Magari Facebook fosse già passato di moda: saremmo in quella fase matura in cui tutti lo usano per la sua utilità e consapevoli dei cosiddetti rischi per la privacy. Cosiddetti, sì. Non capisco come si possa parlare di allarme privacy, quando tutte le informazioni che vengono pubblicate sono pubblicate consapevolmente. E se Facebook riuscisse a monetizzare meglio la grande mole di dati che gestisce, se riuscisse a tenere il servizio gratuito offrendo agli inserzionisti aggregazioni di dati dai profili ed efficaci strumenti di sondaggio, io non avrei nulla in contrario. Come non ho nulla in contrario alle pubblicità contestualizzate su gmail, per fare un esempio. Mi dispiace che Paolo Attivissimo sia così ostile a Facebook e al social network in generale.
E mi dispiace che osservatori attenti come lui non riescano ad andare oltre quello che vedono solo come uso futile della rete a vantaggio di collezionisti di dati senza scrupoli. Valgono le stesse considerazioni che si fanno da anni per Google: è inevitabile che i servizi che funzionano in rete centrallizzino i dati sugli utenti.
Un’altra reazione che osservo con crescente perplessità è l’accusa di svuotare internet dall’interno. FB secondo molti tenderebbe ad assorbire tutta l’energia che un utente medio può dedicare alla rete, offrendo tutti gli strumenti classici di community in un framework più accattivante.
Ma questo accade per tutte le mode; e tutte le mode prima o poi, per fortuna, passano.
Quando si assiste all’imperversare di una moda ci sono, semplificando, tre reazioni possibili. La prima è annullarsi nella corrente. La seconda è ignorarla snobisticamente. La terza è seguirla con spirito critico, cercando di guardare oltre la moda, chiedendosi il perchè del fenomeno e soprattutto cercando di individuare gli aspetti del fenomeno che resisteranno al tramonto della moda.
Ora, questa efficacia per giochi, chiacchiere, scherzi tra amici conoscenti colleghi sembra l’aspetto più effimero di Facebook, ancorché il più caratteristico. Ma, mettendo un momento da parte gli aspetti di rappresentazione della persona che alla lunga risulteranno ben più solidi e caratteristici di quanto appaiano oggi, prima di Facebook tutte quelle futilities erano forse assenti? Per niente, anzi imperversavano in forme ben più invasive e deleterie. Non so voi, ma se Facebook davvero mi liberasse la posta elettronica personale e soprattutto quella di lavoro da tutti i messaggi di auguri, da tutte le catene, da tutte le segnalazioni più o meno curiose, più o meno divertenti che mi arrivano da tutti i miei contatti io sarei felicissimo. E questo un po’ sta accadendo, bisogna vedere se continuerà ad accadere anche quando la moda sarà passata.
Cos’altro può essere svuotato, poi? La blogosfera? Mah, i blog già si stavano scremando da soli, dopo l’ondata di aperture (milioni di nuovi blog in tutto il mondo) degli ultimi anni. Credevamo forse che sarebbero sopravvissuti tutti? Non era logico che ci fosse un ridimensionamento? Se si svuota un po’ la community di Splinder, tanto per fare l’esempio italiano più conosciuto, non sarà certo un gran danno. Se davvero esiste un fenomeno di migrazione da Splinder a Facebook non ci trovo nulla di strano. È quella quota di utenza internet che si sposta da un’applicazione dominante all’altra: dieci anni fa stavano tutti su Mirc o Icq o su alcune chat via web come quella di Atlantide, poi si sono spostati su Messenger, poi hanno continuato a farsi compagnia dai loro diari attraverso i commenti su Splinder e ora sono su Facebook. Niente di nuovo. Credo che sia una quota fissa di utenza, abbastanza consistente, che vuole soprattutto chiacchierare e non vuole saperne di usare internet in altro modo. Niente di disprezzabile, intendiamoci. Anzi. Ma andiamoci piano a parlare di svuotamento della rete.
La novità è forse che i chiacchieroni su Facebook ci staranno un po’ di più di quanto siano rimasti sulle altre applicazioni. Per molti motivi, che sono quelli di cui ho già parlato in post precedenti di questa stessa categoria. In sintesi, Facebook aiuta meglio di tanti altri servizi la persona a pensarsi univocamente sulla rete. E questo è un fattore che molti, anche i più attenti, stanno clamorosamente sottovalutando o demonizzando. Un fattore che invece ha e avrà conseguenze positive su alcuni aspetti della rete che molti giudicano negativamente, come la tendenza a frammentare la propria identità in tanti alias e/o avatar.
Facebook a mio parere sta facendo passare l’idea, per nulla scontata fino ad oggi, che sia un valore, un vantaggio, o almeno un vezzoso status symbol essere sempre se stessi sulla rete. E questo sta creando nuove dinamiche molto interessanti. Anche per il marketing ovviamente, ma non solo. C’è una certa differenza, per fare un esempio, tra l’adesione a una “causa” o ad altro su Facebook e un sondaggio fatto sul sito di un quotidiano. Su Facebook i temi sono mediamente più futili (e non è neanche detto), ma i risultati sono più attendibili. Devo spiegare il perché? A me sembra evidente. Ed è evidente anche ai giornalisti, che ormai hanno preso l’abitudine di sondare gli umori della gente su un argomento cercando “cause” in tema su Facebook.
E anche questa è sicuramente una moda, e parecchio fastidiosa dato che ormai non c’è più una sola edizione di un solo giornale o telegiornale che non citi FB. Ma anche questo aspetto, ne sono convinto, non tramonterà con il tramonto della moda Facebook. Che mi auguro sia davvero vicino.