Cronachesorprese

5 Maggio 2012

Voto disgiunto, praticamente atomico

Filed under: cronache,dichiarazioni di voto — alessandro @

Non ho voglia di dire per chi voterò domani alle elezioni comunali di Genova. Ho già deciso ma questa volta non lo dirò.
Dico solo che il mio sarà un voto disgiunto, molto disgiunto, che più disgiunto non si può. Riuscirò nell’impresa di votare alla carica di sindaco, al consiglio comunale, al municipio Centro Ovest per tre candidati di tre schieramenti diversi.
Se c’è un aspetto dell’attuale clima sociale e politico con cui mi sento in sintonia è la voglia di preferenza: la voglia di tornare a votare gli uomini e non i simboli, le persone e non i partiti. Per il resto mi piace ben poco di quello che vedo in giro. Non mi piacciono i partiti che non vogliono prendere atto della fine di un’era. Ma mi piacciono ancora meno i capipopolo che vorrebbero sostituirli.

Ma a Genova chi vincerà? Provo a spiegare agli amici e agli “avventori” non genovesi di questo blog come la vedo. Uno dei tredici (tredici!) candidati potrebbe vincere al primo turno. Si chiama Marco Doria. Penso che la sua carta migliore sia proprio la possibilità concreta di evitare il secondo turno. Naturalmente può vincere anche al ballottaggio, ma in questo caso non vedo impossibile un accordo vincente tra altri due candidati che si chiamano Enrico Musso e Pierluigi Vinai. Cinque anni fa c’era un solo candidato per il centrodestra ed era Musso. Arrivò a soli cinque punti (pochissimi da queste parti) da Marta Vincenzi, che perse voti anche (soprattutto) nei quartieri più tradizionalmente di sinistra.

Doria, dopo aver vinto a man bassa le primarie con un risultato oltre ogni previsione, spera di ripetere l’exploit di Pisapia nel capoluogo lombardo e tutta la sua campagna è stata impostata su quel modello. C’è però una piccola differenza: l’attuale sindaco di Milano ha raccolto un poderoso voto di protesta contro Letizia Moratti. In Lombardia, inoltre, governa da vent’anni lo schieramento opposto a quello di Pisapia.
La situazione a Genova e in Liguria è ben diversa. Il voto di protesta contro i partiti e contro la maggioranza comunale e regionale non andrà certo a Doria, che confida principalmente nella tradizione di sinistra della città e nel non essere politico di professione, anche se non è una novità assoluta nella politica cittadina. Ma i suoi principali avversari non hanno fallimenti amministrativi da scontare e potrebbero sembrare più nuovi e rassicuranti di lui. Che inoltre è sì uomo di sinistra, ma dannatamente ricco. Di quella ricca borghesia genovese che, per quanto illuminata, non convincerà mai totalmente la Genova più popolare. Ho sentito più di una persona ammettere che l’intenzione principale sarebbe votare Doria, ma le sue quattordici case di proprietà frenano un po’. Non l’ha aiutato la risposta in puro stile berlusconiano che ha dato a questa obiezione: sto bene, non ho bisogno di arricchirmi quindi servirò convintamente l’interesse pubblico. Fosse così facile…

Doria e Musso sono entrambi docenti universitari. Hanno un curriculum dignitoso e sostanzialmente equivalente nei meriti. Si sono dovuti difendere dalle accuse di aver fatto carriera in virtù della “protezione” di qualcuno. Mi sembra che si siano difesi bene. Nessuno, e ripeto nessuno fa carriera nell’Università italiana se non ha uno sponsor accademico. Poi ci sono quelli che hanno anche dei meriti loro. In parlamento e nello stesso governo di tecnici (intendo nel sottobosco dei sottosegretari) pochi potranno scagliare la prima pietra.

Candidati entusiasmanti, in giro, non ce ne sono. Vinai, sostenuto dal Pdl, è il classico incastrato dall’estrazione dello stecchino più corto che deve sacrificarsi per reggere una bandiera perdente. Il candidato naturale per la destra era ancora Musso, ma non era gradito all’apparato: troppo autonomo. Per questo penso che, se ballottaggio ci sarà, toccherà nuovamente a lui sostenerlo. Vedremo come si giocherà le carte questa volta: l’accordo non è impossibile. L’Udc, che è il suo principale sostenitore, gioca una partita strategicamente molto importante in vista delle alleanze future. Anche a livello nazionale: Genova sarà un test molto importante per il destino del terzo polo.

Il candidato del Movimento Cinque Stelle, Paolo Putti, è accreditato dai sondaggi di buone percentuali. Sarà un problema sia per Doria, che potrebbe vedere sfumare la vittoria al primo turno proprio a causa sua, sia per i suoi avversari, ai quali potrebbe sottrarre voti preziosi per fare massa critica al secondo turno. Il candidato della Lega, Edoardo Rixi, sconterà probabilmente il momentaccio del suo movimento, anche se rivendica la sua totale distanza, anche politica, dal tesoriere Belsito.

Non ho grandi aspettative per il prossimo ciclo amministrativo. Sarà difficilissimo per chiunque, con poche risorse, la povertà che avanza, i servizi sociali ridotti al lumicino, l’immigrazione in aumento e non ancora affrontata nel modo giusto (o paternalismo o repressione, l’integrazione è un optional e dipende troppo dalle circostanze e dalle persone), le aziende che chiudono, la disoccupazione giovanile oltre il trenta per cento. Inutile ripetere quello che dicono tutti sui trasporti pubblici che non funzionano, sulla pulizia e la manutenzione delle strade, sulla sicurezza desiderata e l’insicurezza percepita (che io fatico a percepire, ma è un problema mio). Ognuno ha le sue priorità. Io ne indico alcune un po’ serie e un po’ no, ma non è detto che siano davvero priorità assolute, anche per me. Dipende da quanto ci sto a pensare.

– Il primo irrinunciabile punto di qualsiasi programma di governo riformista della città è ridurre a una percentuale accettabile il numero di eventi pubblici in cui sia previsto l’intervento di Don Gallo.
– Sale giochi. Basta. Non si può più sopportare che aprano in continuazione ovunque togliendo spazio ai veri servizi e, probabilmente, al commercio onesto. Contrastare nuove aperture con tutti i mezzi leciti e illeciti (scherzo, eh. Così per dire che si deve proprio impegnare) senza fare scaricabarile sulla prefettura. Le licenze per quella roba sono di competenza dello Stato? E allora io sindaco mi attacco al telefono e ogni giorno chiedo di piantarla, protesto sui giornali e alla peggio chiamo anche il ministro dell’interno. Sempre che il problema sia davvero quello.
– Centri commerciali. Stop. Abbiamo digerito troppe mancate occasioni, dalla Fiumara (spazio meraviglioso e unico che avrebbe potuto trainare il rilancio del ponente cittadino) a Bolzaneto. Campi è invasa. Marassi pure. C’è un supermercato a ogni angolo. Provate a fare un po’ i conti: tolti supermercati, sale giochi e banche cosa resta del tessuto commerciale di trent’anni fa?
– Raccolta differenziata. A parte che i cassonetti continuano ad essere pochi e drammaticamente sempre pieni, chi mi spiega come è possibile che in alcune zone della città abbiano colori diversi? Esempio: vetro a Borgoratti nel cassonetto blu piccolo rettangolare, a Sampierdarena nel cassonetto verde grande tondo. E meno male che le statistiche dicono che la raccolta è aumentata. Ma quelli che hanno contato le tonnellate di differenziato sono andati anche a vedere cosa hanno raccolto?
– Appena eletto, chiunque sia, il nuovo sindaco deve andare dal vescovo e chiedergli scusa per non aver detto esplicitamente in campagna elettorale che la Chiesa paga l’Ici che deve e che le poche irregolarità che ci sono non dipendono certo dalla Curia. Vanno bene anche frasi del tipo “non si può neanche scherzare”, basta che vada.
– Dire ai fissati contro il “fracasso” dei locali di smetterla e permettere alla città, soprattutto al centro storico, di avere spazi decenti per la cultura e per la socializzazione che non siano costretti a chiudere dopo pochi anni di stenti e di esposti. E non prendere la scusa della crisi per dire che è inutile perché tanto gli imprenditori non ce la fanno: è sempre stato così. E poi nei periodi di crisi la gente avrebbe anche più voglia di uscire se ha la possibilità di farlo senza lasciare mezzo stipendio in pizzeria. Scommettiamo?
– Poi occorrono altri e maggiori incentivi alla mobilità collettiva e alternativa a quella dei mezzi di proprietà. Car sharing, car pooling, bike sharing, metropolitana (riusciranno i nostri pronipoti a vedere altre tre o quattro nuove stazioni?), e magari anche autobus frequenti e decenti, che se facessero meno schifo forse sarebbero un po’ più amati. Come sia possibile ostinarsi a muoversi in auto ogni giorno in una città come questa resta per me un mistero. Ma oggettivamente il trasporto pubblico peggiora di anno in anno.
– Aiutare di più chi lavora per far stare bene gli altri, il terzo settore, i volontari, le associazioni culturali. Essere esigenti sugli standard di qualità e impegno da una parte, reclamare le risorse necessarie dall’altra, perché il maggiore impoverimento che stiamo subendo è il taglio dei servizi alla persona. I casi sono due: o il pubblico dimostra di fare meglio con meno soldi, oppure deve aiutare i cittadini di buona volontà a fare il lavoro che sanno fare e che in molti casi fanno già spontaneamente secondo logiche di prossimità e di motivazione ideale. Non ci sono molte cose più importanti che un sindaco debba seguire e sostenere con tutte le sue forze.

10 Febbraio 2012

Cosa penso delle primarie #once4all

Filed under: dichiarazioni di voto — alessandro @

Finalmente domenica si svolgeranno queste belin di primarie per scegliere il candidato sindaco di Genova del Centrosinistra. Finalmente (via, almeno per i prossimi cinque anni) i messaggi dei vari comitati di sostegno a questo e a quella non mi intaseranno più la posta personale, la posta di lavoro, le bacheche social. Certo, poi comincerà la campagna vera e propria, cambierà la qualità ma non la quantità dello spam. Perché allora lo “spam primario” mi risulta più indigesto? Perché in questa occasione ogni messaggio propagandistico (e qui uso la parola in senso stretto, senza nessuna sfumatura negativa: ogni messaggio di propaganda elettorale) porta con sé l’equivoco di essere confezionato come se fosse rivolto alla generalità degli elettori, quando invece è rivolto soltanto a una parte. No, non mi piace. Non siamo in America. Purtroppo, e per fortuna. Purtroppo, perché prima di arrivare alla maturità democratica dei Caucus ne dobbiamo mangiare di noccioline. Per fortuna, perché almeno le garanzie che abbiamo sulle consultazioni elettorali finali se le sognano, in America.

Non sono quindi contrario in assoluto alle primarie. Provo a spiegare meglio cosa non mi piace delle primarie del Centrosinistra, le uniche che per ora si svolgono in Italia.

O sempre, o mai
Se decidi di farle, le devi fare sempre. Altrimenti, come è successo a Genova negli ultimi mesi, corri il rischio di arrivare a ridosso delle consultazioni con una parte di elettori che ancora non è d’accordo sull’opportunità di farle e che continua a discutere del metodo e non delle cose concrete. Alcuni sostengono che quando la coalizione guida l’organismo che bisogna rinnovare non si dovrebbero fare primarie, perché si corre il rischio di delegittimare il Sindaco o il Presidente in carica e di dare armi polemiche agli avversari. Mi sembra una motivazione grottesca. Se il centrosinistra non accetta che gli iscritti dicano che il sindaco che hanno votato li ha delusi vuol dire che non ha ancora accettato fino in fondo la logica delle primarie. C’è un solo modo per evitare il rischio di delegittimazione: fare sempre le primarie. Se il sindaco sa che alla fine del suo mandato si dovrà sottoporre al giudizio dei suoi prima che a quello di tutta la cittadinanza, nessuno potrà dire che le primarie sono state volute per delegittimarlo. Si saprebbe che è così, e tutti si metterebbero il cuore in pace. Chi lo decide se fare le primarie o no, altrimenti? Il sindaco stesso? Troppo facile. I partiti della coalizione? Ma chi dei partiti, le segreterie, i notabili, quelli che contano? Siamo daccapo. O sempre o mai, ogni via di mezzo ha più controindicazioni che vantaggi.

Rivolgetevi agli iscritti, non ai “buoni”
Questa cosa di far votare chiunque con l’obolo di un eurino come adesione minima formale al programma proprio non la capisco. Anche ora che con l’istituzione dei seggi per zona di residenza si dovrebbero evitare i rischi di falsificazione dei risultati (è capitato in tutte le primarie svolte finora che ci siano stati casi di persone che hanno votato tre o quattro volte nei diversi gazebo) il messaggio che passa è che tutti possono scegliere il candidato… anche quelli che alla fine non lo voteranno davvero. E perché? Perché il centrosinistra non riesce a staccarsi da quest’idea veltroniana e nauseante che tutti “i buoni” dovrebbero scegliere il candidato del partito dei buoni. Hanno la presunzione che, poiché sono la coalizione che fa le primarie, sono anche i soli democratici. Quale è il corollario di questa impostazione? Che tutti i non iscritti vengono approcciati per mesi da iscritti che chiedono con dubbia naturalezza: hai deciso chi votare alle primarie? E se rispondi che alle primarie non voti sei schedato come : a) nemico b) qualunquista c) compagno che sbaglia d) peccatore che vive nelle tenebre da salvare.
Non sarebbe più “pulito” il risultato se si facessero liste elettorali con i soli iscritti ai partiti della coalizione? Potrebbe essere un modo per aumentare il numero di iscritti. Tanto poi la partita vera si gioca dopo. Ma almeno sarebbe chiaro che il candidato scelto è espressione di chi si riconosce davvero in quella coalizione. Si obietterà che anche in America fanno così. Con una piccola differenza: in America anche per l’elezione finale devi iscriverti alle liste elettorali. Non sei iscritto d’ufficio dall’anagrafe. Sinceramente in questo preferisco il nostro sistema e non ha comunque senso adottare il metodo americano solo per le primarie. Poi ripeto, non è che una cosa ganza come il Caucus la esporti dall’oggi al domani. Non fa parte della nostra cultura.

Ad ogni modo ripeto qui quello che ho già scritto su facebook dopo l’ennesimo invito a votare.

1 – Non voterò alle primarie di domenica
2 – Perché non sono iscritto a nessuno dei partiti della coalizione
3 – Perché non sono neanche simpatizzante
4 – Non voterei neanche ad altre primarie se ci fossero, perché non ho intenzione di iscrivermi a nessun partito
5 – Voglio avere “mani libere” a maggio per votare chi mi avrà convinto di più, a qualsiasi schieramento o forza politica appartenga
6 – Non ho niente contro chi si iscrive ai partiti e la mia non è una posizione da antipolitica. Semplicemente, per la mia storia personale non ho voglia di iscrivermi a un partito e ritengo (per una mia impostazione filosofica, non perché “è giusto così” e basta) che ci sia una certa incompatibilità professionale tra chi si occupa di informazione a qualsiasi titolo e chi milita in una forza politica.

#once4all. Buone elezioni a tutti.

7 Gennaio 2012

Il sindaco che forse vorrei…

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Comincio l’anno nuovo purtroppo da dove ho finito quello vecchio. Vorrei occuparmi di altro, ma una certa storia sta diventando martellante e ossessionante, ed è bene rinforzare gli anticorpi.
A leggere i giornali genovesi in questi giorni sembra che sia un requisito fondamentale per un candidato sindaco la sua opinione riguardo alla questione Chiesa – Ici/Imu. Credo che ci siano cose ben più importanti, ma se tra qualche mese sarò indeciso su chi votare (molto probabile) potrei essere molto attratto da un candidato di qualunque schieramento che dicesse, a chiare lettere, che la Chiesa paga già l’ici (come prevede la legge) e che i pochi casi di trasgressione che vanno imputati ai singoli soggetti o enti e non alla Chiesa non giustificano l’incredibile campagna di disinformazione a cui assistiamo da mesi. Tra l’altro non ho ancora sentito parlare di casi dubbi a Genova. Però il ritornello “Chiesa paga l’ici” si sente lo stesso anche qui, come se fosse qualcosa di scontato. Quindi i potenziali candidati che cominciano a confrontarsi ora si stanno confrontando sul nulla. E i giornali vanno dietro, o peggio aizzano… L’informazione è un’altra cosa.

3 Giugno 2011

Referendum, un salto oltre i dubbi

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Mancano soltanto dieci giorni ai referendum e ancora non sono del tutto persuaso. Ho soltanto degli orientamenti che in questi giorni potrebbero ancora cambiare. Certo l’informazione nell’ultimo mese non mi ha aiutato, e i pressanti appelli arrivati attraverso i social network non mi hanno ben disposto. La retorica referendaria del quorum a tutti i costi contro i poteri forti non mi ha mai appassionato e non mi appassionerà mai. A mio parere l’esito di un referendum deve essere la risultante di tante posizioni diverse, di tanti personali bilanciamenti di pro e di contro. Ma in Italia è proprio difficile. Per quanto Di Pietro si affanni a sostenere il contrario la voglia di politicizzare questa consultazione è fortissima, soprattutto dopo le ultime amministrative. Ma bando al terrore della strumentalizzazione: si vive di scelte e non di dubbi o di fastidi.

Andrò a votare. Penso che l’astensione sia un’opzione più che legittima e per nulla immorale. Ma in questo caso non vedo ragioni per concorrere a far mancare il quorum, che peraltro credo verrà raggiunto. Questi referendum non sono come quelli del 2005, al cui fallimento ho contribuito con convinzione. Là c’era una legge che, seppur non perfetta, andava a regolamentare qualcosa che non era ancora regolamentato; una legge voluta da una maggioranza ma approvata con una buona trasversalità.
I quattro quesiti di quest’anno ruotano invece attorno a norme molto controverse che, nonostante riguardino questioni di principio abbastanza rilevanti, hanno guadagnato poca o nulla trasversalità in parlamento. Non indispensabile, ma opportuno andare a cercare il referendum.

Ma cosa votare? Scrivo ora sinteticamente come vedo le questioni, nei prossimi giorni cercherò di approfondire.

Acqua
Sono orientato per il SÌ a entrambi i quesiti

Se ho capito bene, i due quesiti sono abbastanza differenti. Il primo ha lo scopo di impedire totalmente gestioni “profit” dell’acqua, il secondo vuole levare ad abundantiam qualsiasi possibile speculazione sulle tariffe, anche da parte di una gestione pubblica. I promotori tendono a semplificare e a drammatizzare parlando di “privatizzazione” dell’acqua, cosa che nei fatti non è e che non può essere neanche desunta dalla lettera della norma. Un conto è parlare di profitti legati alla gestione dell’acqua, un conto è rendere privata la risorsa acqua. Non ci sono e non ci saranno mai padroni dell’acqua come i padroni del vapore di un tempo. E tuttavia è giusto fare il possibile per evitare scivolamenti.
La ragione più forte che vedo ora per votare sì è che non mi piace che il profitto sia legato alla semplice distriibuzione di un bene che deve essere sempre disponibile a tutti, senza vincoli di alcun genere. A mio parere l’eventuale profitto può essere legato (oltre che alla manutenzione e ad appalti per nuove opere infrastrutturali) a servizi supplementari, come avviene per le concessioni delle acque minerali che poi vengono imbottigliate. E ci vorrebbe non un referendum ma una bella iniziativa di legge sui criteri di queste concessioni, che attualmente permettono un lucro astronomico in cambio di canoni irrisori.
La ragione più forte che vedo ora per votare no è che la rete idrica italiana è molto vecchia: nei prossimi anni avrà bisogno di interventi pesanti, non solo di manutenzione ordinaria ma di ammodernamento generale. Il rischio è perdere la possibilità di controllare e garantire la qualità dell’acqua da parte del gestore pubblico. Per farlo saranno necessari capitali ingenti, quindi anche privati. Se vincerà il Sì occorrerà comunque porsi seriamente questo problema e trovare una soluzione il più rapidamente possibile.

Nucleare
Sono orientato per il

Un vero pasticcio l’azione del Governo. Cominciato nel 2008 con l’introduzione del ritorno al nucleare (già bocciato da un referendum di vent’anni fa, quindi materia delicata) in un decreto legge che ha come scopo dichiarato la riduzione dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni. Ciliegina sul pasticcio, la norma nel Milleproroghe che avrebbe dovuto evitare il referendum e che la Cassazione ha saltato a piè pari senza tentennamenti. Giusta la decisione della Cassazione, poco convincente e per nulla coerente la posizione del Governo.
Ma non è la coerenza del Governo che mi interessa, non su una faccenda così delicata. Credo che sia da sciocchi essere pregiudizialmente contro il nucleare, non è da sciocchi invece pretendere sicurezza. L’idea della moratoria potrebbe anche essere ragionevole. Facciamo finta che l’intenzione del Governo sia fare una vera moratoria. Anche in questa ipotesi, l’abrogazione di quella norma sembra la via più semplice e meno ambigua. Perché non è vero che il nucleare verrebbe bandito per sempre: dopo cinque anni si potrebbe proporre una nuova legge per realizzare impianti in Italia. Cinque anni sono un tempo appena sufficiente per una moratoria sensata. Se mai ci sarà, è auspicabile che una nuova legge parta da certezze scientifiche sulla sicurezza e sullo smaltimento delle scorie. E soprattutto che sia una legge di ampio respiro sulle politiche energetiche, che venga approvata a seguito di un lungo e doveroso dibattito in parlamento e nella società. Non un articolo infilato in un decreto per la razionalizzazione della spesa pubblica.

Legittimo impedimento
Sono orientato per il NO

L’argomento principe dei promotori del referendum, quello che ripetono come un mantra, è la violazione dell’articolo 3 della costituzione. Un argomento debole, populistico e solo in apparenza chiaro. Invece è vero che il legittimo impedimento non è ancora stato cancellato dalla Consulta (come vuol far credere la maggioranza), che tuttavia finora non è stata tenera con le iniziative salvapremier. Se il legittimo impedimento fosse davvero incompatibile con la prima parte della Costituzione sarebbe stato bocciato senza residui. Ma è davvero arduo sostenere che la norma ancora in vigore sancisca un privilegio inammissibile. Si dovrebbe ammettere allora che anche l’immunità parlamentare, garantita per quasi mezzo secolo, sarebbe stata una contraddizione interna alla stessa carta costituzionale.
Ad ogni modo il legittimo impedimento non garantisce immunità, dato che prevede soltanto la possibilità per premier e ministri di chiedere di non presentarsi davanti ai giudici per documentati impegni istituzionali. Volta per volta. Si dice che difficilmente si potrebbe dire di no a queste richieste, ma non si capisce il perché e comunque nella legge non è scritto che il giudice sia obbligato a dire di sì se l’impedimento è documentato.
Lo so che non va molto di moda sostenerlo, ma sono convinto che le garanzie per il potere politico di fronte al potere giudiziario non siano privilegi intollerabili o pure berlusconate. Mi auguro che Berlusconi non faccia la riforma della giustizia che minaccia da tempo, e ormai mi sembra che non abbia più il consenso e il credito per riuscirci. Ma quando ci saremo liberati del grande equivoco Berlusconi occorrerà riflettere a lungo su quello che è successo. Con equilibrio. Senza farci prendere la mano in senso opposto a tutte le incursioni ad personam che abbiamo dovuto sopportare in questi lunghi anni.

7 Novembre 2010

Fini sì, Hegel no

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Non voterò naturalmente per Futuro e Libertà. Alcuni aspetti laicisti del programma non mi piacciono: un partito in cui stanno (e non in ultima fila) Benedetto Della Vedova e Chiara Moroni non può certo essere il mio partito. Tuttavia devo riconoscere che il discorso di oggi di Fini a Perugia è un discorso alto, di impegno vero, che riscatta in parte il profilo di puro tattico in cui il leader era ingabbiato un po’ per necessità un po’ per scelta. Anche se non condivido molte cose, sono convinto che la destra aveva bisogno di questo strappo, di questa scossa di adrenalina. E soprattutto di questo dibattito, arrivato con quindici anni di ritardo. Ma meglio tardi che mai.

Se il tentativo di Fli di rompere l’egemonia berlusconiana sarà coronato da successo è presto per dirlo. Non ho neanche abbandonato del tutto l’ipotesi complottista sperimentale che ho fatto un mese fa: gli esiti sono davvero difficili da prevedere ora, sarebbe veramente ingenuo escludere una riconciliazione totale, o un gioco delle parti che cristallizzi una finta dialettica per chissà quanto tempo. Quello che è certo è che effettivamente c’è un nuovo soggetto politico. Ma in cosa è davvero nuovo? Mi ha colpito molto, e molto negativamente, sapere che Fini ha usato una citazione di Saint Exupery usata anche da Veltroni. L’articolo dell’Espresso spiega bene gli aspetti retorici del congresso di Fli. Segnali molto preoccupanti nell’atto di nascita di una forza politica che ha l’obiettivo e il dovere di far dimenticare quella cosa orribile che fu l’atto di nascita del Pdl un anno e mezzo fa. A proposito, sono stato profetico a prevedere un veloce e spettacolare naufragio. Sono stato bravo o era troppo facile?

Sono segnali preoccupanti perché denotano un affanno, una paura ingiustificata nel rompere davvero gli schemi: se la comunicazione va a rifugiarsi in tante forme già viste, e proprio nel momento dell’entusiasmo, della nascita, del richiamo ai valori e agli ideali, cosa può succedere andando avanti? Da questo punto di vista l’incidente della citazione di Saint Exupery uguale a quella di Veltroni è un incidente di una certa gravità. Forse Fini non ne era consapevole. Ma non è che sia meglio, così.

Sia chiaro, quella citazione in sé è bellissima. Il Saint Exupery “politico” ha molto da dire e molto da insegnare. Io ho letto centinaia di volte (non esagero) la lettera al Generale X, che è una specie di testamento ideale dello scrittore. Ma vedere proprio lui, proprio quel nucleo profetico che anima i suoi ultimi scritti al centro di un incidente, per così dire, “hegeliano” di sintesi tra opposti mi fa una pessima impressione. Se c’era uno distante anni luce dal problema del “che fare” che lacera da sempre la sinistra e ora fa il suo ingresso anche a destra, era lui. Semplicemente, non era un politico. Sono contento che parli ancora oggi ai politici, ma non mi piace che sia al centro di una contesa di “appropriazione” ideale, voluta o non voluta. E con l’ameba gramsciana, poi…

Va bene tutto. Può vincere Fini, può vincere Bersani, può vincere Vendola e magari possiamo anche sopportare qualche anno ancora Berlusconi. Ma Hegel no, non deve vincere. Una destra e una sinistra così opponibili da essere praticamente sovrapponibili non mi piacciono per niente.

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