Cronachesorprese

4 Gennaio 2011

Pettinar bombe

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Noi siamo qui a pettinar bambole e intanto in Egitto è l’inferno.
Pettinano bambole i giornalisti del Tg3, che nel servizio del 2 gennaio sottolineano ben bene che il problema è “religioso”. Sicuro, mettere una bomba in una chiesa è chiaramente un problema religioso. Se non ci fossero chiese nessuno saprebbe dove mettere le bombe. Ineccepibile. Imagine un po’ che bello.
I pettinatori di bambole storici di casa nostra potranno inoltre essere orgogliosi del fatto che un certo Imam ha accusato Ratzie di “ingerenza”. Questo è uno che ha imparato bene, su tante cose certi musulmani sono un po’ retrò ma le categorie giuste dall’occidente sanno assimilarle. Bravi, un grande successo progressista. Del resto è noto che le televisioni italiane le guardano fin troppo, in Nordafrica.
Quindi a fronte di uno spezzatino di cristiani servito per capodanno il Papa dovrebbe dire, non so… siete fatti così, avete i vostri metodi un po’ rudi però in fondo vi conosciamo e vi stimiamo tanto. Penso che abbia in mente qualcosa del genere Francesco Peloso, che su Secolo XIX di ieri ha scritto:

…riemerge, come un fiume carsico, la difficoltà della Santa Sede a trovare le parole giuste per dialogare con quegli ambienti del mondo arabo e musulmano più disposti, o almeno obbligati, a fare sponda con il Vaticano. Ratzinger, infatti, ha denunciato la viltà dell`attacco contro i cristiani e ha fatto un paragone con quanto sta avvenendo in Iraq.

La difficoltà è del Vaticano che non trova le parole giuste, qualcuno poteva avere dei dubbi? Quindi il Papa non si lamenti troppo alla prossima occasione. La grande truffa giornalistica sul discorso di Ratisbona continua a imporre il suo metodo odioso. Quali parole siano state meno che giuste nel pacato e ragionevole commento di Ratzie ce lo spiegheranno i maestri di non ingerenza. Una strage in un luogo di culto, la morte di una ventina di pericolosi fanatici come la povera Mariouma che osavano esistere come cristiani non si può definire un “vile gesto di morte”, basta con questi toni da guerra santa. Per amore di diplomazia lo chiameremo simpatico botto di capodanno. Come a Napoli, dove bomba di Bin Laden e bomba Ratzinger sono solo varianti di miccette un po’ esuberanti.
È anche vero, purtroppo, che una volta distolto lo sguardo da queste muffe di commenti giornalistici ti ritrovi nel marcio dei proclami leghisti. “Basta moschee“. Queste sì che sono parole misurate ed equilibrate, questi sì che dimostrano una rigorosa analisi dei fatti. Lo dimostrano ad ogni occasione, come quando invitano a spaccare le ossa ai manifestanti da Radio Padania. Vallo a spiegare a questi geniali rampolli e ai loro “educatori” che saranno proprio le moschee in Europa a rendere la vita sempre più difficile ai bombaroli, che non hanno nulla a che fare con nessuna religione.

15 Settembre 2010

XVI, il doppio di VIII

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A un giorno dalla partenza è ormai chiaro che Ratzie nella perfida Albione non dovrà guardarsi dai pochi mentecatti che delirano su un mandato di arresto internazionale, o dai contestatori che sicuramente punteggeranno una parte del programma di visita. Questo è solo folklore. Il maggiore pericolo, come spiega con dovizia di particolari Gianfranco Amato sul Sussidiario, viene da incomprensibili decisioni organizzative, sia di programma sia logistiche, che sembrano fatte apposta per impedire al Pontefice di sentirsi a suo agio.
Non è necessariamente una cosa negativa (anche se è legittimo chiedersi, come fa Amato, che senso ha avere certi “amici”): come ho scritto altre volte, la retorica celebrativa non è una buona compagna nel viaggio di un papa. Anzi, per Ratzie la visita potrebbe diventare l’occasione per una svolta. Non nel suo magistero, che va liscio come l’olio, ma per cominciare a far arrivare meglio certe sue abilità di comunicazione alla stampa britannica e internazionale. Sempre che lo spirito di Enrico VIII, che ancora pervade le redazioni della capitale inglese come una nebbia, almeno per i prossimi giorni si prenda un po’ di ferie. In ogni caso confido nei numeri. XVI vale esattamente il doppio di VIII, non dovrebbe esserci partita.

7 Luglio 2010

Dalla prima lettera di Ratzie agli Uàri

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Cosa direbbe? In attesa che avvenga davvero qualcosa di simile, come auspica per altri motivi il panzone, provo a immaginare una prima lettera prendendo uno spunto di cronaca. La immagino letta un po’ tra le righe, quindi non si pensi che attribuirei espressioni poco diplomatiche al buon Joseph.

“Cari Uari, non capite nulla delle cose di quaggiù.
Leggervi a volte è divertente. Più di frequente è imbarazzante: avete quel piglio da riformatori delle leggi, degli usi e dei costumi in nome della (pretesa) Ragione che solo a voi non sembra vecchio e triste.

Da un po’ di tempo vedo che voi e altri rilanciate certe critiche alla religione così inessenziali e stantie che viene da chiedersi se ci credete davvero, se siete proprio così ingenuamente convinti che colgano nel segno. Sembra quasi che abbiate un tabù alla rovescia: guai a considerare il senso religioso qualcosa di più di una debolezza o di una malattia dello spirito, per non dire della psiche. Un tabù che vi impedisce di capire quello che ascoltate e che leggete, in materia. E che non vi impedisce, tuttavia, di coltivare la pretesa di fare gli informati e gli informatori.
Vediamo cosa dite in una delle vostre ultime news che dà conto della mia visita a Sulmona ( i grassetti sono miei):

Il cristiano, ha affermato nel suo discorso ai giovani, “non è mai un individualista”: per questo è chiamato ad amare la comunità (quella cristiana) e a impegnarsi “a vivere insieme l’esperienza di fede”. I benefici di tali comportamenti, secondo il sommo pontefice, saranno ultraterreni: “Dio non vi toglie nulla, ma vi dà il ‘centuplo’ e rende eterna la vostra vita”.

Allora, ve lo rispiego, anche se mi è capitato di ripeterlo spesso ultimamente: il centuplo è “quaggiù”. Non è ultraterreno. Non dico che basta conoscere il Vangelo, dico che basta leggere bene tutto il mio discorso e capire il contesto: sto parlando a dei giovani, mi sto complimentando con loro perché hanno capito il valore della fede. E prometto loro, evangelicamente, che nulla sarà tolto. Qui e ora. Appunto. Ripeto la promessa evangelica.
Non sto parlando dell’ultraterreno. Neanche di striscio. “Rende eterna la vostra vita“: è vero che il vangelo dice “e in futuro la vita eterna”, ma senza la premessa del centuplo non c’è eternità che tenga, non c’è aldilà che possa essere umanamente interessante. Così l’Eterno vuole stare tra gli uomini, con un centuplo di valore sensibilmente sperimentabile. Ci arrivate? Come fate a non vedere che l’accento è tutto sulla terra e per niente sull’ultraterra? Vi basta la parola “eterno” per farvi scattare la paranoia marxiana? Mavvìa, siate un po’ meno reattivi. Non è ragionevole. Ma poi vi pare che mi rivolga a dei ragazzi di quindici, vent’anni per parlar loro soltanto di ultramondi? E chi sono, Goldrake?

Qui e ora. Sono tre parole, in tutto sette lettere. Consideratele bene. Sono centrali nel cristianesimo, in tutta la sua storia. Se il cristianesimo non avesse dimostrato di agire sulla vita di tanti, di tante persone singole, rendendola più umana di quello che uno riesce a immaginare e sperare per sé, non si sarebbe mai affermato.
Il potere viene dopo. Il potere può anche strumentalizzare una fede, ma se prima quella fede non è nel popolo non ha nulla da strumentalizzare.

E ve le dò io le news: anche oggi è così, non è cambiato nulla in duemila anni, il metodo è sempre lo stesso. Non dico di convertirvi, non più di quanto lo dica a me stesso e ai miei: vi chiedo almeno di essere disponibili a capire, perché se in una notizia striminzita riuscite a infilare la solita vaccata dell’alienazione vuol dire che, con tutte le vostre pretese razionalistiche, non avete neanche questa disponibilità minima. Siete dogmatici.

Rompete i vostri tabù. Liberatevi.”

29 Aprile 2010

Antonio vide, e subito digitò

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Non volevo saltare Perugia e, considerato tutto quello che ho visto e sentito, tutte le persone che ho ritrovato e quelle che ho conosciuto, ho fatto bene. Ma quando ho visto che negli stessi giorni si sarebbe tenuto il convegno Testimoni digitali sono stato seriamente tentato di fermarmi a Roma (casualmente nei giorni precedenti ero proprio nella capitale).

Con grande piacere vedo ora che l’amico Antonio Ldf non solo è andato, ma ha colto questa occasione per accennare nel blog a una sua recente svolta esistenziale che mi fa grande piacere, e voglio dirglielo pubblicamente. E voglio ringraziarlo anche per la riflessione sul relativismo. La provocazione lanciata cinque anni fa da Ratzie poche ore prima di essere eletto papa non è passata invano. È bello vedere una conversione (e ho quasi timore a usare questa parola: ma è bellissima e dovrebbe designare un lavoro quotidiano più che un evento eccezionale) che passa limpidamente attraverso la ragione e non attraverso un sentimento vago e indefinibile.

8 Aprile 2010

Ancora sulle menzogne del New York Times

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Altre due cose da leggere. Nelle ricerche di questi giorni avevo trascurato Il Foglio e ho fatto male.

Il primo articolo che propongo è uscito la settimana scorsa. È di George Weigel, biografo americano di Benedetto XVI. Descrive meglio di altri l’impegno di Ratzinger nel combattere la pedofilia. E non è tenero con il New York Times.

Il secondo articolo è di Paolo Rodari (invito a leggere anche il suo blog, dove trovate gli altri articoli usciti sulla vicenda) e tira fuori un altro bel pezzo delle menzogne del NYT: la ricostruzione della grande inchiesta sarebbe basata in parte su una traduzione automatica dall’italiano all’inglese!

No, non mi sono fissato. Può sembrare, forse. Ma occorre ribadire e documentare, finché la questione è viva, il livello di mistificazione a cui può arrivare la grande stampa internazionale quando parla dei cattolici e del Vaticano. E poi questa vicenda dell’inchiesta sul caso di Padre Murphy è esemplare: ci sono diversi casi in tutto il mondo di sacerdoti implicati e anche di coperture di vescovi. Ma a una certa stampa non basta, una certa stampa mira al bersaglio grosso, vuole infangare il Papa. Questi casi interessano e vengono rilanciati con tanta enfasi soltanto per questo.

Bene, ora è chiaro, non si può più fare finta di non saperlo: non si fanno nessuno scrupolo. Per raggiungere questo scopo costruiscono false accuse, stravolgono la verità e fanno scempio delle più elementari regole della professione giornalistica. Ricordiamolo bene, ricordiamolo tutti.

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