Cronachesorprese

12 Gennaio 2008

Caramel

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

nadine labakiIn Libano la ceretta si fa con il caramello. La preparazione, il riscaldamento dell’impasto prima di applicarlo sulla pelle, il rito di mangiarne un pezzo mentre si chiacchiera, si ride, si dà libero sfogo alle confidenze tra donne: metti tutto questo in un film ambientato in un salone di bellezza di un quartiere di Beirut, sgarrupato ma vivo, e l’esperienza cinematografica da visiva diventa quasi multisensoriale. Il caramello invade la sala, come il famoso blob: manca poco perché si materializzi come consistenza, odore e sapore.
Manca poco, sì: ci vuole poco in fondo a regalare un’esperienza al cinema. Non occorrono trame complicate od originali a tutti i costi, azioni e movimentazioni isteriche, battute a mitraglia. A dispetto della normalità delle storie raccontate, che si intrecciano tra le donne (e gli uomini) che frequentano il salone o semplicemente ci bazzicano intorno, a vedere questo film si sta volentieri. Porta con semplicità in un altro luogo. Ci vuole poco o forse, meglio, basta il cuore: la dedica à mon Beyrouth dell’affascinante attrice e regista, Nadine Labaki, rivela alla fine del film la ricetta segreta di questo caramello libanese, che non nausea anche se è servito in dosi massicce.

11 Gennaio 2008

La contraddizione di Grillo

Filed under: cronache — alessandro @

Nella grande discussione di questi giorni scatenata da Alessandro Gilioli dell’Espresso si corre il rischio di perdere la possibilità di una giusta distanza. Qualcuno dice: Grillo o lo ami o lo odi. Non è vero. Io non lo amo né lo odio, lo critico per certi aspetti e lo apprezzo per altri. Grillo preferirebbe forse che tutti si schierassero da una parte o dall’altra, tutta la sua strategia comunicativa converge verso questo risultato. Quindi se un giornalista chiede di fargli un’intervista, di avere “un confronto, anche aspro magari” su quello che pensa deilla comunicazione giornalistica in Italia, Grillo tergiversa. Non gli importa nulla del confronto. Vuole che il giornalista, come chiunque altro, si schieri. Se non lo fa, non gli serve; e si sentirà in diritto di bollarlo come uno che fa finta di essere neutrale. Un’inferenza che denota una buona dose di presunzione.

Gilioli quindi ha stanato il teleblogger. Ha giocato davvero un brutto tiro al blogger più seguito e meno blogger d’Italia. Ma Grillo poteva aspettarsi qualcosa di diverso? Ha cominciato il 2008 con una dichiarazione di guerra ai giornalisti, “la vera casta”. Dopo pochi giorni le conseguenze della non-intervista sono una buona occasione per riflettere su cosa comporta questo cambio di strategia: Grillo alza lo scontro a un livello molto difficile da gestire, anche per uno come lui.

Un conto è prendersela con i politici. La generalizzazione sulle malefatte della classe politica è da sempre premiante per chi riesce a raccogliere sufficiente audience per sostenerla. Le risposte e le reazioni dei politici fanno quasi sempre il gioco di chi ha tirato il sasso.
Con i giornalisti è diverso. Intanto le generalizzazioni sono molto meno motivate e comunicabili. E poi i giornalisti hanno titolo e interesse a considerare il fenomeno Grillo nella sua interezza. Grillo è famoso, ascoltato e ora anche seguito, genera fatti e notizie ed è logico, naturale, inevitabile che i giornalisti se ne occupino. Che parlino di lui, e che cerchino lui.

La reazione di Grillo alla richiesta di Gilioli è del tutto irrazionale e contraddittoria. Non era lui che diceva, riprendendo le posizioni espresse da Travaglio nel libro La scomparsa dei fatti, che i giornalisti italiani non fanno più vere domande, cioé domande scomode? E come reagisce Grillo di fronte a domande scomode? Dice che sono offensive. A ciascuno valutare se è una contraddizione o no.
Se decide di attaccare i politici è normale che, nel momento in cui prepara l’attacco, non voglia avere nulla a che fare con loro. Se al momento dell’annuncio del V-day un politico fosse andato a cercare Grillo per chiedergli di partecipare a una festa di partito, logicamente Grillo avrebbe declinato l’invito e le conseguenze sarebbero state nulle. Ma se a gennaio annuncia un V-Day contro i giornalisti per la fine di aprile non può pensare di azzerare i rapporti con i giornalisti per quattro mesi. Con qualsiasi giornalista: con quelli che lo tratteranno bene e con quelli che lo tratteranno male. Se prova a farlo, ne deve subire le conseguenze. Che saranno, questa volta, a suo danno.

I giornalisti fanno informazione, bene o male, onestamente o disonestamente. Anche Grillo fa informazione. Diverse volte (non sempre, sia chiaro) ha dimostrato di farla meglio di tanti giornalisti. Discutendo a settembre dopo il v-Day avevo espresso delle critiche sul Grillo politico ma avevo ipotizzato (commento 28) che un Grillo giornalista sarebbe stata una vera e utile novità. Beh, continuo a pensarlo, anche se lui forse non gradisce. Qualsiasi cosa abbia in mente di ottenere, parte male. Non rispondere alle domande poste da Gilioli, che ha offerto anche agevolazioni e garanzie eccezionali che normalmente non si concedono neanche ai politici, è un autogol epocale. La preparazione del 25 aprile comincia in salita. Non sarà una replica del successo dell’8 settembre.

10 Gennaio 2008

Esame da vaticanista, step 8

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Oggi Ratzie, proseguendo nel suo stile ormai consolidato di no global, ha detto agli amministratori laziali: “forza Roma”; “è mejo il vino de li castelli che questa zozza periferia degradata”; “più case, meno chiese”; “la famiglia? tutto bene, spero”; “al policlinico? nun c’è er dottore, c’è er dottorino, so’ cazzi tua”.

9 Gennaio 2008

Irina Palm

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

irina palm– Sono qui per il lavoro da hostess…
– Qui da noi “hostess” è usato come un eufemismo. Lo sa cos’è un eufemismo?
– No, non lo so
– Neanch’io lo sapevo, me l’ha spiegato il mio avvocato.

Non tante le cose memorabili in questo fillm, ma questo scambio di battute durante il “colloquio” di lavoro è notevole. Il “capo” è Miki Manojlovic, il protagonista di Underground di Kusturica, che con qualche anno in più è diventato una specie di Walter Matthau slavo. Lei invece è Marianne Faithfull: cosa sia diventata è difficile dirlo, perché alle metamorfosi è abituata, sia nella vita sia nel lavoro. Sta di fatto che a questo ruolo approda al meglio, sfiorando la perfezione.
Storia improbabile, buoni sentimenti, ovvi paradossi che si generano tra dimensione quotidiana e professione “particolare”. il “messaggio”, sempre premiante in termini di coinvolgimento dello spettatore, è questo: mobilitare tutte le proprie energie per raggiungere un buon fine, chiudendo moderatamente un occhio sui mezzi, porta inevitabilmente a rompere schemi e ipocrisie ma fa ottenere più di quello che si era sperato. Già visto, insomma: ad esempio in un’altra commedia di qualche anno fa più spensierata di questa, L’erba di grace.
Però alcune scelte sono azzeccate. La naturalezza con cui la protagonista entra nel locale per cercare lavoro. Quasi in trance ma naturale, come se fosse spinta da qualcosa che non si capisce cosa sia: la drammatica necessità o l’istinto. Non la curiosità o la morbosità, che anzi la ripugnanza da attraversare è tanta, ma il “sapere” in qualche modo che si troverà qualcosa di vitale oltre tutte le apparenze.
Altra scelta giusta: le gag potevano essere infinite, grevi o sottili, si poteva vivere di rendita solo su quelle. E invece sono distribuite con parsimonia. Il mondo del sesso a pagamento è di per sé eccessivo e insieme squallido, ma rappresentarlo solo così sarebbe troppo facile: il film tenta di rappresentare piuttosto la normalità, la routine che si trova in tutti i posti di lavoro. In uno sgabuzzino di Soho avvengono cose paradossali ed eccessive, ma sono mischiate a quelle piccole cose normali che accadono tra colleghi da una scrivania all’altra, e tra capo e dipendente.
Lascia a desiderare il ritmo un po’ blando, come se il regista avesse paura a fare caciara, a tracimare nel grottesco. Uno scrupolo apprezzabile ma esagerato, in definitiva.

8 Gennaio 2008

Se potessi avere 1000 caffé al mese

Filed under: market mysteria,semiminime — alessandro @

Mi ero scelto la droga più a buon mercato sulla faccia della terra. Ma se va avanti di questo passo prima o poi mi converrà davvero passare alla coca :-D

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