Cronachesorprese

8 Aprile 2020

Tagliare i ponti

Filed under: cronache — alessandro @

Il ponte di Albiano, o di Caprigliola a seconda della sponda dalla quale lo guardi, era da bambino una netta emozione. Dopo chilometri dalla Spezia, prima sui tornanti del Buonviaggio, poi sul rettilineo di Bottagna, sul lungo ponte di Ceparana e sui saliscendi pieni di curve tra Ceparana e Albiano, sfociavamo con la 850 guidata da mio padre su questo che, ora vedo bene, era poco più di un guado rialzato, ma che all’epoca mi sembrava monumentale. Era il preludio all’arrivo in campagna nella casa di mio zio a Isola di Caprigliola, poco distante dal ponte sulle “lame” verso Aulla. Mesi d’estate ho passato li tra gite al fiume, uova e latte freschissimi, le verdure dell’orto, le mucche e i conigli, i “testi” per i panigacci sempre pronti all’uso accanto agli alari del camino, la cucina economica. Un altro mondo a due passi da casa, vicino e lontano, una dimensione da esplorare ma nella sicurezza della famiglia, nella spensieratezza dei giochi con mio fratello e i cugini. Quel ponte per me era la porta verso questa parte così importante della mia esperienza di bambino. Attraversarlo era un respiro, una gioia, e anche un po’ una liberazione perché soffrivo la macchina. Era l’accesso a un paesaggio diverso, era uno dei termini del nostro periodico pendolare dal mare al fiume. Lo ricostruiranno e non sarà difficile come per altri ponti più famosi e anche più importanti per me. Però grava sul cuore, in qualche modo, il pensiero che non c’è più quell’impalcato che così tante volte ci ha fatto attraversare la nostra barriera invisibile tra la vita di tutti i giorni e le vacanze, o anche tra una settimana di scuola e qualche giorno, qualche ora di riposo. Qualcosa è andato. Molto rimane.

16 Marzo 2020

Dagli anni di piombo alla pandemia

Filed under: cronache — alessandro @

il 16 marzo 1978 io facevo le medie e qualcosa cambiò per sempre nella mia percezione del mondo dei “grandi”. A dispetto del tempo e dell’esperienza passati lo spaesamento di oggi, con questo senso di sospensione delle attività normali, richiama in modo analogico lo spaesamento di 42 anni fa, quando in pochi minuti vedemmo emozioni che non eravamo abituati a vedere sui volti dei nostri professori, e all’uscita dalla scuola c’era uno strano silenzio per strada. La primavera imminente non portò la solita spensieratezza. Esisteva una sola notizia, tutti parlavano solo di una cosa e così fu fino al 9 maggio e oltre. Solo i mondiali in Argentina portarono la prima vera distrazione, e forse non fu un bene. Quest’anno, forse, non ci saranno gli europei e non è detto che sia un male. Non c’era internet e non c’erano le chat, ma le barzellette che circolavano erano tutte forgiate sull’argomento unico di discussione nazionale, proprio come i “meme” che rimbalzano oggi da uno smartphone all’altro. Non era un’emergenza sanitaria ma la paura e l’allarme per le conseguenze possibili portò la gente (esclusi i troppo ideologizzati) a mettere in secondo piano molte divergenze di idee politiche per mettere in primo piano un’idea, seppure confusa, di bene comune minimo al di sotto del quale nessuno era disposto ad andare. E forse (sottolineo forse) anche oggi sta accadendo qualcosa di simile, visto che gli argomenti e i protagonisti che fino a un mese fa erano percepiti come catastroficamente divisivi ora sono là in fondo alla scena come acquerelli scialbi, inoffensivi, incapaci di guadagnare i trending topic e ottengono la stessa attenzione di un cane randagio che abbaia alla luna. “Andrà tutto bene”? Non lo so, ma c’è un bene che non si misura con i numeri dei bollettini medici e forse, in questa emergenza, lo percepiamo meglio di altre volte.

14 Marzo 2020

La morale Serrata

Filed under: cronache — alessandro @

Oggi Serra pretende di spiegarci che la paura per l’Aids era ancora dominata dal sacro terrore religgggioso, adesso invece che siamo tutti grandi e vaccinati (si fa per dire) e abbiamo ormai saltato il fosso della superstizione, la paura per il Coronavirus è di una laicosità scintillante e veicola un “più umile” invito a “riflettere”. Che pena, che noia, che vecchiume.

“Dissero ‘pentitevi!’ che equivale a dire ‘obbedite!’ “

è un’affermazione di una cialtroneria che non meriterebbe commento. E naturalmente viene accompagnata dal

“Dio padre che giudica, punisce e folgora” (testuale),

tratto dal più classico repertorio di strawman laicisti. Ma è un’altra frase di questo penosissimo editoriale a tradire tutta la contraddittorietà del Serra-pensiero:

“…riconsiderare alcuni comportamenti che non attengono alla cosiddetta ‘morale’, quanto al rapporto complessivo dell’uomo con la natura (ovvero: dell’uomo con se stesso)”.

Ma Micheluccio caro, il “rapporto complessivo dell’uomo con la natura” rientra perfettamente nella sfera della “morale”, che è, tra altre cose, riflessione sul comportamento umano. Non spaventarti e non guardarti allo specchio come il dottor Jekyll quando comincia a fare i conti con il suo lato oscuro, ma te lo devo proprio dire: oggi in prima pagina su Repubblica hai pubblicato una riflessione morale, e anche un po’ moralistica, se posso permettermi.

E ti dirò, anche il titolo che hai dato al tuo pezzo, “Impariamo a cambiare vita” è complessivamente un’espressione equivalente a “pentitevi” (che non è invece sinonimo di “obbedite”, mi spiace, sei un po’ in un cortocircuito di generalizzazioni) e starebbe perfettamente in bocca a un Savonarola pescato a caso da qui all’indietro per sette-ottocento anni: davvero ti senti diverso, davvero ti vedi così illuminato? Sei davvero convinto che tutta questa roba che ci hai propinato anche oggi sia così razionale e distinta dalle tenebre del sacro terrore per le forze oscure della natura? Perché guarda che il rapporto dell’uomo con la natura non è, e non sarà mai, il “rapporto dell’uomo con se stesso”, e le difficoltà di questi giorni a livello mondiale a prendere le misure di questo nuovo e temibile nemico dovrebbero parlare da sole. Mi spiace, ma non c’è nulla di “umile” né di ragionevole in questa pretesa, perché la natura intera, come l’uomo, non si fa da sola.

La natura non siamo noi, e noi non siamo solo natura. La tua definizione nega la relazione con l’Alterità irriducibile a noi e al cosmo, l’origine che è (davvero) alla radice di noi stessi. La nega del tutto irragionevolmente, e senza alcuna umiltà. Buona quarantena (che guarda caso è anche quaresima) di vero cambiamento.

7 Febbraio 2020

Lasciatemi canticare, sono un ciarlatano

Filed under: cronache,Il cristiano informale — alessandro @

Sulla questione del Cantico dei Cantici recitato da Benigni a Sanremo condivido questo post, e aggiungo alcune osservazioni.
1 – È profondamente disonesto dire che le traduzioni circolanti non sono “il testo originale” che sarebbe stato nascosto e travisato, o comunque addomesticato nel tempo sotto versioni più morigerate. Come ha notato giustamente Achille Damasco dal quale condivido questo post, un’uscita così serve solo a connettersi con un pubblico complottista. Io non conosco l’ebraico, ma so che bisogna andarci piano a dire “il testo originale non dice così”, come se i masoreti che nel primo millennio hanno vocalizzato il canone ebraico, sul cui lavoro si basano le attuali traduzioni comprese quelle cristiane, si fossero presi strane libertà o avessero voluto nascondere il reale significato di un testo che peraltro è sempre stato molto popolare nella cultura ebraica. Ora io non so che hanno da dire gli esperti citati da Benigni ieri (o meglio, chiamati a garanti di un gioco furbetto), ma vorrei tanto che Ravasi e gli altri facessero sapere che cosa hanno detto al comico toscano, sempre ammesso che siano stati realmente consultati.
2 – Una volta per tutte: il senso allegorico e simbolico non nega né sovrascrive il significato letterale. E nessuno, ripeto nessun cattolico né cristiano sostiene che il Cantico non abbia contenuti erotici (qualche sprovveduto oggi nel fuoco della polemica lo afferma, ma davvero non sa quello che dice e probabilmente non ha mai letto il libro). E tuttavia ridurre il Cantico a un raccontino scollacciato pornosoft, come ha fatto ieri nella sua lunga e pedante introduzione Benigni (pur concedendo l’onore delle armi, per così dire, all’amour, ah l’amour), non è solo da ignoranti, è semplicemente impossibile. “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio: perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!” Mi spiace per i laicizzatori compulsivi, ma questa è religiosità al mille per cento. Certo se partono dal falso presupposto che la religiosità sia possibile solo attraverso la negazione della materia e del corpo, se pensano, per fare un esempio che è ben presente a tutti, che Michelangelo non fosse cristiano (perché era omosessuale, magari: ma che ottusità, che anacronismo scemo!) e invece quelli che hanno messo i braghettoni alle figure nella Sistina sì, non ci arrivano. Il Cantico, e la sua recezione entusiasta nella cultura cristiana fin dai primi secoli, può aiutarli a intravedere un barlume di verità: non è mai troppo tardi.
3 – Bisognerebbe rileggere spesso, e dare da studiare nei licei, un saggetto fondamentale di Schiller, “Sulla poesia ingenua e sentimentale” che spiega la differenza tra la poesia epica in tutte le sue forme (anche quella amorosa), che nasce dall’interno dell’esperienza di un popolo quasi come un fiume sgorga naturalmente dalla sua sorgente, e la poesia segnata dalla nostalgia di un mondo perduto, quella in cui la soggettività dell’autore e i sentimenti che prova diventano preponderanti rispetto al contenuto da narrare, perché quel contenuto è in qualche modo distaccato e lontano dall’esperienza reale. La poesia “ingenua” è, per così dire, psicanaliticamente inconsapevole, e anche in questo sta la sua grande forza. Anche nei grandi mistici la passione, l’ardore, il fuoco dell’amore che li consuma sono indistinguibili in alcuni momenti dal desiderio sessuale, e hai voglia a dire che è eros sublimato: ma neanche per sogno, è eros totale, totalizzante, che ha messo Dio come oggetto del desiderio. Dire che è sublimazione non significa essere più furbi, significa condannarsi a non capire. Il Cantico fa parte di questo tipo di letteratura. Quindi le allusioni e le simbologie sessuali disseminate nel testo non è detto che siano consapevoli, anzi io penso che in larga parte non lo siano. Per questo non so quanto sia corretto, e funzionale alla resa poetica, esplicitarle in un traduzione. Ora a me pare che Benigni ieri abbia fatto almeno in parte proprio questo. Se Ravasi e compagnia pensano di no e vengono a spiegarmi perché, me ne sto.
4 – Ad ogni modo, come hanno detto molti altri, sono ben contento che si parli così tanto del Cantico. Non voglio sprecare tempo ed energie in indignazioni virtuose fuori luogo, ma far passare il giochino del Benigni demistificatore no, è davvero troppo. È riuscito ad accreditarsi come quello che ha il ruolo di parlare in modo leggero di argomenti alti, ma guarda caso ha sempre la massima cura nel vellicare la mentalità dominante. Non sono sassi nello stagno i suoi, sono conferme di ciò che il potere ha deciso da tempo riguardo all’indirizzo che deve prendere la morale pubblica, il costume dei bravi cittadini. Triste eterogenesi del guitto irriverente.

aggiornamento

Sono stato in osservazione qualche giorno, sicuro che sarebbero usciti diversi articoli più o meno approfonditi di reazione alla provocazione di Benigni. Ho scelto questi.

Emanuele Boffi – Benigni ha ridotto il Cantico a un poemetto erotico – Tempi
Ignazio La China – Benigni, il furbetto che sfrutta l’ignoranza della gente – Tempi
Rosalba Manes – Non il canto dell’amore libero ma dell’eros redento – Agensir
Lucia Bellaspiga – Il Cantico dei Cantici, Benigni e quel cedimento al «poeticamente corretto» – Avvenire
Marco Grieco – Gandolfini contro Benigni, Ravasi e Avvenire plaudono – In Terris
Finestre sull’arte – Anche Benigni provoca il pubblico di Sanremo
Rosanna Virgili – La lunga passione della scrittura (e il valore della competenza) – Avvenire

1 Gennaio 2020

Quello che gli extraterrestri non sanno

Filed under: cronache — alessandro @

Sta girando molto un’immagine di due extraterrestri che parlano tra loro e dicono:
“Ma cosa festeggiano?”
“Il loro pianeta ha fatto un giro completo intorno alla stella”
“Te l’avevo detto che non erano intelligenti”.
Vedo che molti la apprezzano e la trovano divertente: a me non piace. Sì, l’uomo è un animale simbolico, diceva Cassirer. Ed è vero. Vuol dire forse che è poco intelligente? La ritualità, l’attività simbolica innestate sulla definizione di segni convenzionali condivisi per descrivere una regolarità che non è inventata (perché la terra gira davvero intorno al sole in un periodo preciso) è segno forse di scarsa intelligenza? Un ciclo di tempo, di stagioni, di eventi astronomici che si ripete sempre uguale non dovrebbe avere alcuna incidenza sulla coscienza, sulle abitudini delle comunità umane? Mi sembra davvero un’idea molto misera di “intelligenza”; nonostante ciò, non direi mai che chi ride per quell’immagine sia “poco intelligente”. Penso piuttosto che rida degli eccessi di entusiasmo, dell’obbligo di “divertirsi a capodanno”, del parossismo che spesso accompagna la celebrazione dell’inizio di un nuovo anno e che causa anche incidenti assurdi: se l’intenzione è quella ci sto dentro.

ZT software tool: http://ipv6.ztsoftware.net/ipv4-to-ipv6/

Però credo che sia bello e giusto fermarsi una volta all’anno e ricordarsi che qualcosa ricomincia, e dire simbolicamente che un anno “nasce”. Anche se la data del capodanno è un termine convenzionale non dovrebbe offendere l’intelligenza di nessuno, perché comunque qualcosa si ripete, ed è una ripetizione che dà certezza e struttura alla vita. Non facciamo i superuomini, che tanto siamo terrestri: con la terra giriamo da sempre, extraterrestri non lo saremo mai, e a me non dispiace per niente. E soprattutto non spaventiamoci della nostra insopprimibile necessità di rappresentare la realtà attraverso simboli, e di cercare senso e significato. Maria, Madre di Dio, oggi è la tua festa: tu che hai portato in grembo il senso di tutto, non farmi scandalizzare mai del mio desiderio di cercarlo.
Buon 2020, e buoni anni venti a tutti: che siano ruggenti, ma senza proibizionismo! E magari anche senza snobismi e sociopatie travestite da razionalismo.

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