Cronachesorprese

25 Aprile 2009

Per fare un nick ci vuole un fiore

Filed under: il viandante digitale — alessandro @

Tu ti stai tatuando, dice F.
Che mi sembra una bella definizione della tracciabilità estrema di chi si getta a cuore aperto nel gorgo del social networking.
Bella perché esprime bene la paura di F. e di tanti altri. Ma inappropriata.

Se c’é un modo per rendere irriducibile e inalienabile il cuore (il cuore dell’esperienza di ognuno), è farlo esprimere. Insomma noi siamo, almeno io mi sento, in una sfida. C’è una rivoluzione mediatica in atto e un campo enorme in cui la persona c’è, se vuole.
Più il mio cuore si esprime e si racconta, più costruisce a partire dal suo codice genetico, meno è tracciabile, alienabile, plagiabile.

Quale è l’alternativa? L’autoriduzione, la rinuncia alle potenzialità espressive. Non è fantastico? Il social networking è metafora di quanto accade nella società a tutti i livelli.

Mi segno questo intanto: che siamo ben oltre il dilemma tra apocalittici e integrati. La tecnologia non definisce più molto della sfida futura. Occorre capire che l’espressione di sé anche come descrizione di sè non è più un vezzo da narcisi esibizionisti, è quasi una necessità popolare.

Ma è una sfida, non un bisogno indotto. Questo si deve capire. Internet è lo strumento definitivo del marketing. Io non aspetto, agisco. Occupo il campo: voi pensate di definire le mie azioni in quel campo solo in base alle vostre esigenze di tracciabilità, ma io faccio molto di più. Ci metto tutto me stesso, cioè quella totalità della persona che è sempre il miglior termine dialettico con cui le strategie di marketing devono trattare. Creo relazioni, che le strategie scioccamente tratteranno come sovrastruttura, forse in parte usandole ma non comprendendone la vera natura; e saranno quindi incapaci di riprodurle.

Che poi il marketing non è il diavolo, intendiamoci. Anzi il marketing che verrà sarà molto meglio di quello che ci stiamo lasciando alle spallle. Più è potente, meno ha bisogno di sparare nel mucchio e di produrre effetti collaterali di stupidità

Ad ogni modo lo dico proprio a F. e a chi ha davvero paura: per individuare un target nel deserto basta un punto. Se attorno al target faccio crescere una foresta…

30 Dicembre 2008

Psicotribuno

Filed under: il viandante digitale — alessandro @

Beppe Grillo continua a collezionare figuracce, e i grillini continuano a non accorgersene. Il link al post non lo metto perché non se lo merita, vi rimando alla spiegazione di Matteo Moro e a tutti gli altri commenti.

Grillo non usa internet, Grillo è un parassita della rete. Uno che disprezza il senso e la natura della rete e la piega a strumento di consenso plebiscitario, concentrato sulla sua persona. Grillo può dire ciò che vuole, può accusare Google Italia di una ridicola “censura morbida” senza mai essere ripreso da nessuno dei suoi adepti. Cosa c’è di buono in questo? Niente.

Basta una blanda e approssimativa conoscenza di internet per capire, o almeno ipotizzare, che la mancanza della stringa di ricerca “beppe grillo” nelle proposte automatiche di google suggest non può essere una censura. O almeno: prima di ipotizzare una censura attiva bisogna considerare qualche elemento in più, fare delle verifiche incrociate, magari chiedere in giro, visto che internet è piena di punti di vista interessanti su tutto, e in particolare sui meccanismi stessi della rete. Ma, per l’appunto, Grillo con la rete non c’azzecca, come direbbe il suo amico Di Pietro. A Grillo non interessa capire come funziona internet e usarla di conseguenza, a Grillo interessa il consenso, e basta. Da questo punto di vista non è molto diverso da quello che lui chiama con disprezzo lo psiconano. E non è un caso, perché entrambi sono stati protagonisti della televisione negli anni ottanta.

Ora sono curioso di vedere se lo psicotribuno avrà il coraggio di usare questa bufala in uno dei suoi prossimi comizi. Secondo me, per come è fatto, potrebbe strafottersene dello sbufalamento e gridare alla censura da parte di Google anche dalle piazze. Come sappiamo bene dalla degenerazione del costume politico, la sensazione di impunità è una cattiva consigliera.

21 Dicembre 2008

Dove va Youtube

Filed under: il viandante digitale — alessandro @

Esperimenti interessanti come l’orchestra sinfonica di Youtube, con promotori entusiasti e illustri come il compositore cinese Tan Dun, rischiano di essere non coraggiose sperimentazioni, ma soltanto tentativi nobili senza seguito.

I video prodotti dagli utenti di Youtube non sono abbastanza attraenti per gli sponsor. Youtube fatica a trovare un modello di business che gli garantisca redditività senza ricorrere agli accordi commerciali con le major. D’altra parte le stesse major non sono contente, perché dagli accordi non guadagnano abbastanza: non quanto sono abituate a guadagnare. Quindi la Warner ritira i suoi video da Youtube per mancanza di un accordo con Google. Per il momento: poi li rimetterà, perché l’assenza dalla piattaforma di video sharing più usata al mondo vuol dire solo perdere soldi senza possibilità di recuperarli in altro modo. Non sono abbastanza? Ma sono meglio di niente. Troveranno un accordo.

Stando così le cose, mi chiedo se in futuro la possibilità di pubblicare video su Youtube continuerà ad essere libera e gratuita. Se gli sponsor non riconoscono sufficiente valore ai contenuti originali degli utenti si corre il rischio di avere nel giro di pochi anni un guazzabuglio di roba concessa a malincuore dai produttori (quindi promo, canzoni tagliate, materiale d’archivio poco appetibile) e altri contenuti prodotti dagli utenti per promuovere se stessi o qualche loro attività, cose di interesse prevalentemente locale, a pagamento. Non è una prospettiva entusiasmante.

L’unica via d’uscita è un modello diverso: dare libertà agli utenti di pubblicare materiale teoricamente coperto da diritti, quindi registrato dalle televisioni, da supporti digitali vari o anche ripreso dal vivo direttamente dall’utente. Permetterlo esplicitamente, intendo, non con l’attuale escamotage del disclaimer che manleva youtube da eventuali violazioni del copyright da parte degli utenti. I produttori potrebbero accontentarsi di compensi forfettari, riconoscendo in parte il valore promozionale del materiale, e Youtube potrebbe incentivare l’aspetto creativo e interattivo del lavoro dell’utente, le potenzialità di community intorno a contenuti che interessano a tutti, anche agli sponsor.

Però non so. Io penso che in cinque o dieci anni lo scenario potrebbe cambiare sensibilimente. E lo spero anche, naturalmente. Potrebbero cambiare le abitudini di ricerca degli utenti. Per ora sono dettate ancora dal predominio della televisione generalista. Ma la lunga stagione della tv generalista è ormai al tramonto. Proviamo a pensare: cosa cercheranno i target di riferimento più importanti per gli sponsor della rete (gli adolescenti e gli under 30 principalmente, ma a quel punto anche gli under 40)? Se la grande disponibilità di accesso ai contenuti che hanno ora si tradurrà in una maggiore varietà e specializzazione delle loro ricerche forse gli sponsor dovranno rivedere qualcosa, e di conseguenza il modello di business attorno a Youtube e a servizi simili potrebbe cambiare.

25 Novembre 2008

Youtube s’allarga

Filed under: il viandante digitale — alessandro @

Youtube ha allargato i video.

Mi sono sempre chiesto perché, nella pagina web di un servizio di video sharing, lo spazio dedicato alla visualizzazione fosse così piccolo in proporzione al resto. Oltre alle ovvie considerazioni sulla necessità della bassa risoluzione (per esigenze tecniche e di eventuali problemi di copyright che, anche se esclusi a parole dalla policy, non mancano mai) mi sono sempre dato questa risposta: in Youtube non è la qualità del video che conta, ma la quantità di informazione che il video veicola, richiama e genera. Veicola: le informazioni contenute nel video. Richiama: le informazioni che il video richiama per analogia, per ricordo, per associazione a precedenti esperienze di fruizione. Genera: le informazioni generate dalla fruizione nel web, dalla sua condivisione, dal suo passaggio virale da navigatore a navigatore, dalla libera e creativa associazione di quel contenuto con altri contenuti nella rete.

Naturalmente tutto ciò continua a essere vero: non sarà l’attribuzione di qualche pixel in più ai video a cambiare questa situazione. Ma Youtube da una parte viene incontro alle molte richieste, da un’altra parte vuole diminuire lo scarto tra la qualità del materiale inviato e la qualità della versione pubblicata. E vuole incoraggiare la vera produzione, più che il taglia incolla: “to better reflect the quality of the videos you create “.

16 Novembre 2008

Cento amici su Facebook

Filed under: cronache,il viandante digitale,Weekly Facebook — alessandro @

Proprio nei giorni in cui nei blog si fa un gran parlare di Facebook, ho trovato il centesimo amico. Mi sono iscritto da poco più di due mesi, quindi sono andato finora a una media di cinquanta amici al mese (naturalmente diminuirà con il tempo).

Inutile negarlo: Facebook cambia almeno un po’ il modo di stare su internet. In meglio, se si limita l’aspetto autoreferenziale del servizio: e per chi usa internet da tanto tempo non è difficile. Facebook dimostra di essere molto utile per avere una visione d’insieme delle nostre relazioni e per aiutare a coltivarle un po’ meglio a dispetto del poco tempo e della lontananza. Si potrebbe pensare che la posta elettronica dovrebbe assolvere questa funzione. Ma non è così, perché la posta non è fatta per tenere una “vista” sulla rete di conoscenze, ma per comunicazioni da uno a uno o da uno a gruppi definiti. Sottolineo l’aspetto economico di Facebook: se aggiorno lo stato o aggiungo una foto sarà disponibile immediatamente a tutti i miei cento amici e non dovrò sbattermi a mandarla cento volte per mail (cosa che ovviamente non farei mai). Naturalmente i critici preferiscono evidenziare l’aspetto narcisistico dell’operazione, io dico invece che è un modo bello e discreto di rimanere presenti alle persone a cui teniamo. Non sostituisce la presenza, ma tiene oliato un rapporto e lo facilita.

Anche una webmail evoluta come Gmail, grazie alla quale ormai quattro anni fa sono riuscito a organizzare in maniera definitiva una marea di contatti e a semplificare e velocizzare la manutenzione della posta, non arriva a questo grado di complessità, e direi che non è il suo compito. È vero che Google si è conquistata sul campo e con merito ampie porzioni del mio tempo sul web: la posta, i feed, l’instant messaging, la consultazione delle news e naturalmente le ricerche. Gli aspetti in cui finora non è riuscita a catturarmi sono quelli attraverso i quali dico “io” sulla rete: il blog e ora Facebook. Può arrivare al massimo a offrirmi una my home page, e me la offre (io non l’ho mai usata, però), ma ormai è chiaro a tutti che la profilazione fatta da un’organizzazione come Google o Yahoo, per quanto utile ed evoluta, non riesce a innescare quel meccanismo di identificazione in base al quale il navigatore arriva a dire: questo sono io su internet. Facebook e le piattaforme di blogging, invece, ci riescono. E trovo abbastanza significativo che Google non sia riuscita a ovviare a questo limite neanche con l’acquisizione di blogger.com.

Facebook è riuscita dove finora molti, se non tutti, hanno fallito: sta convincendo i refrattari alla comunicazione online. Non credo che stia tirando proprio dentro chi è ancora fuori, ma sta persuadendo chi già usa la rete e non ha mai creduto o ha sempre guardato con sufficienza la comunicazione su internet finalizzata ai rapporti personali. Per i “nativi” di Facebook invece, cioé per chi comincia a usare internet proprio grazie a FB, esiste il rischio descritto da Mantellini di un diaframma con il resto della rete. Se FB è un tassello della mia identità in rete, è una gran cosa; se è tutta la mia presenza in rete o quasi, è meno interessante.

Visto che sono arrivato a cento viene comoda qualche statistica, perché i numeri reali corrispondono alle percentuali. Per il momento i miei “amici” si possono dividere nei seguenti gruppi, individuati in base all’occasione di conoscenza.

Lavoro: 32%
Internet: 25%
Scuola, Università e formazione in generale: 17%
Varie conoscenze: 15%
Famiglia: 7%
Vacanze: 4%

Come curiosità segnalo due conoscenze puramente virtuali (cioè dei cento amici attuali due sole persone non ho mai visto in real life), una celebrità (Sergio Caputo, con cui ho parlato una volta e che è amico di un mio amico) e un gatto :-)

ps per chi usa wordpress: avete dei plugin interessanti da segnalare per schiaffare qualcosa di facebook sul blog?

Aggiornamento quasi immediato
Appena pubblicato questo post mi accorgo che Tambu fa riflessioni che vanno nella stessa direzione di “economicità” di facebook nei rapporti umani. Sì, umani e non virtuali :-)

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