L’espressione “te la rubo!” usata su facebook ha ormai raggiunto la soglia che mi fa scattare lo sclero. Non so quando precisamente è cominciata questa cattiva abitudine mascherata da formula di cortesia. Forse già prima dell’avvento dei social network, ma ricordo di avere già gentilmente discusso in proposito con alcuni social-amici almeno tre o quattro anni fa.
Spiego prima perché è impropria, poi spiego perché non mi piace, poi rifletto sul perché, a mio parere, viene usata.
La trovo impropria perché in un ambiente come facebook è (in linea di massima) impossibile rubare qualcosa. E non ditemi che l’espressione “rubo” è ironica. Grazie, ci arrivo. Stiamo parlando di un ambiente social che si è affermato in forza di metafore, a cominciare dalla metafora principe dell'”amicizia”. In questo contesto il meccanismo base di facebook è la condivisione. È un servizio web che incrocia rappresentazione personale e contenuti che, nel 90% dei casi, hanno sede altrove e non appartengono a chi li condivide.
I contenuti originali degli utenti (pensieri, foto, video, note e altro) che sono il restante 10% vengono condivisi senza poter nascondere la fonte, a meno che qualcuno non salvi e riposti in proprio il contenuto invece di usare la funzione di share. Ma non ha molto senso farlo. Primo perché è facile essere sgamati, secondo perché non vedo nessun motivo per farlo se non un cazzeggio maniacale strutturato che ascriverei a una vaga e innocua mitomania.
Non mi piace perché è la classica excusatio non petita. Qualcosa di superfluo che mi porta a considerare una cattiva intenzione quando proprio non ci pensavo e nel momento in cui viene negata; mentre io condividendo un contenuto, che sia mio o una segnalazione di qualcosa che mi è piaciuto, avevo già escluso la mia contrarietà a una diffusione non controllata da me. Ho implicitamente dichiarato che voglio che almeno i miei amici vedano. Esprimeranno diversi gradi di apprezzamento: o un semplice “like” o un “like” rafforzato con una condivisione. A meno di esplicite dichiarazioni contrarie (e comunque solo io ho visibilità sulle mie impostazioni di privacy) io sarò contento di questo e di ulteriori rafforzamenti (like più condivisione più commento di approvazione più like degli amici del mio amico che ha condiviso ed eventuali loro like più commenti più condivisioni e così ad libitum).
Ripeto, può piacere o non piacere ma questo è il meccanismo base di facebook, uno dei motivi principali del suo successo. Se non piace non si usa. Ma se si usa non ha senso, è distonico, è leggermente indisponente farlo facendo finta di stare in punta di piedi, segnalando una distanza critica dal metodo, dall’ambiente, un disagio che non si sa da dove viene e non ha motivi apparenti. Come damigelle morigerate al tè delle cinque che cominciano dichiarando che assaggeranno soltanto la più piccola pasterellina secca disponibile. Ma se il padrone di casa ti ha offerto un cabaret intero non devi scusarti, è per te, se ne hai voglia mangia il bigné più grosso straboccante di crema allo zabaione, nessuno ti ha detto che non puoi farlo; ti impasticcerai un poco le dita, cosa vuoi che sia. È vero, non potrai negare di averlo fatto, ma non c’è nessun motivo ragionevole per negarlo.
Le autodenunce degli Arsenio Lupin dei social, sedicenti ladri gentiluomini, abbondano per diversi motivi.
Il primo motivo è una scarsa consapevolezza del mezzo che stanno usando. Molti non distinguono bene la proprietà, l’origine, la fonte del contenuto. Anche quando è dichiarata, anche quando è un link, anche quando è in forma di citazione.
Un altro motivo è che alcuni sono sinceramente ammirati dalla capacità di altri di scovare materiali interessanti da condividere. Con il “rubo!” è come se dicessero: “ma dove l’hai trovata questa roba!” e si preoccupano di non attribuirsi la geniale scoperta. I “rubo” che mi fanno più tenerezza sono quelli che si trovano in calce a contenuti che circolano da anni e che ho visto condivisi già decine di volte.
Com’è noto facebook ha risolto da tempo una parte dei possibili dilemmi segnalando di default da chi si sta condividendo qualcosa. Volendo in fase di editing e pubblicazione questa informazione si può nascondere. Possono esserci buoni motivi per farlo e nessuno sano di mente si sognerebbe di prenderlo come uno sgarbo. O no? In ogni caso non c’è furto possibile: quell’ambiente social serve proprio per condividere e diffondere.
I personaggi che trovo veramente deleteri sono quelli in cui al “rubo!” si accompagna almeno un altro di questi comportamenti: mandare inviti a eventi a vanvera, senza selezionare tra gli amici quelli che potrebbero essere interessati; mandare inviti a giochi anche a chi te li ha sempre rifiutati; taggare gente in massa in una locandina, in una foto, disconoscendo totalmente l’uso e il significato del tagging (che ormai nell’evoluzione del mezzo è da considerarsi quasi sempre invasivo). Credo che la contraddizione tra la cortesia non richiesta del “rubo!” e l’invasività degli altri comportamenti sia evidente a tutti, senza bisogno di spiegazioni.