Cronachesorprese

31 Gennaio 2007

Casa Macherio

Filed under: news factory — alessandro @

La sit com dell’ex premier e di sua moglie ha sequestrato l’informazione nazionale per dodici ore buone. Ma bene.
Poi magari qualche editorialista riuscirà a scrivere un commento del tipo: ma che ce ne frega. Magari succederà. Ma per un giornale e soprattutto per un telegiornale il vero coraggio sarebbe non subire la scaletta preconfezionata, soprattutto quando è così prepotente, e ignorare. Giusto per far capire che l’informazione dovrebbe essere un’altra cosa.
O, se volessi parlarne, per me la notizia sarebbe: come la sit com ha monopolizzato l’attenzione di tutti, dalla redazione di Repubbiica all’ultimo bar. Sì, questo è il vero fatto.

30 Gennaio 2007

Sono primo come forse cercavi

Filed under: forse cercavi — alessandro @

lenteSe google potesse cercare se stesso (intendo la home) sarei secondo. Poiché non può, sono primo :-)

29 Gennaio 2007

Un posto al sale

Filed under: cronache — alessandro @

saline di trapaniLeggo la giusta rimostranza dell’Alga per il furto con destrezza subito con il canone Rai, o per quel prelievo obbligatorio che almeno è percepito, con qualche ragione, come furto.
A cercare un po’ se ne troverebbero di aneddoti sugli accertamenti in stile Kgb per carpire alle ignare famiglie informazioni sull’uso dei televisori o di qualsiasi apparecchio abbia annesso un monitor.
A nessun legislatore è ancora venuto in mente che tutto ciò, oltre ad essere manifestamente iniquo e illiberale, è anche un bel po’ ridicolo? Forse è la coscienza del ridicolo l’unica molla che può far scattare qualcosa.

Non dubito che la questione non sia semplice da risolvere dal punto di vista normativo, ma il fatto è questo: il canone TV non ha più senso. Non ha più senso intenderlo come tassa sul possesso dell’apparecchio televisivo, come minimo. D’altra parte, si obietterà, la Rai è un servizio pubblico che non può non esistere e, quindi, va pagato dai contribuenti.
Stoppo in partenza tutte le ovvie considerazioni sulla qualità del servizio pubblico effettivamente erogato e pongo l’attenzione su un altro aspetto della faccenda. Se la Rai è considerata (a ragione a mio parere) come una risorsa importante per la collettività indipendentemente dalle abitudini degli utenti televisivi, non dovrebbe essere pagata dall’utente televisivo, ma dal cittadino. Dovrebbe essere quindi una delle tante voci che vanno a comporre le tasse. E dovrebbe essere pagata secondo il principio generale di progressività dell’imposta. I pensionati sotto i mille euro al mese potrebbero almeno avere la soddisfazione di vedersi Domenica in aggratis: indubitabilmente c’è di meglio nella vita e anche nella stessa televisione, ma in fondo meglio non indagare sulle motivazioni e sulle abitudini dei singoli utenti. Chiaro? Se si assume (come sembrano fare le norme che permettono accertamenti così invasivi) che l’utente televisivo coincide, con buona approssimazione, con il cittadino, allora è bene che chi ha di più paghi di più. Se l’alga fosse multimiliardaria non sentirebbe come un’ingiustizia pagare 150 euro invece che 104, così come non dovrebbe sentire ingiusto pagare di più, in valore assoluto rispetto ad altri contribuenti, per tutti gli altri servizi della pubblica amministrazione.

Ecco, io non capisco cosa aspetta lo Stato a fare questo passaggio. Mi sembra assurdo che lo schema del pagamento del canone Rai sia lo stesso di quando è nato il servizio televisivo. Negli anni cinquanta e sessanta si poteva facilmente distinguere tra un utente rai e un non utente. C’era chi aveva la televisione e chi non ce l’aveva. Ora che in ogni casa c’è un televisore o un monitor atto a ricevere trasmissioni televisive, far pagare la tassa sul possesso in base a un accertamento è come far pagare le tasse per la manutenzione delle strade accertandosi che ognuno di noi, uscendo di casa, prenda il marciapiede e non salpi, per dire, a bordo di una mongolfiera.

24 Gennaio 2007

L’ultima canzone di Lauzi

Filed under: le specie musicali — alessandro @

Sia benedetto il samba che mi salvò
c’era l’arcobaleno e il popolo cantò
e il venditore d’acqua ballò per strada
comunque vada lo ricorderò

Armando Corsi ha composto la musica sette anni fa. Lauzi l’ha sentita, ha scritto velocemente le parole e ha voluto inciderla. Era l’aprile dell’anno scorso. L’hanno registrata tra amici, a casa di un altro chitarrista, Lauro Ferrarini.
Ora la canzone è inclusa nell’ultimo CD di Corsi, Buena suerte, presentato questa mattina a Genova.
Armando Corsi non ha solo il dono di una capacità tecnica e di interpretazione da fuoriclasse. È anche uno che fa star bene la gente. Che ispira serenità come la sua musica, come la sua chitarra, che è tranquilla anche quando insegue ritmi frenetici. La chitarra che sorride: non sarà un caso se lo chiamano così.

Parla di Bruno e si commuove. Anche il cantautore era uno che voleva rasserenare e basta, con la sua musica. Mai sopra le righe, ironico sì, ma mai sarcastico. Se canta che il samba lo salvò, è qualcosa che si capisce ascoltando la sua musica e le sue parole. Si capisce ma non si spiega. Questa salvezza è un’altra delle cose che non si può spiegare, come le altre che elenca Bruno in recitato, in un altro punto della canzone.

Poi nel disco ci sono altre cose veramente bellissime. Come la Canciòn del cubano Pablo Milanés, interpretata da Daniela Garbarino (la compagna di Corsi). E i brani strumentali che fanno parte da tempo del repertorio consolidato del chitarrista: lo splendido arrangiamento della Bourrée di Bach, che si avvale delle percussioni di Marco Fadda, o la Sonatina di Fossati.

Però rimane in testa la voce lieta e tranquilla di Bruno, intrecciata alla chitarra che sorride del suo amico Armando.

E il samba benedetto prese il volo e andò
e sorvolò la gente che lo salutò
quando si mette in testa di fare del bene
non vi conviene mai fermarlo, no.

Questo mio cuore era un pulcino
tutto bagnato, terrorizzato
ah, il vecchio samba passò le dita
rimarginando la mia ferita…

23 Gennaio 2007

Ridi ridi che se passi le primarie…

Filed under: dichiarazioni di voto — alessandro @

arcimboldo - bibliotecarioQualcuno spieghi a Edoardo Sanguineti che un conto è scrivere poesie, un conto è fare una campagna elettorale da sindaco. Vabbé che Genova è un covo di dinosauri della sinistra tra i più arcaici e fuori dalla realtà, ma poi amministrare una grande città non è come comporre un sonetto. E neanche preparare un corso per l’Università. E neanche, qui bisogna proprio dargli questa delusione, scrivere un articolo per Micromega. Edo, mi dispiace, è proprio tutta un’altra storia. Piangi piangi, ridi ridi, comprati questo frigorifero bosch una volta per tutte, ma poi resettati. O vai a chiedere consigli a Dario Fo, che la più grande botta di culo che gli è capitata dopo aver vinto un premio nobel tipo superenalotto è stata non aver passato le primarie a Milano.

Me lo immagino l’arzillo mentuto tutte le sere, prima di coricarsi nel suo candido lettino, che si frega le mani soddisfatto e pensa: “ah, come sono stato bravo, l’ho sparata grossa anche stavolta, pensa a quando scriveranno la mia biografia e qualche critico noterà che la mia proverbiale arguzia da poeta l’ho riversata tutta tutta nella mia attività politica. Ah, che provocatore glamour che sono. Ah, una sinistra intelligente e colta come la mia non c’è”.

Hai investito la città con una mareggiata di belinate, altroché. Pensi di essere provocatorio? Capirai.
Hai detto che bisogna recuperare l’odio di classe? Bah. Non sei solo vecchio, sei scontato. Le classi non esistono, sono un’astrazione.
Ma la sparata sui morti di Tienanmen, che secondo la tua mente illuminata erano “quaranta ragazzetti innamorati del mito occidentale e della Coca-Cola” (*), te la potevi proprio risparmiare. Sei un tànghero.
È vero che il numero esatto non si saprà mai, ma in piazza Tienanmen i giovani contestatori sono morti a migliaia. E poteva essere il più incredibile, meraviglioso, destabilizzante movimento studentesco del novecento. Stritolato dai carri armati, annegato in un bagno di sangue. Non metaforico, eh. Nessuna figura retorica è applicabile. Neanche l’iperbole.
Ora lo so che un poeta non è tenuto a contare. Si vede che nella tua poetica quaranta o tremila sono uguali. Un poeta di sinistra poi si conforta nel dire qualsiasi cosa gli passi per la testa, immagino. Ma se quella che hai detto è una cosa di sinistra, Mastella è la reincarnazione di Lenin.

Ridi, ridi. Piangi, piangi, che se passi le primarie ti tocca fare il sindaco davvero. E non ti potrai più nascondere dietro i calembour, tutti si accorgeranno del pezzo di tànghero che sei.

(*) la frase completa, pronunciata nel 2006 e riportata da wikipedia, è:”quaranta ragazzetti innamorati del mito occidentale e della Coca-Cola hanno fatto più rumore di migliaia di operai massacrati in Cile”.

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