Cronachesorprese

17 Dicembre 2012

Te lo dò io l’Uganda

Filed under: Il postulante de-genere,ratzie stories — alessandro @

Onestamente: sono molto deluso, per il momento, da @Pontifex. Dopo sette tweet nei primi due giorni non si è più fatto sentire. Speravo almeno nell’Angelus domenicale: niente. Un grave errore. Posso permettermelo io di aprire un account twitter e non usarlo per mesi, non certo lui. Spero che si riprenda.

Non credo tuttavia agli esultanti detrattori di #faiunadomandaalpapa che sostengono che ci sia stato un ripensamento dopo il profluvio di baggianate scaricate dai twittatori anticattolici sull’hashtag. Semplicemente il Ratzie-staff non sta facendo un buon uso dello strumento. Mi dispiace molto, davvero ci speravo (e ci spero ancora, sia chiaro). Non ci vuole tanto: basta un tweet al giorno, andiamo. Giusto non seguire nessuno, giusto non perdersi nelle conversazioni: certo uno staff ben strutturato potrebbe anche pensare di fare un po’ di selezione delle domande più interessanti, ma non è fondamentale. Un tweet al giorno invece dovrebbe esserci sempre. Alla domenica, poi, all’Angelus… occasione persa, per ora.

Delusione a parte, siamo in pieno panico morale per l’anticipazione del messaggio in occasione della prossima Giornata Mondiale della Pace, come al solito spezzettato e vivisezionato per darlo in pasto al moralismo progressista; panico aggravato dalla concomitante “benedizione” della delegazione di parlamentari ugandesi guidata da Rebecca Kadaga, uno dei due “Speaker”, cioé Portavoce (forse Presidente) dell’organo legislativo dello stato africano. Non sono esperto di politica ugandese ma direi che codesta Rebecca ha un ruolo istituzionale di primo piano. Non esiste quindi alcun motivo per negarle l’accesso all’udienza del mercoledì. Anzi, sarebbe probabilmente uno sgarbo: il Papa è anche un Capo di Stato, forse qualcuno lo dimentica.

In Uganda si discute da anni del famigerato Anti-Homosexuality Bill, una proposta di legge che introdurrebbe, se approvata, pesanti restrizioni alla libertà personale degli omosessuali e punizioni che in alcuni casi possono arrivare alla pena capitale. Il papa dunque viene criticato per questo. O meglio, viene insultato da due giorni con una violenza incredibile. Molte delle domande twittate e ritwittate a @Pontifex dicevano senza mezzi termini che il papa vuole “uccidere” i gay. Che dire.

La prima obiezione logica è che accettare la visita di una delegazione diplomatica non vuol dire approvare tutto quello che chi fa parte di quella delegazione fa o ha in mente di fare. Però finché si rimane a questo livello si può dire che è vero, però per ragioni di opportunità, che poi si sa questi si rivendono la foto sorridente con il Papa… Insomma rimane il pretesto per continuare a foraggiare la calunnia: il Vaticano non protesta, quindi approva le politiche contro i diritti umani quando sono a danno degli omosessuali.

Ma le obiezioni logiche sembrano ormai noiose e curiali. Siamo cattivi, vogliamo togliere alla gente semplice e onesta il piacere di insultare il Vaticano. Finché c’è il clamore tutti a urlare e insultare, poi quando arrivano le ovvie spiegazioni si dimentica tutto in fretta, così alla prossima occasione si potrà tornare a inveire facendo finta che non sia successo niente. Queste polemiche sono un po’ come dei flash mob, insomma. Si inseguono e si rinnovano negli anni, ogni volta diverse, ogni volta uguali. Quattro anni fa esplose il caso della presunta opposizione del Vaticano alla proposta francese alle Nazioni Unite sulla depenalizzazione dell’omosessualità. La polemica di questo fine settimana è figlia di quella del 2008. Per chi ha memoria e non cerca pretesti per calunniare è facile collegare i due casi e capire che sono figli dello stesso equivoco.

Nel 2009, intanto, la proposta di legge ugandese faceva già discutere. Il rappresentante vaticano all’Onu, Philip Bene, la condannava senza mezzi termini. Fu per le reazioni molto negative a livello mondiale, compresa quella della Chiesa, che l’anti homosexual bill non ebbe vita facile e ancora oggi non è stato approvato. Se verrà approvato nei prossimi giorni, come sembra, non contemplerà più la possibilità della pena di morte. Basterebbe questo piccolo particolare, stranamente omesso in molte ricostruzioni, a vanificare il presunto endorsement di Ratzie ai boia in salsa africana. Peccato però, vengono meno le battute più a effetto. Siamo cattivi noi catto-logici, sì, molto cattivi e noiosi.

E poiché lo siamo fino in fondo, dobbiamo deludere anche tutti quelli che si esercitano da due giorni in calembour divertenti sulle parole del messaggio per la giornata della pace. La frase sulla quale si sono appuntate tutte le critiche dice:

una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace

Che cosa ferisce giustizia e pace? A giudicare dalla quasi totalità delle sintesi giornalistiche si direbbe “l’omosessualità”. Invece è la negazione e il fraintendimento dei principi, quelli che Ratzie indica come fondamentali non solo per il cristiano ma per una ragione ben condotta. Tra le cause non dirette ma indirette, direi remote della “ferita alla giustizia e alla pace” c’è anche (non solo) l’equiparazione del matrimonio a “forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”. Chiaro? E’ l’equiparazione la ferita, non l’omosessualità in sé. Quindi tutte le facili ironie sulle “ferite” varie sono, appunto, troppo facili.

9 Dicembre 2012

Benvenuto @Pontifex

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Ratzie è uno dei più grandi “fantini” dell’era digitale. Nel gergo dei newsgroup si dice “fantino” un tipo di troll non estremo, dai toni moderati e quasi minimalisti, che ha come ideale di comportamento in rete innescare discussioni interminabili con il minimo sforzo. Ratzie in questi giorni ha registrato un record invidiabile e decisamente difficile da uguagliare: ha monopolizzato per giorni i trend topic di twitter semplicemente aprendo un account.

Non ha ancora mandato neanche un tweet: comincerà a farlo soltanto mercoledì 12. Non solo, ma ha anche dichiarato che non seguirà nessuno: scelta logica, peraltro. Nonostante ciò l’hashtag #faiunadomandaalpapa è uno dei più usati in Italia dal 3 dicembre, giorno dell’apertura dei sette @pontifex in sette lingue diverse, che complessivamente stanno per raggiungere il milione di follower. Ce n’è abbastanza per far schiattare d’invidia i troll di mezzo uorlduàid.

Ma è soltanto l’inizio. Un inizio divertente, scoppiettante, promettente. Penso, con tutto il rispetto per quanto potrà comunicare Ratzie con questo mezzo nuovo per lui, che i suoi tweet non scalderanno tanto i follower quanto il suo semplice ingresso. Da questo punto di vista l’irruzione del Papa sul social network rispetta il metodo della dinamica cristiana più genuina: la presenza è già tutto, il resto è conseguenza. La presenza “svela i pensieri di molti cuori”. È una presenza che costringe subito a una presa di posizione, fosse anche lo sberleffo o la battuta fine a se stessa. Non ha svelato grandi pensieri finora. Ma bisogna accontentarsi e, come insegna la buona teologia, non perdere mai la speranza. Intanto la reazione, dal punto di vista puramente quantitativo, è poderosa. Sarà anche vero che la Chiesa è in crisi; ma quanti puledri al trotto e al galoppo appena la Chiesa manifesta la sua presenza da qualche parte… anche nelle praterie digitali.

Dividerei le reazioni che ho letto nei tweet con #faiunadomandaalpapa in quattro gruppi. Ci sono i tweet divertenti (15%), i tweet non divertenti ma innocui (30%), i tweet inutili che ricalcano luoghi comuni (45%) e che pretendono di essere divertenti ma non lo sono, i tweet che contengono bestemmie implicite o esplicite (10%) e che fanno tristezza, perché è triste constatare che ci sono così tanti poveracci che si industriano a essere brillanti bestemmiando.

Il sottotesto più frequente di tutti questi messaggi (con percentuali diverse da gruppo a gruppo) è: qui non dovresti esserci, non c’entri nulla. Niente di nuovo: da duemila anni i non cristiani dicono ai cristiani che sono fuori luogo. E da duemila anni vengono regolarmente smentiti dai fatti: i cristiani a volte (e sottolineo a volte) non arrivano per primi a usare uno strumento, ma quando lo usano davvero nel medio lungo periodo lo fanno meglio degli altri. Succederà anche con twitter. Forse non succederà a Ratzie in persona, ma a qualcun altro: lui ha solo aperto una strada.

Vedo comunque che tra quelli che vorrebbero insegnare a Ratzie a usare twitter ci sono molti seguaci di miti e leggende senza fondamento, come gli scarpapradisti e i lachiesanonpagalimuisti: strani culti misterici senza alcun fondamento razionale, con l’ancora più strana pretesa di voler cavalcare la modernità raccontando frottole e ridendoci su.

Non so se qualcuno ci ha pensato, non l’ho ancora visto, leggere tutti i tweet è impossibile. Ma se volessi fare un po’ di ironia aprirei un account a nome Gesù o Cristo o Gesuccristo e manderei questi 110 caratteri:

@Pontifex #faiunadomandaalpapa Come sarebbe a dire che non segui nessuno? :-/ #pensacibene #sedevacantealert

21 Febbraio 2012

Dalla Pravda alle Prada

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Il diavolo forse veste Prada, ma Ratzie calza Stefanelli. E così abbiamo sistemato anche uno degli argomenti più temibili, una delle punte di diamante del moralismo antiratzingeriano, una di quelle notizie che mandava in sollucchero fintoscandolezzato tante signore dei quartieri alti che ci tengono a far vedere che loro non sono mica baciapile e che, anche se cedono agli abiti griffati, tengono l’anima democratica. Per loro in effetti le scarpe di Prada erano insidiose: qualcuno potrebbe pensare che stesse scarpe, stessa squadra. E insomma dovevano ben darsi da fare per prendere le distanze. Ora potranno dormire sonni tranquilli.

10 Marzo 2011

I sillogismi di Odifreddi

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Odifreddi commenta l’uscita del secondo volume che Ratzinger ha dedicato a Gesù.
Comincio a capire la funzione di conforto spirituale, direi religioso, di un personaggio come Odifreddi. È un matematico, uno scienziato, che ripete le sciocchezze più popolari tra i detrattori della Chiesa. Non è neanche molto elegante o preciso nel farlo. Ma siccome le dice lui (“se le dice lui”, tanto per parafrasarlo un po’), proprio lui che è un matematico, allora chi è affezionato a quelle sciocchezze si sente confortato. È un grande consolatore. Potrebbe aspirare a diiventare il fondatore di una religione, e forse sotto sotto non gli dispiacerebbe.

Proviamo ad analizzare il seguente argomento odifreddiano.

“Il Signore è veramente risorto. Egli è il vivente”. Firmato, Benedetto XVI. Cosa voglia dire “veramente”, il papa l’ha spiegato con precisione nella prefazione all’intera opera, in cui dichiarava di voler “presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio”. Dunque, per Benedetto XVI “veramente” significa non ciò che sta scritto nei libri di storia, ma ciò che sta scritto nei Vangeli.

Riducendo alla forma di un sillogismo provo a schematizzare così (accetto eventuali correzioni):
– Ratzie afferma che la Risurrezione è un fatto realmente accaduto e che il Gesù dei vangeli è il Gesù storico.
– Ma il contenuto dei vangeli non è della stessa natura di ciò che possiamo trovare in una narrazione o in un documento storico.
– Quindi Ratzie identifica impropriamente “vero” e “narrato dai vangeli”.

La premessa maggiore è vera (cioé è una affermazione che Ratzie ha veramente fatto).
La premessa minore è falsa: i vangeli innanzitutto espongono fatti che “pretendono” di essere storici. Non sono provati, ma non sono neanche confutati. I vangeli costituiscono a pieno titolo quello che la storiografia chiama “fonte”.
La conclusione dunque è falsa. Ratzie non dice che “siccome è scritto nei Vangeli è vero”, dice che il Vangelo racconta dei fatti, in forma di cronaca. Non si presenta come una mitologia ma come una narrazione di fatti avvenuti in un tempo e in un luogo ben definiti. Il Vangelo si offre, per così dire, alla critica storiografica. Non si fa scudo di un oltre indefinibile. Racconta la vita di un uomo che ha incontrato altri uomini, e dà le coordinate di tempo e di spazio perché ci sia almeno la possibilità teorica della verifica. Non per niente una delle prime cose che dice Gesù ai suoi primi discepoli è “venite e vedete”. Si può non credere a una parola di ciò che dicono i vangeli, ma i vangeli raccontano la vita di un uomo. E di un uomo che ha scelto di farsi conoscere e ricordare attraverso altri uomini. Rientra nell’ambito della storia e di ciò che la ricerca storiografica può indagare e discutere? Direi proprio di sì.

Odifreddi prosegue spiegando che Ratzie avrebbe rigettato il metodo storiografico perché andrebbe contro le affermazioni contenute nei vangeli. In realtà Ratzie non fa altro che ricapitolare le contraddizioni del metodo storico critico che ha preteso, senza successo (cioé senza giungere ad alcuna certezza scientifica) di ridurre le narrazioni evangeliche a un complesso di miti. Ratzie non rigetta “i frutti della storiografia”, ma rileva quello che già altri storici hanno detto, e cioé che il metodo storico-critico applicato ai vangeli ha fatto un bel buco nell’acqua. Proprio dal punto di vista storiografico, non dal punto di vista religioso.

Di conseguenza anche ciò che Odifreddi individua come “debolezza” del ragionamento di Ratzie è in realtà la vera forza e il vero argomento che Odifreddi non comprende. E dimostra di non comprenderlo quando vuole criticare l’invito di Ratzinger a considerare la rilevanza della fede nel Cristo storico come fattore per capire la verità e la novità che il Cristianesimo porta nel mondo (è un fattore importante, secondo Ratzinger, ha ispirato e guidato le vite di tanti uomini prima di noi: perché escluderlo? Non è irragionevole, non è antistorico escluderlo?):

La debolezza di questi argomenti sta nel fatto che essi si potrebbero applicare, nello stesso identico modo, per rivendicare la verità storica e teologica di qualunque altra religione che abbia avuto altrettanta efficacia, e la cui fede abbia resistito altrettanti secoli. In primis, l’induismo e il buddhismo, che possono vantare una storia altrettanto veneranda e un insegnamento altrettanto sapienziale del cristianesimo. Anzi, molto di più.

Qui invece sta proprio la differenza. Che sia vera o falsa, la storia di Gesù si propone come storia, non come narrazione sapienziale. L’ “insegnamento sapienziale” non è il nucleo del Cristianesimo, ma ne è una conseguenza. Per le altre religioni, che (a differenza del Cristianesimo) sono davvero nient’altro che (con tutto il rispetto) religioni, il nucleo di verità “morali” è tutto. Per il Cristianesimo il nucleo, e l’unica cosa veramente importante, è la persona di Cristo. “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso”, dice San Paolo nella prima lettera ai Corinzi. L’unica cosa che importava ai primi cristiani è l’unica cosa che Ratzie ripete ancora oggi: guardate quell’uomo. E Ratzie la ripete con la sua forza, la sua autorevolezza e una semplicità che sembra affinarsi sempre di più a ogni tentativo di discredito e di ridicolizzazione.

Il resto dell’articolo è folklore. Talmente poco originale e poco interessante che non so neanche se valga la pena analizzarlo. Potrei quasi dubitare dell’esistenza di Odifreddi. Così, tanto per mettere un po’ di sale alle discussioni storiografiche sull’Odifreddismo dei prossimi millenni.

10 Gennaio 2011

Educazione sessuo-logica

Filed under: ratzie stories — alessandro @

Sono passati purtroppo un bel po’ di anni da quando frequentavo la terza media. Ma ricordo bene il giorno in cui l’insegnante di scienze disse: “Quest’anno il programma prevede lo studio del corpo umano. Se c’è il tempo e il modo, naturalmente lo facciamo tutto. Non ho intenzione di escluderne una parte soltanto perché per alcuni fa scandalo”. Mi sembrò subito una posizione di buon senso cui aderii senza tentennamenti, come il resto della classe. Nessuno ebbe mai dei dubbi, e non mi risulta che ci siano state proteste da parte di alcuni genitori. Ci venne consigliato (non imposto) l’acquisto di un libro supplementare che trattava soltanto di educazione sessuale, principalmente dal punto di vista anatomo-fisiologico ma non solo.

Ero di famiglia cattolica e, nello stesso periodo, seguivo un mio percorso di formazione in una parrocchia. Un percorso, voglio precisare, che mi ero scelto io, non mi era stato imposto né dai miei genitori né da altri, ma mi era stato soltanto proposto da amici. Bene, non ho mai avuto la benché minima percezione che ciò che studiavo a scuola confliggesse in qualche modo con il mio percorso. Così come sono sicuro che l’insegnante di scienze non pensasse ai “cattolici” quando esprimeva la sua giusta critica.

Come in molti altri aspetti del mio percorso formativo, credo di essere stato fortunato. Perché l’insegnante fu molto equilibrata. Illustrò tutto quello che era necessario e opportuno spiegare in ambito scolastico su quella materia senza dare mai l’impressione di voler indirizzare a un sistema di valori o a un altro. Penso dunque che se l’educazione sessuale nelle scuole fosse oggi in Europa come quella che ho ricevuto io, Ratzie non avrebbe avuto niente da dire. E invece qualcosa da dire probabilmente c’è. Penso anche che da allora qualcosa sia andato storto, qualcosa si sia perso o deteriorato. Perché per molti non è più facile, spontaneo e naturale distinguere lo spirito di una critica come quella espressa da Ratzinger dalla reazione di un perbenista o di un benpensante ipocrita, quel tipo di reazione a cui alludeva sicuramente la mia insegnante di scienze. Metilparaben, ad esempio, dice semplicemente e logicamente una sciocchezza. Ratzie non ha detto che l’educazione sessuale in sé è sbagliata o contraria alla libertà religiosa, ma quella che trasmette “concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”. Non mi pare che abbia detto che l’educazione sessuale a scuola “è male”. Ma non ho dubbi che passerà questa idea.

Come la mia insegnante non voleva (giustamente) censurare niente, così spero che sia possibile parlare a scuola di contraccezione o di diversi orientamenti sessuali con vero rigore scientifico: e ho qualche dubbio che ciò avvenga in molte scuole, non tanto in Italia quanto in Europa. Non si sta dicendo “non parlatene”. Oppure “parlate solo dei metodi di contraccezione naturale e dite che certi orientamenti sessuali sono malattie”. Piuttosto si sta lanciando una sfida su un terreno, quello dell’obiettività e del rigore scientifico, che una certa cultura crede di suo esclusivo appannaggio.

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