Cronachesorprese

7 Aprile 2010

Chi ha perso credibilità?

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Gli scavatori di fango professionisti sanno che il loro maledetto lavoro (che non è di quelli che qualcuno “deve pur fare…” massimo rispetto per i lavori che sporcano e che non sono lavori sporchi) ha due esiti possibili: o infanga senza ritorcersi contro di loro, o si ritorce contro di loro ma intanto fa danni. Sono lavori ad alta entropia.

Per chi non legge istintivamente i titoli e ha voglia di ragionare e di confrontare; per chi ha necessità di fare memoria dei fatti per progredire nella capacità critica; per chi sa resistere alla tentazione di “godere” di uno scandalo gridato sui giornali per il gusto di mettere in minoranza o in soggezione il prossimo; per tutti costoro è chiaro che il New York Times ha fatto una pessima figura (Sandro Magister la spiega sinteticamente), ha buttato fango su chi non lo meritava, ha messo l’urgenza di sollevare un caso davanti alla necessità di presentare i fatti in maniera obiettiva e di fare qualche elementare verifica. Avrebbe potuto, ad esempio, andare a cercare uno dei protagonisti della vicenda Murphy, che ora fa la voce di uno che grida nel deserto da un negletto blog diocesano e dice cose assai scomode per il grande giornale liberal. La Chiesa sarà anche quel covo di serpi che molti dicono, ma vi sembra giusto che un quotidiano di quel calibro non paghi dazio per avere scritto il falso e per aver trascurato le più elementari regole della verifica giornalistica? Se la Chiesa ha perso credibilità (ed è tutto da vedere) per me l’hanno persa anche questi intoccabili pennivendoli che si sentono in diritto di calunniare senza dover rendere conto a nessuno.
Voglio pensare solo che sia cattivo giornalismo e nient’altro, ma è inevitabile che qualche retropensiero su altre cause, su altri mandanti rimanga. Ma non è del retropensiero che mi preoccupo ora.

Non so cosa succederà nei prossimi mesi. Sicuramente ci saranno altre inchieste, sia del NYT sia di altri giornali, sul problema della pedofilia nella Chiesa. Mi auguro che siano vere inchieste e non produzione di fango. Le vere inchieste sicuramente aiuterebbero la Chiesa in questa fase, inchieste che aiutino a non ricadere in un’antica inerzia e ad affondare il bisturi dove va affondato.

Nessuno nega che la pedofilia nella Chiesa esista: non ha l’importanza, l’incidenza che molti pretendono, ma c’è. Nessuno nega che la Chiesa, in un passato anche recente, abbia cercato di nascondere molti casi di abusi gravi: ma questa cattiva consuetudine sta per essere superata e consegnata agli storici per le valutazioni del caso. Non è vero che Ratzinger ha cominciato a fare la voce grossa quando non poteva più nascondere nulla. È certo, invece, che da cardinale prima che da pontefice ha sempre combattuto il fenomeno e non ha lavorato per nasconderlo, ma per farlo emergere avendo cura di evitare danni eccessivi e ingiusti alla Chiesa. Un po’ come una chemioterapia per un tumore non maligno: sarebbe sconsiderato somministrarla senza fare il possibile per non indebolire oltre l’inevitabile le difese dell’organismo.

Invito a leggere oggi le considerazioni di Peggy Noonan, columnist del Wall Street Journal, tra le più equilibrate e interessanti che ho trovato sui giornali americani.

27 Marzo 2010

Aspettando le vere ragioni di un attacco

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La Chiesa deve chiedere scusa o deve chiedere scusa di esistere? Non è strano porsi questa domanda nel pieno di una pandemia di panico morale come quella che si sta diffondendo in questi giorni sulle presunte responsabilità del Vaticano nella copertura di casi di pedofilia. Più ci si addentra in questa ondata di rancore (ben fotografata da Marina Corradi su Avvenire) più sembra che per i critici la Chiesa debba esistere soltanto per chiedere scusa. Se non ci fosse, sono sicuro, ne sentirebbero la mancanza almeno per questo, perché non avrebbero altri a cui rivolgere critiche così, come dire, “saporite”.

Franco Cardini oggi sul Secolo XIX ricorda che l’ultima volta che in America c’è stata una campagna di screditamento del Vaticano su questo tema fu nel 2002, quando Bush trovò nell’autorevolezza di Giovanni Paolo II un serio ostacolo a un apprezzabile consenso mondiale per la nuova guerra in Iraq. Oggi il motivo potrebbe essere di altro genere, forse più interno (le nuove religioni chiedono spazio nella grande partita dell’educazione dei giovani e la vecchia catholic church dà fastidio), o forse da ricercare tra temi come la ridefinizione dei “diritti umani” che vede sostanzialmente la Chiesa come unica avversaria. Penso ad ogni modo che l’attacco di questi giorni non sia casuale ma strategico; e se è strategico ne vedremo e capiremo i motivi soltanto tra un po’. La Chiesa si metterà, come spesso accade, di traverso su qualcosa e allora qualcuno le rinfaccerà di non poter vantare nessuna autorità morale per non aver fatto qualcosa che il mondo le chiedeva. Non è complottismo: non credo che questa strategia sia l’esito di un complotto ma di un coagularsi naturale di forze ostili alla Chiesa.

Andrà così, ne sono abbastanza sicuro. Come sono sicuro che il vero motivo del “panico” di molti è la provata efficacia dell’azione di Ratzinger contro i pedofiili, quella “sporcizia” dentro la Chiesa che ha promesso di combattere e che sta combattendo con determinazione. I nemici della Chiesa conoscono l’intransigenza dell’ex prefetto della Congregazione della Fede su questo tema. Allora tirano fuori storie vecchie di decenni, cercano di coglierlo in fallo evidenziando presunte omissioni. In questa affannosa rincorsa allo scandalo a volte prendono delle cantonate incredibili, come capitò a Colm O’Gorman nell’interpretare la Crimen solllicitationis (che dice l’esatto contrario di quello che lui le faceva dire nel suo documentario) ma il più delle volte non rischiano nulla, perché si sa che scavare fango è sempre un’operazione redditizia se va incontro al desiderio di una buona parte del pubblico.

Comunque, qualche punto fermo di metodo.

1 – “La Chiesa chieda scusa!” Sta diventando un fastidioso ritornello. Sembra che le scuse non siano mai abbastanza. E sembra soprattutto che i luogocomunisti non vogliano mai considerare la differenza tra quello che dice un pontefice (che sul tema della lotta alla pedofilia, mi spiace per il New York Times, è irreprensibile) e quello che dicono altri esponenti della Chiesa e del Vaticano dallo specifico delle loro funzioni. Padre Lombardi è il responsabile dei rapporti con la stampa e giustamente risponde agli attacchi della stampa. C’è differenza, non so se si capisce. Se ci sono scuse da chiedere non dovrà essere Padre Lombardi a farlo, sarà qualcun altro.

2 – “La Chiesa non deve dare indicazioni di voto!” Prego? La Chiesa parla come e quando vuole. In particolare il presidente della Cei, in prossimità delle elezioni, non può far finta che le elezioni non ci siano. Avesse detto poi delle cose nuove, delle cose che qualcuno non sa. Il suo discorso va più a vantaggio di uno schieramento che di un altro? Discutibile, se non altro perché non c’é nessuna ragione per cui la Chiesa, che è così poco seguita dagli italiani nelle scelte di tutti i giorni (da me per primo), sia seguita nelle urne. Ma anche se fosse non è niente di sconveniente: se le forze politiche vorranno si regoleranno di conseguenza, altrimenti no. Sono scelte tra le tante che un partito o una coalizione devono compiere. I soggetti sociali sono tanti, ognuno ha i suoi valori irrinunciabili, non solo la Chiesa.
Diciamolo chiaro: quelli che hanno fatto gli scandalizzati vorrebbero soltanto una cosa, vorrebbero che la Chiesa tacesse. Vorrebbero che la Chiesa si conformasse all’idea che hanno loro di Chiesa. Per quello che mi riguarda possono scandalizzarsi per le prossime diecimila consultazioni elettorali, vediamo chi si stufa per primo. È una questione di principio. Molti di quelli che giocano a fare i “resistenti” per il bavaglio a Santoro vorrebbero mettere il bavaglio a Bagnasco, c’ è qualcosa che non mi torna.

7 Ottobre 2009

Piccoli esercizi di ragionamento laico

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Compitino. Orsù all’opera! Non sono poi così difficili, basta applicarsi un momento e non farsi portare dalle onde.

Problema numero uno. Il film di Amenábar su Ipazia non è ancora stato distribuito in Italia. Ogni anno decine di film stranieri anche importanti non vengono doppiati e distribuiti; altri rimangono confinati nei circuiti d’essai. È più facile e giornalisticamente redditizio cercare di capire perché la distribuzione italiana fa così schifo o ventilare fantasiose pressioni vaticane?

Problema numero due. È uscito l’elenco dei contributi alle pubblicazioni periodiche di proprietà di cooperative, fondazioni ed enti morali. La maggioranza va a pubblicazioni di area cattolica. È più facile e bloggisticamente trendy prendere atto che in Italia cooperative, fondazioni ed enti morali sono in maggioranza cattolici perché i cattolici sono più presenti e attivi di altri nella società per tradizione, impegno, voglia di rimboccarsi le maniche oppure indignarsi per un presunto surrettizio generoso rabbocco all’otto per mille?

Problema numero tre. Ma gli umoristi dell’Uaar, oltre a saper scrivere regalando ai veri laici raziocinanti momenti di grande ilarità, sanno anche leggere?

26 Marzo 2009

Un po’ di ossigeno

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Non posso fare a meno di segnalare questa intervista di Sussidiario a Giampaolo Pansa (a firma Rossano Salini). Non solo per le cose che Pansa dice su Ratzinger, ma anche per i giudizi sull’opinione pubblica, sulla laicità e sui giornali.
C’è bisogno come dell’ossigeno di uomini come Pansa. E di giornali liberi come Sussidiario.

…c’è una sorta di concetto superbo del proprio mestiere. Non è solo la ricerca del clamore per attrarre lettori – che poi, appunto, non serve – ma è un’idea sbagliata del proprio mestiere per cui ci si concepisce come i “superman” dell’opinione pubblica italiana.

12 Marzo 2009

Benedette conversazioni

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E con questa lettera Ratzie surclassa tutti i discorsi evanescenti e da veri tromboni su un presunto conservatorismo suo e della Chiesa di cui è a capo.

Li surclassa nella sostanza, ma per quella non c’era davvero bisogno di un suo chiarimento, dato che le cose non erano chiare soltanto ai soliti sordi che non vogliono sentire:

Una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica. Il gesto discreto di misericordia verso quattro Vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all’improvviso come una cosa totalmente diversa: come la smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei…

Li surclassa nello stile di comunicazione, perché questa è una conversazione vera che interviene in un contesto di conversazione mediatica, senza mezzucci curiali, senza paludamenti ufficiali, senza allusioni indirette.

Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie. Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco. Proprio per questo ringrazio tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia e di fiducia, che – come nel tempo di Papa Giovanni Paolo II – anche durante tutto il periodo del mio pontificato è esistita e, grazie a Dio, continua ad esistere.

Li surclassa nella capacità di dialogo e nella voglia di comprendere le ragioni degli altri: è un documento incompatibile con l’immagine di una gerarchia arroccata sulle sue posizioni, in difesa e a guardia di un passato e di una tradizione autoreferenziale indifendibile.

Non dovremmo come buoni educatori essere capaci anche di non badare a diverse cose non buone e premurarci di condurre fuori dalle strettezze? E non dobbiamo forse ammettere che anche nell’ambiente ecclesiale è emersa qualche stonatura? A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo.

Joseph Ratzinger parla e spiega meglio di tanti giornalisti e comunicatori. Ce n’eravamo accorti già ai tempi della strumentale polemica di Ratisbona (che chi ha poca memoria e ancora meno obiettività ha già storicizzato come figuraccia del Pontefice, mentre è stata una grande prova di chiarezza e forza). Abbiamo avuto modo di confermare l’impressione in altre occasioni, ultima delle quali quella che si dovrebbe chiudere oggi, il caso Willamson. Ratzie comincia anche a dare lezioni di stile. Che naturalmente Repubblica, il quotidiano dei sordi che non vogliono sentire, non coglie.

Aggiornamento del 13 marzo

Sì, Repubblica proprio non coglie, anche se il pezzo di Politi è interessante. Ma è come al solito irritante che si considerino soltanto gli spunti per fare dietrologia. Come se la lettera in sé, il suo significato “in chiaro” non fosse già una notizia. Per Repubblica non deve essere mai scalfita l’immagine della Curia come luogo di elezione di intrighi e “maneggi”. Un dogma intoccabile.

Per capire è bene leggere anche chi ci mette il cuore, come José Luis Restan sul Sussidiario o Gianni Cardinale su Avvenire, che pure in mezzo a eccessi encomiastici usa una parola molto adatta: “disarmato”. Nel testo di Ratzie l’esigenza di chiarezza supera di gran lunga il calcolo politico, ammesso che ci sia (e che sia un buon calcolo).

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