Cronachesorprese

9 Gennaio 2008

Irina Palm

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

irina palm– Sono qui per il lavoro da hostess…
– Qui da noi “hostess” è usato come un eufemismo. Lo sa cos’è un eufemismo?
– No, non lo so
– Neanch’io lo sapevo, me l’ha spiegato il mio avvocato.

Non tante le cose memorabili in questo fillm, ma questo scambio di battute durante il “colloquio” di lavoro è notevole. Il “capo” è Miki Manojlovic, il protagonista di Underground di Kusturica, che con qualche anno in più è diventato una specie di Walter Matthau slavo. Lei invece è Marianne Faithfull: cosa sia diventata è difficile dirlo, perché alle metamorfosi è abituata, sia nella vita sia nel lavoro. Sta di fatto che a questo ruolo approda al meglio, sfiorando la perfezione.
Storia improbabile, buoni sentimenti, ovvi paradossi che si generano tra dimensione quotidiana e professione “particolare”. il “messaggio”, sempre premiante in termini di coinvolgimento dello spettatore, è questo: mobilitare tutte le proprie energie per raggiungere un buon fine, chiudendo moderatamente un occhio sui mezzi, porta inevitabilmente a rompere schemi e ipocrisie ma fa ottenere più di quello che si era sperato. Già visto, insomma: ad esempio in un’altra commedia di qualche anno fa più spensierata di questa, L’erba di grace.
Però alcune scelte sono azzeccate. La naturalezza con cui la protagonista entra nel locale per cercare lavoro. Quasi in trance ma naturale, come se fosse spinta da qualcosa che non si capisce cosa sia: la drammatica necessità o l’istinto. Non la curiosità o la morbosità, che anzi la ripugnanza da attraversare è tanta, ma il “sapere” in qualche modo che si troverà qualcosa di vitale oltre tutte le apparenze.
Altra scelta giusta: le gag potevano essere infinite, grevi o sottili, si poteva vivere di rendita solo su quelle. E invece sono distribuite con parsimonia. Il mondo del sesso a pagamento è di per sé eccessivo e insieme squallido, ma rappresentarlo solo così sarebbe troppo facile: il film tenta di rappresentare piuttosto la normalità, la routine che si trova in tutti i posti di lavoro. In uno sgabuzzino di Soho avvengono cose paradossali ed eccessive, ma sono mischiate a quelle piccole cose normali che accadono tra colleghi da una scrivania all’altra, e tra capo e dipendente.
Lascia a desiderare il ritmo un po’ blando, come se il regista avesse paura a fare caciara, a tracimare nel grottesco. Uno scrupolo apprezzabile ma esagerato, in definitiva.

1 commento »

  1. carinoooooooooooo!!!!!

    Comment di silvia — 11 Gennaio 2008 @

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