Sulla questione del Cantico dei Cantici recitato da Benigni a Sanremo condivido questo post, e aggiungo alcune osservazioni.
1 – È profondamente disonesto dire che le traduzioni circolanti non sono “il testo originale” che sarebbe stato nascosto e travisato, o comunque addomesticato nel tempo sotto versioni più morigerate. Come ha notato giustamente Achille Damasco dal quale condivido questo post, un’uscita così serve solo a connettersi con un pubblico complottista. Io non conosco l’ebraico, ma so che bisogna andarci piano a dire “il testo originale non dice così”, come se i masoreti che nel primo millennio hanno vocalizzato il canone ebraico, sul cui lavoro si basano le attuali traduzioni comprese quelle cristiane, si fossero presi strane libertà o avessero voluto nascondere il reale significato di un testo che peraltro è sempre stato molto popolare nella cultura ebraica. Ora io non so che hanno da dire gli esperti citati da Benigni ieri (o meglio, chiamati a garanti di un gioco furbetto), ma vorrei tanto che Ravasi e gli altri facessero sapere che cosa hanno detto al comico toscano, sempre ammesso che siano stati realmente consultati.
2 – Una volta per tutte: il senso allegorico e simbolico non nega né sovrascrive il significato letterale. E nessuno, ripeto nessun cattolico né cristiano sostiene che il Cantico non abbia contenuti erotici (qualche sprovveduto oggi nel fuoco della polemica lo afferma, ma davvero non sa quello che dice e probabilmente non ha mai letto il libro). E tuttavia ridurre il Cantico a un raccontino scollacciato pornosoft, come ha fatto ieri nella sua lunga e pedante introduzione Benigni (pur concedendo l’onore delle armi, per così dire, all’amour, ah l’amour), non è solo da ignoranti, è semplicemente impossibile. “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio: perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!” Mi spiace per i laicizzatori compulsivi, ma questa è religiosità al mille per cento. Certo se partono dal falso presupposto che la religiosità sia possibile solo attraverso la negazione della materia e del corpo, se pensano, per fare un esempio che è ben presente a tutti, che Michelangelo non fosse cristiano (perché era omosessuale, magari: ma che ottusità, che anacronismo scemo!) e invece quelli che hanno messo i braghettoni alle figure nella Sistina sì, non ci arrivano. Il Cantico, e la sua recezione entusiasta nella cultura cristiana fin dai primi secoli, può aiutarli a intravedere un barlume di verità: non è mai troppo tardi.
3 – Bisognerebbe rileggere spesso, e dare da studiare nei licei, un saggetto fondamentale di Schiller, “Sulla poesia ingenua e sentimentale” che spiega la differenza tra la poesia epica in tutte le sue forme (anche quella amorosa), che nasce dall’interno dell’esperienza di un popolo quasi come un fiume sgorga naturalmente dalla sua sorgente, e la poesia segnata dalla nostalgia di un mondo perduto, quella in cui la soggettività dell’autore e i sentimenti che prova diventano preponderanti rispetto al contenuto da narrare, perché quel contenuto è in qualche modo distaccato e lontano dall’esperienza reale. La poesia “ingenua” è, per così dire, psicanaliticamente inconsapevole, e anche in questo sta la sua grande forza. Anche nei grandi mistici la passione, l’ardore, il fuoco dell’amore che li consuma sono indistinguibili in alcuni momenti dal desiderio sessuale, e hai voglia a dire che è eros sublimato: ma neanche per sogno, è eros totale, totalizzante, che ha messo Dio come oggetto del desiderio. Dire che è sublimazione non significa essere più furbi, significa condannarsi a non capire. Il Cantico fa parte di questo tipo di letteratura. Quindi le allusioni e le simbologie sessuali disseminate nel testo non è detto che siano consapevoli, anzi io penso che in larga parte non lo siano. Per questo non so quanto sia corretto, e funzionale alla resa poetica, esplicitarle in un traduzione. Ora a me pare che Benigni ieri abbia fatto almeno in parte proprio questo. Se Ravasi e compagnia pensano di no e vengono a spiegarmi perché, me ne sto.
4 – Ad ogni modo, come hanno detto molti altri, sono ben contento che si parli così tanto del Cantico. Non voglio sprecare tempo ed energie in indignazioni virtuose fuori luogo, ma far passare il giochino del Benigni demistificatore no, è davvero troppo. È riuscito ad accreditarsi come quello che ha il ruolo di parlare in modo leggero di argomenti alti, ma guarda caso ha sempre la massima cura nel vellicare la mentalità dominante. Non sono sassi nello stagno i suoi, sono conferme di ciò che il potere ha deciso da tempo riguardo all’indirizzo che deve prendere la morale pubblica, il costume dei bravi cittadini. Triste eterogenesi del guitto irriverente.
aggiornamento
Sono stato in osservazione qualche giorno, sicuro che sarebbero usciti diversi articoli più o meno approfonditi di reazione alla provocazione di Benigni. Ho scelto questi.
Emanuele Boffi – Benigni ha ridotto il Cantico a un poemetto erotico – Tempi
Ignazio La China – Benigni, il furbetto che sfrutta l’ignoranza della gente – Tempi
Rosalba Manes – Non il canto dell’amore libero ma dell’eros redento – Agensir
Lucia Bellaspiga – Il Cantico dei Cantici, Benigni e quel cedimento al «poeticamente corretto» – Avvenire
Marco Grieco – Gandolfini contro Benigni, Ravasi e Avvenire plaudono – In Terris
Finestre sull’arte – Anche Benigni provoca il pubblico di Sanremo
Rosanna Virgili – La lunga passione della scrittura (e il valore della competenza) – Avvenire