Cronachesorprese

12 Ottobre 2008

Il mio lavoro

Filed under: chiedici le parole,news factory — alessandro @

Di solito parlo poco di me nel blog. Ieri mi è capitato di farlo perché ho voluto seguire per una volta un istinto. Oggi continuo per rispondere alla domanda di Galliolus nei commenti, che anche se è ironica merita una risposta :-)

Che lavoro faccio. Come ho detto, sono in una redazione web che lavora per una amministrazione pubblica. Il nostro compito è duplice: organizzare in presentazioni web il materiale e le risorse che provengono dall’attività dell’amministrazione; produrre contenuti per un livello informativo di mediazione tra l’attività dell’ente e il pubblico, che poi è il livello informativo principale dei siti di riferimento. Dico pubblico e non cittadino perché in dieci anni abbiamo imparato che il target cittadino si centra soltanto se si è in grado di parlare al pubblico come pluralità di destinatari indistinti, secondo la definizione di mezzo di comunicazione di massa. Per questo nel mio lavoro la competenza giornalistica è fondamentale, anche se non è certo l’unica (oltre a redattori abbiamo grafici, progettisti e programmatori); e per questo ha avuto sempre più spazio con il passare del tempo. Che piaccia o no (e a molti sicuramente non piace) il web ha aumentato la domanda di mediazione giornalistica. Questo è un paradosso, ma la verità vera ha sempre un aspetto paradossale: la necessità e la richiesta di mediazione giornalistica aumentano proporzionalmente all’aumentare della disponibilità di fonti inintermediate. La storia della nostra redazione web, da questo punto di vista, è un caso da manuale: nel momento in cui l’ente ha creato il canale internet, cioè ha fornito al pubblico una tecnologia abilitante per accedere a più risorse, l’aumento di relazione e di feedback con il pubblico e i cittadini ha creato l’esigenza non solo di organizzare meglio le risorse online, ma anche di mediarle secondo lo specifico del canale internet. Quindi l’attività classica da ufficio stampa non è più sufficiente, occorre una professionalità che declini anche nel canale internet le stesse esigenze di comunicazione; ma per fare questo deve accedere alle fonti e condividere le esigenze di comunicazione allo stesso livello dell’ufficio stampa, che è poi il livello a cui tutti gli altri giornalisti accedono alle informazioni. In breve, occorre un giornalista.

Non posso fare esempi. Chi sa dove e come farlo ha la possibilità di verificare. Ma anche tutti gli altri, a ben vedere.

11 Ottobre 2008

I miei primi quindici anni

Filed under: chiedici le parole,cronache — alessandro @

Un post di Stefano mi ha fatto venire in mente che oggi, oltre a essere il compleanno di Galliolus aka Searcher (auguri vivissimi), fanno anche quindici anni esatti dalla mia laurea.
Guardo le foto e mi vedo abbastanza diverso. Io sono contento di come sono cambiato. Recentemente mi hanno fatto un bel complimento, mi hanno detto che sono più “ragazzo” adesso di allora. Credo che sia abbastanza vero, anche se c’è sempre bisogno dello sguardo di un altro per capirlo.

Fanno anche quindici anni, dunque, che ho deciso di buttarmi nel giornalismo. Il mondo accademico non mi è mai piaciuto, e io non sono mai piaciuto a lui. Un mese dopo la mia laurea ero in una televisione locale della val di Magra a strappare con i denti (e praticamente da volontario) una gavetta che nessuno mi avrebbe concesso, e oggi ancora meno, nella carta stampata. Di quei giorni ricordo la bellezza del buttarmi in mezzo alla gente a fare domande, come buttarsi in un fuoco purificatore perché l’attitudine alla domanda coltivata nello studio diventasse meno tecnica e più essenziale; il gusto di raccontare tutto quello che capitava ma la politica e lo spettacolo in particolare; il piacere quasi fisico di confezionare ogni giorno qualcosa che doveva essere immediatamente fruibile. In pochi mesi ho fatto un centinaio di servizi filmati. Dopo anni di filosofia (che non è scevra da passioni ma ha i suoi tempi) è stata una sterzata fondamentale, ma interiormente non l’ho vissuta come una vera rivoluzione: è stata piuttosto la scoperta di poter coltivare in modo diverso la stessa passione. Quale sia questa passione, non ve lo dico. Perché ancora devo capire bene io stesso cosa sia. Ma è la stessa, non ho dubbi su questo.

Poi sono tornato a Genova per il diploma universitario in giornalismo: solo la frequenza, perché lo stesso anno in cui mi sono iscritto hanno pensato bene di non proseguire un percorso che in pochi anni aveva dimostrato di avere tutte le carte in regola per dare fastidio alle scuole dell’Ordine, e di far andare a esaurimento i corsi già iniziati. A quel punto di dare gli esami non mi importava più. Fare i tre anni di frequenza ha avuto senso soprattutto per gli stage (al Secolo e al Giornale i più importanti e formativi) e per il buon livello di una parte delle lezioni.
Poi è arrivata la passione per internet e il lavoro vero e proprio in una redazione web, praticamente un service per la PA. Sono dieci anni ormai. Ora sono pubblicista, lavoro da giornalista ma ho un contratto da metalmeccanico, destino comune a molti che si sono trovati a scrivere sul web.

Oggi che mi sono accorto casualmente della ricorrenza mi è venuto spontaneo scrivere queste cose. Non so perché. Ho seguito l’istinto, cosa che dovrei fare più spesso. Credo che uno dei miei maggiori difetti sia non fidarmi del mio istinto, mettere sempre in discussione ciò che mi suggerisce. A volte lo metto in discussione solo per dargli ragione; ma il più delle volte il ritardo che la discussione comporta è fatale, mi frega, mi fa perdere l’attimo. Come è evidente, per un giornalista non è un difetto da poco. Ma ho appena quindici anni, ho ancora tutto da imparare ;-)

10 Ottobre 2008

Cielo, giornalisti su Facebook…

Filed under: il viandante digitale — alessandro @

Per me Annalena Benini scrive benino ma di Facebook non ha capito un belino :-)
FB è un punto di presenza sulla rete che tende a togliere equivoci, non a incrementarli. Dopo anni in cui le identità sono state filtrate prevalentemente attraverso nick e avatar, lasciando solo alla rete “lavorativa” la corrispondenza reale tra un nome e una persona, Facebook chiede in primo luogo di presentarsi con faccia, nome e cognome e di rendere conto delle effettive reti amicali e parentali. Certo, si può scegliere di mettere un nick o uno pseudonimo. Ma quanti lo fanno? Pochi. E la ragione è semplice: chi vuole nascondersi non sta su Facebook. Non sembra uno strumento particolarmente adatto o pensato per fare nuove conoscenze o per intessere le famose cosiddette relazioni virtuali, sembra piuttosto uno strumento ottimo per mantenere, consolidare quelle esistenti. La scelta di subordinare la visualizzazione di un profilo alla conferma di amicizia è in questo senso determinante.
Sicuramente ci saranno mariti e mogli che pensano di perseguire scopi adulterini principalmente attraverso Facebook, come dice la Benini pensando di demistificare chissà cosa. Ma penso che siano messi maluccio, e non è colpa né di Facebook né della rete.

9 Ottobre 2008

Ciao, Maria

Filed under: cronache — alessandro @

mariaCredetemi, da ieri sono in lutto. Maria non era soltanto una che gestiva una trattoria popolare in vico Testadoro, nel centro di Genova. Per chi, come me, è arrivato a Genova per frequentare l’università, Maria è stata un’oasi di accoglienza vera in una città che non accoglie facilmente. E non soltanto perché ha sempre offerto buona cucina a prezzi abbordabili per tutti. Come dice giustamente Paolo Crecchi nell’articolo del Secolo XIX (dal quale ho preso anche la foto), i tavoloni di Maria sono un’esperienza. Sono un osservatorio sociologico. Sono tra i luoghi grazie ai quali si può dire che in Italia la democrazia è una realtà.

Per una matricola fuori sede la tavola di Maria è quanto di più vicino, o di meno lontano, alla tavola di casa. Maria è una coccola. Lo è tuttora, anche se lei non c’è più, perché con le sue indiscutibili doti organizzative e imprenditoriali ha fatto in modo che il servizio continuasse uguale a se stesso anche quando lei era ormai troppo stanca per seguirlo personalmente. Anche il sorriso e la cortesia della signora che ti accoglie oggi alla cassa è lo stesso di Maria. Tutto continua ad avere il suo marchio di fabbrica: i menu scritti con quella grafia antica, i muri verdi, le tovaglie a scacchi bianchi e rossi, la velocità e la precisione del servizio. Vado ormai raramente, perché a mezzogiorno c’è così tanta gente che non si può essere sicuri di stare nei tempi concessi da un’azienda per una pausa pranzo (a meno che non si arrivi molto presto o molto tardi): ma provate a calcolare il numero di coperti che cuochi e camerieri riescono a evadere, è sorprendentemente sopra la media di qualsiasi altra trattoria della zona.
Una coccola è anche il suo dolce della casa, una semplicissima (ma “buonissima”, come diceva sempre lei e come ripete sempre il menu) crema al mascarpone con savoiardo imbevuto di rum e ciliegina sopra. Della strepitosa cucina genovese non parlo neanche, non è necessario: ne parlano tutte le guide gastronomiche, e tutte si stupiscono del miracolo di Maria.

Maria è una coccola che ho sempre cercato di offrire alle persone a cui tengo e che vengono a Genova. Per i loro venti, ma anche per vedere me. A volte mi sono sentito quasi in colpa per aver demandato a lei la cura che io non sempre riesco a dare. Anche quando vorrei, con tutto il cuore. Mio malgrado sono forse diventato troppo genovese.

8 Ottobre 2008

Dell’unico modo di leggere la sacra Repubblica

Filed under: news factory — alessandro @

Marco Politi ieri su Repubblica ha scritto un articolo sul Sinodo dei vescovi soffermandosi su due questioni. La prima è l’assurda polemica sulle responsabilità di Pio XII che a detta di qualcuno “non fece nulla” per aiutare gli ebrei. Assurda perché oggi non si può più dire. L’aiuto agli ebrei perseguitati fu costante e salvò moltissime vite. Al massimo si può discutere su quanto la condanna del nazismo di papa Pacelli, pronunciata senza mezzi termini in diverse occasioni, sia stata abbastanza incisiva. Ma la questione sarebbe un po’ diversa da quella che fa discutere oggi. Ciò che nessuno storico può più dire è appunto il perentorio “non fece nulla”. Non ha più la dignità di ipotesi, è soltanto una falsità. In generale è falsa qualsiasi ipotesi di sostanziale connivenza tra la Chiesa Cattolica e il nazismo, sia prima, sia durante, sia dopo la guerra.

Ma mentre su Pio XII Politi non fa altro che riportare la polemica, sull’altro argomento (la discussione nell’ambito del Sinodo sulle letture razionaliste della Bibbia) dice una cosa che suona veramente incomprensibile. O forse è molto semplice da comprendere, tanto è superficiale e affrettata:

…rispetto alla tradizione apologetica, per cui era oro colato ogni rigo della Scrittura, l’ ultimo secolo di studi ha demitizzato i testi biblici ed anche evangelici attraverso un lavoro scientifico, che non รจ annullabile.

Secondo Politi quindi nella tradizione esegetica e magisteriale non ci sarebbe traccia di alcun distinguo sulla lettera della Scrittura fino all’avvento del moderno, scientifico, intoccabile metodo storico critico. Incredibile. Come se tutti i padri della Chiesa e i teologi non avessero mai parlato dei diversi modi di intendere le scritture, come se le interpretazioni letterali fondamentaliste non siano mai state condannate. Come se il lavoro di tutti gli esegeti prima del XX secolo non sia mai stato scientifico.

Purtroppo sono questi svarioni fatti scivolare tra una frase e l’altra quelli che causano i danni peggiori nel giudizio del lettore.

aggiornamento del 1 luglio 2010

Ci sono novità sull’aiuto di Pio XII agli ebrei tedeschi e non solo

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