Cronachesorprese

18 Novembre 2008

Portare indietro il discorso

Filed under: parole, non fatti — alessandro @

Qualche giorno fa Spinoza titolava: non fate l’onda. Pare che non l’abbiano ascoltato.

Va bene, questa è un po’ una cattiveria. Ma leggere certe cose mi fa torcere le budella. Anche perché penso al resto, penso alle belle immagini che ho visto per le strade, penso che studenti medi e universitari hanno ragione a farsi sentire, indipendentemente dall’occasione che ha suscitato il movimento e dalle ragioni contingenti della protesta. Pensavo: vabbé, togliamo la scontata politicizzazione, in fondo è un fatto secondario. Togliamo anche gli slogan ancora più scontati e ingiusticati sulle varie presunte “privatizzazioni”. C’è molto di buono. C’è soprattutto il sacrosanto diritto di dire che la scuola e l’università italiana, oggettivamente, girano a vuoto. Mi piacciono molto le lezioni in piazza o in altri luoghi: ho visto ad esempio che a Roma degli studenti di Scienze politiche hanno organizzato una lezione in un autobus, coinvolgendo gli altri passeggeri.

Però questi documenti sono un segnale d’allarme: distacco dalla realtà. Probabilmente non di tutti, ma di una parte, quella parte che in queste occasioni decide di diventare professionista della protesta e domani chissà, della politica. Penso a quella schizofrenia che già era evidente agli occhi di Pasolini. Tutto già visto, purtroppo. Speriamo che sia solo la spuma dell’onda, che scompare in un attimo.

16 Novembre 2008

Cento amici su Facebook

Filed under: cronache,il viandante digitale,Weekly Facebook — alessandro @

Proprio nei giorni in cui nei blog si fa un gran parlare di Facebook, ho trovato il centesimo amico. Mi sono iscritto da poco più di due mesi, quindi sono andato finora a una media di cinquanta amici al mese (naturalmente diminuirà con il tempo).

Inutile negarlo: Facebook cambia almeno un po’ il modo di stare su internet. In meglio, se si limita l’aspetto autoreferenziale del servizio: e per chi usa internet da tanto tempo non è difficile. Facebook dimostra di essere molto utile per avere una visione d’insieme delle nostre relazioni e per aiutare a coltivarle un po’ meglio a dispetto del poco tempo e della lontananza. Si potrebbe pensare che la posta elettronica dovrebbe assolvere questa funzione. Ma non è così, perché la posta non è fatta per tenere una “vista” sulla rete di conoscenze, ma per comunicazioni da uno a uno o da uno a gruppi definiti. Sottolineo l’aspetto economico di Facebook: se aggiorno lo stato o aggiungo una foto sarà disponibile immediatamente a tutti i miei cento amici e non dovrò sbattermi a mandarla cento volte per mail (cosa che ovviamente non farei mai). Naturalmente i critici preferiscono evidenziare l’aspetto narcisistico dell’operazione, io dico invece che è un modo bello e discreto di rimanere presenti alle persone a cui teniamo. Non sostituisce la presenza, ma tiene oliato un rapporto e lo facilita.

Anche una webmail evoluta come Gmail, grazie alla quale ormai quattro anni fa sono riuscito a organizzare in maniera definitiva una marea di contatti e a semplificare e velocizzare la manutenzione della posta, non arriva a questo grado di complessità, e direi che non è il suo compito. È vero che Google si è conquistata sul campo e con merito ampie porzioni del mio tempo sul web: la posta, i feed, l’instant messaging, la consultazione delle news e naturalmente le ricerche. Gli aspetti in cui finora non è riuscita a catturarmi sono quelli attraverso i quali dico “io” sulla rete: il blog e ora Facebook. Può arrivare al massimo a offrirmi una my home page, e me la offre (io non l’ho mai usata, però), ma ormai è chiaro a tutti che la profilazione fatta da un’organizzazione come Google o Yahoo, per quanto utile ed evoluta, non riesce a innescare quel meccanismo di identificazione in base al quale il navigatore arriva a dire: questo sono io su internet. Facebook e le piattaforme di blogging, invece, ci riescono. E trovo abbastanza significativo che Google non sia riuscita a ovviare a questo limite neanche con l’acquisizione di blogger.com.

Facebook è riuscita dove finora molti, se non tutti, hanno fallito: sta convincendo i refrattari alla comunicazione online. Non credo che stia tirando proprio dentro chi è ancora fuori, ma sta persuadendo chi già usa la rete e non ha mai creduto o ha sempre guardato con sufficienza la comunicazione su internet finalizzata ai rapporti personali. Per i “nativi” di Facebook invece, cioé per chi comincia a usare internet proprio grazie a FB, esiste il rischio descritto da Mantellini di un diaframma con il resto della rete. Se FB è un tassello della mia identità in rete, è una gran cosa; se è tutta la mia presenza in rete o quasi, è meno interessante.

Visto che sono arrivato a cento viene comoda qualche statistica, perché i numeri reali corrispondono alle percentuali. Per il momento i miei “amici” si possono dividere nei seguenti gruppi, individuati in base all’occasione di conoscenza.

Lavoro: 32%
Internet: 25%
Scuola, Università e formazione in generale: 17%
Varie conoscenze: 15%
Famiglia: 7%
Vacanze: 4%

Come curiosità segnalo due conoscenze puramente virtuali (cioè dei cento amici attuali due sole persone non ho mai visto in real life), una celebrità (Sergio Caputo, con cui ho parlato una volta e che è amico di un mio amico) e un gatto :-)

ps per chi usa wordpress: avete dei plugin interessanti da segnalare per schiaffare qualcosa di facebook sul blog?

Aggiornamento quasi immediato
Appena pubblicato questo post mi accorgo che Tambu fa riflessioni che vanno nella stessa direzione di “economicità” di facebook nei rapporti umani. Sì, umani e non virtuali :-)

14 Novembre 2008

Eluana è una domanda

Filed under: tutto considerato — alessandro @

Sulla vicenda di Eluana Englaro ho poche certezze e molte domande. In generale anche sull’eutanasia, perché ogni nuovo caso mi sembra diverso dal precedente. La vicenda di Terry Schiavo l’ho trovata a suo tempo orribile, non solo per la fine che ha fatto ma soprattutto perché si è deciso di andare contro la volontà di una parte dei suoi congiunti.
Non ho certezze neanche sul testamento biologico.

Ho alcune domande a cui non so rispondere, e le scrivo qui non per avere risposte oggi ma per fissarle in questo momento in cui pare (e sottolineo pare) che si stia violando un principio mai violato finora nell’Italia repubblicana, quello dell’indisponibilità della vita nella fase dopo la nascita (perché la fase prima è già bella e violata).

Domanda 1
Se insieme all’alimentazione vengono somministrati ordinariamente a Eluana dei farmaci senza i quali non rimarrebbe in vita, perché sospendere l’alimentazione e l’idratazione? Non basterebbe sospendere i farmaci? Se il suo è un caso di accanimento terapeutico lo è in virtù di una terapia. Non so cosa dicano i protocolli medici, ma a me proprio non va di classificare l’alimentazione e l’idratazione come terapie, anche quando possono avvenire solo in modalità assistita. E non voglio essere costretto a chiederlo a un medico: anch’io ho il vizio di bere e di mangiare, mi ritengo esperto a sufficienza in materia.

Domanda 2
La corte di appello contro la sentenza di primo grado, e poi la corte costituzionale contro la cassazione, hanno stabilito che il padre sta cercando di rispettare la volontà che la figlia avrebbe espresso quando stava bene. La Consulta ha anche detto che Eluana ha sempre dimostrato “una straordinaria tensione verso la libertà“, e che sicuramente avrebbe giudicato una vita come quella che sta conducendo non degna di essere vissuta. Sì. Quando stava bene. È tutto lì il problema. Ma mettiamo che Eluana non avesse dimostrato questa grandissima tensione alla libertà (che poi non so bene che significa: se fosse stata una taciturna e non esuberante che stava sempre buona e non dava mai fastidio a nessuno avremmo pensato che lo stato vegetativo non l’avrebbe disturbata?): la decisione sarebbe stata diversa? La libertà si manifesta dall’interno delle condizioni in cui siamo. Se no è solo teorica. Nessuno può dire quale sarebbe ora la volontà di Eluana. Nessuno, neanche chi la conosce da sempre. È un mistero di fronte al quale bisognerebbe imparare a stare. E non è una questione religiosa, o meglio, è una questione religiosa non in quanto attinente a una fede ma in quanto attinente all’esistenza umana, perché il rapporto con il mistero è un fatto esistenziale. La domanda dunque è: chi vuole imparare a stare di fronte al mistero? Che è come dire: chi vuole imparare a stare davvero al mondo?

Domanda 3
Per quanto sia possibile, voglio bene a Eluana. Tutti vogliamo bene alla sua immagine di ragazza giovane e sorridente che suo padre, giustamente, vuole che prevalga sulla sua immagine attuale. Ma non tutti, mi pare, hanno resistito alla tentazione di convogliare questa emozione, questo affetto nella lotta a un avversario che è tutto nella loro testa. Quando Eluana qualche settimana fa ha avuto quell’emorragia che ha rischiato di ucciderla (e tra l’altro: all’emorragia ha reagito il suo corpo o ha reagito lei? C’è qualcuno che ha in mano una risposta certa a questa domanda, una prova sperimentale che certifichi che un corpo così debilitato e così staccato dalla volontà di vivere, come pretendono in troppi, sia capace di sconfiggere una crisi come quella e ripararne i danni?) ho letto cose orribili. Molti hanno detto: resisti Eluana, non dargliela vinta a chi vuole una tua morte naturale, a chi vuole vederti soffrire a tutti i costi. La domanda è: siamo così meschini e infantili da misurarci soltanto sul “chi vuole davvero bene a Eluana”, come se ci fosse un criterio oggettivo per stabilirlo? Siamo così aridi da additare chi reagisce diversamente da noi come nemico di Eluana? Siamo così accecati dall’ideologia da non sentire che Eluana in questo momento non ha nemici, ma ha soltanto intorno tanta gente più impaurita e sbigottita di lei, perché tutti sappiamo che la sua immagine è quella della nostra fottuta paura di trovarci nella stessa situazione? Di fronte a Eluana non c’è padre e non c’è amico, non c’è magistrato e non c’è cardinale, non c’è attivista pro eutanasia e non c’è medico maniaco di accanimento terapeutico che possa pretendere di possedere il significato della sua vicenda.

Ecco qui, questo è quanto mi frulla in testa.
Aggiungo che di tutti i post che ho letto ho trovato utile e ho gradito in particolare quello del pensatore.

13 Novembre 2008

L’arca sharing di Noé

Filed under: il consumatore non consumato — alessandro @

petcar genova car sharingChi ricorda i quattro pilastri di cui avevo parlato quasi un anno fa, all’inizio della mia esperienza con il car sharing genovese? Una di queste regole aveva fatto particolarmente discutere, ed era il divieto di portare animali nelle vetture del servizio.
Ora non so se i responsabili di Genova Car Sharing sono capitati per caso su questo blog. Penso di no. Però mi fa ugualmente piacere sapere che hanno adottato una delle soluzioni venute fuori da quella discussione. Da ieri nel parcheggio di piazza Bandiera è in servizio la Pet Car, una grande punto sulla quale si possono trasportare animali domestici. Come avevamo immaginato, con l’aumento progressivo del parco macchine e degli abbonati una parte delle vetture comincia ad essere messa a disposizione anche per questa esigenza.

12 Novembre 2008

Un distorsore che userò

Filed under: parole, non fatti,semiminime — alessandro @

distorsoreDetta ora da Bersani a Otto e mezzo:

“Non sono un pessimista, sono un ottimista molto preoccupato”.

Mi piace :-)
Potrebbe essere buona anche: “Non sono un ottimista, sono un pessimista molto incosciente”.
A ben vedere, sono proprio i concetti di ottimista e pessimista che non mi sono mai piaciuti. Quindi vedo di buon occhio tutte le distorsioni che possono servire a forzarli, finché il senso originale sembrerà talmente scontato da diventare inservibile.

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