Cronachesorprese

17 Novembre 2021

Fratel Jean Pierre

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Essere testimoni può essere vissuto come una condanna o come una grazia. È la libertà, è il cuore a decidere. Grazie, grazie, grazie per tutto ma soprattutto per il sorriso, perché è quella la testimonianza: loro non hanno vinto.

3 Settembre 2021

Qualcosa è singolare, tutto è segno

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La miseria e la volgarità dei commenti a questo articolo mostrano quanto la nostra società si sia involuta nella riflessione sul destino, sul senso degli avvenimenti che segnano le vite individuali e le vicende collettive.
Anche l’articolo però lascia a desiderare nell’impostazione. Sorvolando su quel “sono laico” esibito subito nel titolo come se fosse una patente minima di credibilità, una sorta di green pass per accedere al confronto razionale (ma, ancora più a monte, è proprio questo uso distorto della parola “laico” che non riesco mai ad apprezzare, lo so, sono un po’ difficile su queste cose), mi chiedo perché scomodare l’idea di “miracolo”. Il fatto narrato è indubbiamente singolare e non è facile capire come il piccolo crocefisso abbia potuto evitare la distruzione. Data per scontata la buona fede del chirurgo (che non sembra avere alcun motivo di raccontare il falso) ci sarà una spiegazione, sicuramente: l’unica difficoltà nel capire è per noi non poter ricostruire la catena degli eventi, delle cause e delle concause.
Ma il punto vero non è questo. Anche se potessimo ricostruire l’evento, la sua singolarità rimarrebbe. E con essa la sua natura di “segno”, che è quella categoria essenziale e dirimente con la quale non abbiamo più familiarità e che è più importante del “miracolo” che se, come in questo caso e in mille altri, viene richiamato a vanvera rischia di diventare una semplificazione, una schematizzazione sterile che non serve a nulla. Le parole del chirurgo, fortunatamente, dimostrano che il segno ha “colpito nel segno”: ciò che è avvenuto (tutto insieme, non solo il ritrovamento del crocefisso ma l’esperienza che la sua famiglia sta attraversando, la salvezza fortuita, il portare quella vertigine nello sguardo sui suoi pazienti, l’essenzialità della sistemazione provvisoria accolta come un’occasione di riflessione su ciò che ha davvero valore) ha fatto vibrare fino alla radice dell’essere la coscienza di quest’uomo: si vede, si capisce dalle sue parole, dallo stupore che non può nascondere nel parlare di ciò che è successo. S’è posta nei fatti perentoriamente la domanda di senso, che è quella che non possiamo eludere, qualsiasi idea abbiamo sulla divinità e sull’universo.
Un segno così si impone nella vita di un uomo come qualcosa di sacro, e come tale avrà rispetto e memoria: rimarrà traccia di quella vertigine, che non avrà mai spiegazione compiuta ma che potrà essere richiamata in qualsiasi momento e costruirà nel tempo una coscienza diversa di sé, degli altri, del mondo e forse di ciò che sta più in là, perché quella vertigine chiede alla ragione, ragionevolmente, di non escludere a priori un oltre. E questa è in tutto e per tutto esperienza religiosa

3 Giugno 2020

Custodire l’alterità animale

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Condivido al 100% la riflessione dell’amica Sara. E aggiungo che, come per altre questioni (non faccio esempi perché corro il rischio di non farmi capire, di farmi attribuire collegamenti che non faccio e non voglio fare) anche per la relazione uomo – animale sembra sempre più urgente reimparare certi concetti cardine del tomismo, come l’analogia e la distinzione nell’unità. Non c’è un unico modo, ci sono tanti modi di essere creatura, e nella contemplazione di questa varietà sorprendente possiamo riflettere meglio sulla nostra umanità.

L’alterità animale ha una quota di irriducibilità e di gratuità che “mette a posto” gli uomini (come nella risposta di Dio a Giobbe): c’è qualcosa di sacro nel mondo animale che dev’essere riconosciuto e rispettato. Esiste una comunione dei viventi che comprende uomini e animali, solo un mostro potrebbe negarlo; ma solo uno sprovveduto può proporre come ideale l’azzeramento o il tendenziale, progressivo attenuamento della potestà umana di decidere, di disporre del materiale vivente, animali compresi. Ci sono limiti, sono tanti e possono essere definiti facilmente, ma questa potestà è un fatto, un dato che troviamo nella realtà e non è una pretesa del fondamentalismo religioso o del capitalismo che mercifica tutto, come alcuni pensano.

La comunione tra tutti i viventi non può essere sullo stesso piano della comunione che può esprimere la società umana tra i suoi membri. Il concetto di “custodia” che mette in evidenza Sara è fondamentale: anche questo è un fatto, chi lo nega o vuole minimizzarlo fino a neutralizzarlo nega lo specifico umano e non vede neanche il bene degli animali. Custodia è potestà e responsabilità insieme.

14 Aprile 2020

I balconisti della fede

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Come al solito non so chi scegliere tra quelli che “senza messa è lo stesso perché tanto Dio è dappertutto” e i balconisti della fede pronti a scagliare anatemi sui passanti che non gli vanno a genio: quest’ultima però di tutte le forme di moralismo religioso è una delle più odiose. Certo che la Chiesa esiste per i sacramenti, ma le situazioni eccezionali si verificano e sono previste. Certo che la presenza dell’Eucarestia è essenziale per l’esistenza della Chiesa, ma le messe continuano a essere fatte seppure senza concorso di popolo, non sono state abolite. Hanno un’idea magica dei Sacramenti, quindi coltivano una raffinata superstizione. Un conto è la presenza reale di Cristo nell’ostia consacrata. Un altro conto è pretendere che l’amministrazione del Sacramento sia un vincolo per la realtà sacramentale veicolata: è come dire che l’amministratore è più potente dell’Onnipotente amministrato.

7 Febbraio 2020

Lasciatemi canticare, sono un ciarlatano

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Sulla questione del Cantico dei Cantici recitato da Benigni a Sanremo condivido questo post, e aggiungo alcune osservazioni.
1 – È profondamente disonesto dire che le traduzioni circolanti non sono “il testo originale” che sarebbe stato nascosto e travisato, o comunque addomesticato nel tempo sotto versioni più morigerate. Come ha notato giustamente Achille Damasco dal quale condivido questo post, un’uscita così serve solo a connettersi con un pubblico complottista. Io non conosco l’ebraico, ma so che bisogna andarci piano a dire “il testo originale non dice così”, come se i masoreti che nel primo millennio hanno vocalizzato il canone ebraico, sul cui lavoro si basano le attuali traduzioni comprese quelle cristiane, si fossero presi strane libertà o avessero voluto nascondere il reale significato di un testo che peraltro è sempre stato molto popolare nella cultura ebraica. Ora io non so che hanno da dire gli esperti citati da Benigni ieri (o meglio, chiamati a garanti di un gioco furbetto), ma vorrei tanto che Ravasi e gli altri facessero sapere che cosa hanno detto al comico toscano, sempre ammesso che siano stati realmente consultati.
2 – Una volta per tutte: il senso allegorico e simbolico non nega né sovrascrive il significato letterale. E nessuno, ripeto nessun cattolico né cristiano sostiene che il Cantico non abbia contenuti erotici (qualche sprovveduto oggi nel fuoco della polemica lo afferma, ma davvero non sa quello che dice e probabilmente non ha mai letto il libro). E tuttavia ridurre il Cantico a un raccontino scollacciato pornosoft, come ha fatto ieri nella sua lunga e pedante introduzione Benigni (pur concedendo l’onore delle armi, per così dire, all’amour, ah l’amour), non è solo da ignoranti, è semplicemente impossibile. “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio: perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!” Mi spiace per i laicizzatori compulsivi, ma questa è religiosità al mille per cento. Certo se partono dal falso presupposto che la religiosità sia possibile solo attraverso la negazione della materia e del corpo, se pensano, per fare un esempio che è ben presente a tutti, che Michelangelo non fosse cristiano (perché era omosessuale, magari: ma che ottusità, che anacronismo scemo!) e invece quelli che hanno messo i braghettoni alle figure nella Sistina sì, non ci arrivano. Il Cantico, e la sua recezione entusiasta nella cultura cristiana fin dai primi secoli, può aiutarli a intravedere un barlume di verità: non è mai troppo tardi.
3 – Bisognerebbe rileggere spesso, e dare da studiare nei licei, un saggetto fondamentale di Schiller, “Sulla poesia ingenua e sentimentale” che spiega la differenza tra la poesia epica in tutte le sue forme (anche quella amorosa), che nasce dall’interno dell’esperienza di un popolo quasi come un fiume sgorga naturalmente dalla sua sorgente, e la poesia segnata dalla nostalgia di un mondo perduto, quella in cui la soggettività dell’autore e i sentimenti che prova diventano preponderanti rispetto al contenuto da narrare, perché quel contenuto è in qualche modo distaccato e lontano dall’esperienza reale. La poesia “ingenua” è, per così dire, psicanaliticamente inconsapevole, e anche in questo sta la sua grande forza. Anche nei grandi mistici la passione, l’ardore, il fuoco dell’amore che li consuma sono indistinguibili in alcuni momenti dal desiderio sessuale, e hai voglia a dire che è eros sublimato: ma neanche per sogno, è eros totale, totalizzante, che ha messo Dio come oggetto del desiderio. Dire che è sublimazione non significa essere più furbi, significa condannarsi a non capire. Il Cantico fa parte di questo tipo di letteratura. Quindi le allusioni e le simbologie sessuali disseminate nel testo non è detto che siano consapevoli, anzi io penso che in larga parte non lo siano. Per questo non so quanto sia corretto, e funzionale alla resa poetica, esplicitarle in un traduzione. Ora a me pare che Benigni ieri abbia fatto almeno in parte proprio questo. Se Ravasi e compagnia pensano di no e vengono a spiegarmi perché, me ne sto.
4 – Ad ogni modo, come hanno detto molti altri, sono ben contento che si parli così tanto del Cantico. Non voglio sprecare tempo ed energie in indignazioni virtuose fuori luogo, ma far passare il giochino del Benigni demistificatore no, è davvero troppo. È riuscito ad accreditarsi come quello che ha il ruolo di parlare in modo leggero di argomenti alti, ma guarda caso ha sempre la massima cura nel vellicare la mentalità dominante. Non sono sassi nello stagno i suoi, sono conferme di ciò che il potere ha deciso da tempo riguardo all’indirizzo che deve prendere la morale pubblica, il costume dei bravi cittadini. Triste eterogenesi del guitto irriverente.

aggiornamento

Sono stato in osservazione qualche giorno, sicuro che sarebbero usciti diversi articoli più o meno approfonditi di reazione alla provocazione di Benigni. Ho scelto questi.

Emanuele Boffi – Benigni ha ridotto il Cantico a un poemetto erotico – Tempi
Ignazio La China – Benigni, il furbetto che sfrutta l’ignoranza della gente – Tempi
Rosalba Manes – Non il canto dell’amore libero ma dell’eros redento – Agensir
Lucia Bellaspiga – Il Cantico dei Cantici, Benigni e quel cedimento al «poeticamente corretto» – Avvenire
Marco Grieco – Gandolfini contro Benigni, Ravasi e Avvenire plaudono – In Terris
Finestre sull’arte – Anche Benigni provoca il pubblico di Sanremo
Rosanna Virgili – La lunga passione della scrittura (e il valore della competenza) – Avvenire

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