Spero che la vittoria dei Maneskin a Sanremo contribuisca a far capire ciò che è già evidente da molto tempo a chi ama la musica: viviamo in un momento di saturazione delle forme musicali e le novità radicali che facciano anche presa sul pubblico non sono impossibili (non sono mai impossibili) ma molto, molto difficili da trovare. La creatività si esercita prevalentemente nel mixare in modo originale forme già praticate. E non c’è nulla di male né di veramente nuovo neanche in questo: i momenti di vera rottura e di immissione di forme innovative sono meno frequenti di quanto siamo portati a pensare. Il mercato impone il cliché del rinnovamento musicale a ogni generazione, ma il rinnovamento effettivo non è per nulla scontato: è solo da poco più di mezzo secolo che l’espressione musicale si è legata a un soggetto della storia che prima era molto più compresso o assente, il “giovane”, e quindi c’è un’aspettativa di rinnovamento delle forme a ogni generazione (anzi praticamente a ogni stagione, perché il mercato ha le sue esigenze). In periodi di saturazione come quello che stiamo vivendo l’aspettativa diventa facilmente pretesa e produce una maggiore quantità di “freaks” rispetto alla media (e anche i mostri dimenticabili sono una costante, ma appunto perché sono dimenticabili dopo un po’ non li ricordiamo più, li rimuoviamo). Bene, i Maneskin non sono innovatori coatti, sono freschi interpreti di una solida tradizione musicale. Come hanno notato tutti, il brano dei Maneskin non ha nulla di nuovo, ma è bello, suonato e cantato bene da ragazzi che a dispetto della giovane età dimostrano già una sicurezza e una professionalità invidiabili. Non ha nulla di mai ascoltato ma non è certo “vecchio”, con interpreti così non potrebbe esserlo. Inoltre i Maneskin non sono sfuggenti come altri loro coetanei che sembra facciano molta fatica a decidere se essere musicisti o performer, e questa è la novità che mi piace di più. Sono contento perché con loro è chiaro finalmente anche ai ventenni di questa generazione che non è necessario andare a caccia di forme astruse e antimusicali per lanciare attraverso la musica una sfida generazionale.
Su Sanremo bell’articolo di Rockol.