Era prevedibile che la totale assenza di omofobia ai funerali di Lucio Dalla costasse alla chiesa bolognese l’accusa di ipocrisia. Non va mai bene nulla. Allora mettiamoci d’accordo. Se il compagno dell’artista non avesse parlato e fosse rimasto nell’ombra si sarebbero scatenate le accuse di omofobia. Poiché invece ha potuto parlare e ha trovato la libertà sufficiente per mettere nelle sue parole tutto se stesso, i critici hanno dovuto ripiegare sull’accusa di ipocrisia. Ha bruciato tutti sul tempo Lucia Annunziata nel suo programma domenicale (dicendo cose molto scorrette e per certi aspetti incredibili, come se essere omosessuali fosse normalmente un impedimento ad avere un funerale e una sepoltura con rito cattolico: ma dove vive?), hanno continuato oggi Gramellini e Serra. Con quest’ultimo in particolare non sono d’accordo:
Con la compostezza, il dolore e la legittimità di un vedovo, il giovane Marco Alemanno ha reso pubblico omaggio al suo uomo e maestro Lucio Dalla in San Petronio, dopo l’eucaristia, se non rompendo almeno scheggiando il monolito di ipocrisia che grava, nell’ufficialità cattolica, sul “disordine etico” nelle sue varie forme, l’omosessualità sopra ogni altra.
No, non è così. E` accaduto l’esatto contrario. La naturalezza e la semplicità con cui la chiesa bolognese ha dato voce agli affetti e ha celebrato la scomparsa di un grande amico ha rotto o almeno scheggiato il monolito di pregiudizio che grava sulla Chiesa cattolica e sulla sua presunta omofobia. L’opinione di chi pensa che la pedagogia cattolica sia inevitabilmente omofoba è difficile da scalfire: chi pensa questo continuerà a farlo qualsiasi cosa accada. Chi invece pensa che siano i comportamenti concreti a decidere se la discriminazione è reale o no, e dunque è sempre aperto a valutare quello che succede per fare un bilancio, deve riconoscere che quanto accaduto ieri a Bologna va a favore di un altro punto di vista, a mio modesto parere più realistico: la Chiesa non fa distinzioni tra peccatori, poiché lo siamo tutti; o ancora peggio tra cristiani di serie A e di serie B in base ai gusti sessuali, poiché la “perfezione” dell’esperienza cristiana si gioca comunque su altri tavoli. La Chiesa guarda in faccia invece tutti quelli che cercano con lei un rapporto vero, vivo, che parte dal dialogo e dall’amicizia e passa attraverso la carità, come ha fatto per tutta la vita Lucio Dalla. Anche chi trova inaccettabile la classica distinzione tra “peccato e peccatore” dovrebbe comunque considerare le differenze che passano tra dottrina e pedagogia. E dovrebbe accettare che la Chiesa ha il diritto di perseguire una linea pedagogica, che comunque tiene conto della situazione reale dei singoli uomini e non parte mai dall’astratto della definizione dottrinale. Per questo uno come Lucio Dalla ha sempre trovato sufficienti ragioni “del cuore”, per così dire, per non rescindere un legame che evidentemente considerava vitale e irrinunciabile.
La pretestuosità dell’accusa di Serra è evidente anche in questo passaggio:
Il vescovo non era presente, il numero due neppure, “altri impegni” incombevano e sarebbe infierire domandarsi quale impegno, ieri, fosse più impellente, per ogni singolo abitante della città di Bologna, di andare a salutare Lucio. L’omelia è stata affidata al padre domenicano Bernardo Boschi, amico personale del cantante, che non avendo zavorre istituzionali sulle spalle ha potuto e saputo essere affettuoso, rispettoso e libero, dunque prossimo alla città e ai suoi sentimenti.
Appunto, non va mai bene niente. Se ci fosse stato il vescovo a celebrare sarebbero partite le accuse di voler mettere il cappello sull’evento, di voler strumentalizzare la celebrità del cantautore. Sfortunatamente per Serra e per quelli che pensano come lui tra i numerosi celebranti c’era anche un padre domenicano amico personale del defunto. Allora si deve dipingere una fuga, una ritirata strategica della Curia che pure era presente con un suo esponente. Qualcosa di sbagliato ci deve essere, e se non c’è si inventa. E chissà, chissà domani cosa altro si inventeranno.