesso quotidiano, nato prima sui social network ma ora approdato alla carta con una baldanza e una determinazione invidiabili, non l’ho fatto come atto dovuto, ma per passione. Un abbonamento semestrale, per vedere un po’ come va: mi auguro di avere ragioni sufficienti per rinnovarlo a luglio.
Formato broadsheet, il più grande esistente. Almeno il primo numero dovevo averlo anche su carta, non mi bastava il pdf da abbonato. Dice Adinolfi che la lettura dev’essere “scomoda, com’è scomodo il giornale”. Insomma si deve vedere. E stamattina in autobus, in effetti, era davvero impossibile sfogliare quelle otto paginone senza brandirle, senza ostentarle in faccia al mondo, senza mettersi in qualche modo “in croce”.
Ieri invece non è stato un bel giorno per gli amici, gli estimatori, i compagni politici di Emma Bonino, che ha annunciato ai microfoni di Radio Radicale di avere un tumore ai polmoni e di avere già cominciato il trattamento chemioterapico. Quella donna forte, che ha sempre comunicato positività e assertività, non si è smentita neanche in questa circostanza dolorosa, anche se aveva la voce rotta dal pianto. Un mondo di scelte e di convinzioni mi separa da lei e dal suo impegno politico. Però ascolto e mi accorgo che questo momento di sofferenza è anche momento di verità. Mi sono commosso quando ha detto, rivolgendosi a chi combatte battaglie simili alla sua: “Io non sono il mio tumore. E neanche voi siete la vostra malattia. Dobbiamo sforzarci di essere persone, di voler vivere liberi fino alla fine… dobbiamo pensare assolutamente di essere persone che affrontano una sfida”.
Essere persone, avverte Emma in questo momento, significa anche non essere la propria malattia. Ma se un malato è di più della sua malattia anche un uomo sano è di più del suo essere sano. E forse anche un embrione e un feto sono di più del loro essere embrione e feto. Come è vicina in definitiva la verità al cuore, e che disdetta, che peccato (peccato originale, si chiama) dover passare attraverso la sofferenza per sentirla e per dirla con il cuore oltre che con la testa. C’è nella croce una compiutezza, una pienezza di senso che da uomini non possiamo raggiungere se non passandoci attraverso. Emma, che è così distante da me, nel momento in cui tocca il valore infinito dell’essere persona attraverso la “sua” croce annulla quella distanza. Nella persona c’è un Infinito che va guardato e rispettato per come si pone. Non c’è bisogno di una fede o di una morale per guardalo e rispettarlo, per dargli quell’attributo di “sacro” che deve essere alla base della convivenza civile, pena la dissoluzione di qualcosa di fondamentale e di vitale. Si fa sempre così fatica a spiegarlo, però è davvero di tutti e c’è almeno un momento nella vita in cui è evidente a tutti.
Doppio augurio, dunque. A Emma perché esca vittoriosa dalla sua battaglia, e più determinata e consapevole di prima. Alla Croce perché trovi la sapienza e la grazia per raccontare ogni giorno quel valore infinito, con i testimoni e le parole giuste, senza sottrarsi allo scontro quando sarà inevitabile ma senza fare della polemica un fine. Perché ogni giorno c’è una Emma a cui tendere la mano. E se un giornale non è capace di farlo non serve a nulla.