Cronachesorprese

20 Ottobre 2006

Beata innocenza

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Intervista a Francesco Mondadori, figlio di Leonardo Mondadori, su Anna numero 42:

Poco prima di morire tuo padre, laico da sempre, ha avuto un profondo ripensamento religioso. Ha anche scritto un libro, "Conversione", con Vittorio Messori. Come hai vissuto quel periodo?

Ero un ragazzino, non ne capivo un granché. Mi diceva: "sono stanco di questo mondo del jet set". E io gli rispondevo, preoccupato: "Vuol dire che non andiamo più a new York"?

19 Ottobre 2006

“Nell’attuale contesto umano e culturale”

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Conferenza stampa, assessore in ritardo. Mi avvicino a un crocchio di giornalisti in attesa e colgo l’ultimo lembo di una conversazione. I corsivi che seguono sono ciò che penso mentre guardo e ascolto, con la faccia più neutra e paciosa possibile, in perfetto Tettamanzi’s new line style.

"E insomma, che cristiani e musulmani si scannino tra di loro, così noi laici forse potremo finalmente stare in pace!"
Mi compiaccio. Chi ti ha dato una penna in mano a te, Kappler o Göring?
"Ah, beh, noi laici – ribatte la collega, con una mano occupata da una telecamerina montata su un treppiede – qui in Italia siamo proprio messi male."
Essì, si vede.
"Io sono credente, intendiamoci…"
…ma stavi giusto per convertirti al narcisismo, come dice Woody Allen nell’ultimo film?
"…però per me lo Stato… dev’essere laico!"
Perché mi guardi ammiccante? Io non mi schiodo dalla faccia zen, non ti illudere.
"Non si deve esprimere su fecondazione assistita e cose simili… Insomma, lo Stato non deve aderire a un credo morale!"
Quindi neanche a questa cazzata, mi auguro.
"E insomma, dovrebbe essere così per tutti!"
No, è inutile che continui a guardare dalla mia parte, non annuisco, non sorrido e non ho intenzione di farlo neanche nei prossimi dieci secondi. Dieci secondi, a seconda delle circostanze, possono essere un’eternità. Ti conviene rivolgerti a qualcun altro.
"E invece c’è una soggezione verso la Chiesa che… in questi giorni tutti i giornali e i telegiornali a parlare e a scrivere del convegno di Verona, come se dovesse per forza essere importante anche per la politica italiana!"
Ma non pretenderai neanche che distolga lo sguardo. Non ti dò nessun appoggio, ma non scappo. Lo senti il peso delle parole? Lo senti che non vogliono essere riprodotte a caso, soltanto perché le senti ripetere in giro, ma chiedono una responsabilità personale? Pensaci.
"Son tutti lì, capisci, Prodi, Berlusconi… tutti a pendere dalle labbra del Papa. E allora mi chiedo: siamo in un paese libero, o a sovranità limitata?"
Chiediti piuttosto perché qui non ti si fila neanche di striscio.
"La Chiesa in Italia… ha un potere e un’influenza enormi!"
E meno male. Viste le alternative brillanti…
"E insomma non so, voglio dire… Oh, è arrivato! Assessooreee!"
E la telecamera s’inclina lungo il corridoio dorato, e va a fare il suo laicissimo dovere, con la sua inutile protesi redazionale ben ancorata al treppiede.

Così mi è arrivata, verso l’ora di pranzo, la prima eco stonata del discorso di Ratzie a Verona. Un grande discorso, as usual. Magari se ne riparla fuori dai microfoni.

18 Ottobre 2006

Gli alieni sono verdi

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Pur rimanendo della mia idea riguardo alla pubblicità dai link nel testo, prendo atto che non tutti combinano i disastri di edintorni.
Un servizio che dimostra maggiore esperienza e maggiore rispetto della specificità del web è Intellitxt di Vibrantmedia, che non a caso è scelto da un sito di qualità come Zeusnews.

Anche Intellitxt, che aderisce all’IAB (Interactive advertising bureau), usa la doppia sottolineatura, e l’alt text dedicato allo sponsor. Ma intanto usa un colore verde, quindi non interferisce con gli standard W3C, o meglio non sempre: se al messaggio pubblicitario si sovrappone un link inserito dal redattore, vince il blu standard dei collegamenti ipertestuali. E questo sembrerebbe un problema da risolvere, almeno dal mio punto di vista. Altro elemento positivo è che si evita la ridondanza del messaggio nella barra destra.
Ma soprattutto la scelta di collegare determinate parole o frasi a un approfondimento pubblicitario appare sempre abbastanza pertinente all’argomento trattato nel testo. Forse, più che la tecnologia, aiuta il fatto che la pubblicità veicolata da Zeusnews è già in partenza abbastanza specialistica. Mi riservo quindi ulteriori considerazioni, anche di segno opposto, qualora dovessi verificare un comportamento diverso della stessa tecnologia su un altro sito.

Insomma, l’interferenza con il contenuto è quasi limitata a un piccolo fastidio. Intellitxt proclama però il totale automatismo del servizio e non dà dunque possibilità di correggere manualmente ai sottoscrittori eventuali forzature dell’associazione keyword – advertising, e questo può essere un limite.

17 Ottobre 2006

Trova l’aggettivo

Filed under: chiedici le parole — cronachesorprese @

Quando ho qualificato con un certo aggettivo l’aggressione alla Moratti e a suo padre in occasione del oorteo del 25 aprile ho ricevuto delle critiche. Non nei commenti, ma a voce, e anche indiretti: le cose che si dicono o si scrivono alludendo, con ironia malcelata, a qualcosa, come se l’enormità l’avessi detta o fatta io.
Beh, ma allora questo episodio come lo vogliamo qualificare? Trovino i miei critici l’aggettivo adatto. Per me, se ha ancora senso usare quella parola, va usata proprio in occasioni come questa.

16 Ottobre 2006

La popolare apparenza del caso

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Chiamato in causa da Tambu in modo del tutto inopinato ma, devo dire, gratificante, dico la mia sulla questione "influente – popolare". Un blog può essere popolare ma non influente, dice Tambu: altro è poter vantare petabyte di banda occupata dagli accessi contemporanei, altro è occupare altrettanta banda neuronale (e perché no, passionale) dei navigatori.

Credo che Tambu abbia ragione e che sia un errore tentare di assimilare la rilevanza, problema tipico di un motore di ricerca che deve presentare contenuti il più vicino possibile alla richiesta dell’utente, con la capacità attrattiva, problema tipico di un servizio web, sia un sito, un blog o altro. Sono due grandezze affatto diverse, e mi sembra una forzatura usare il criterio guida che definisce la metrica di una come valido anche per l’altra. Il ragionamento di Google è: se un sito ha tanti link in entrata vuol dire che è tenuto molto in considerazione dai navigatori, vuol dire che è autorevole o che in qualche modo risponde a un loro bisogno meglio di altri. La link popularity secondo Google non è altro che questo: è un dato di fatto indiscutibile, che nulla dice sulla rappresentatività della risorsa web in senso lato. Le classifiche di Technorati e di altri, invece, tendono a conferire un valore sociologico ai risultati della loro attività di ranking, ma il criterio ispiratore è lo stesso che usa google, magari con qualche aggiustamento. Ma allora non ha senso parlare di influenza. Perché se ne parla? Perché, presentando i blog prevalentemente opinioni e weltanschauung, si ritiene doveroso indicare i nodi più frequentati al navigatore medio, che si presuppone disorientato dalla coralità poco sinfonica della blogosfera, dal pullulare di proposte e punti di vista di una varietà quasi allucinogena.

Ma è davvero utile? Davvero è l’approccio più interessante a questo universo? Non lo so. Ci devo pensare, ma a naso risponderei di no. Non so se rientro nella media, ma non penso alla blogosfera come a un insieme di antenne tra le quali dovrei individuare la raiuno o la canalecinque della situazione. Certo, ci sono dei blog che leggo più volentieri e che considero molto autorevoli. Ma ci sono arrivato un po’ per caso un po’ seguendo amicizie e suggestioni del tutto personali, e se mi chiedessero quali sono i cinque o sei blog che ritengo più autorevoli degli altri, so che non potrei formulare una risposta soddisfacente. La blogosfera è un prisma, un aleph, e mi interessa per questo, per la possibilità di creare miriadi di combinazioni e percorsi diversi, come nella vita reale. Sono abbastanza convinto che, come nella vita reale, la popolarità e l’influenza di un blogger, in senso sociologico e non tecnico, sia in gran parte casuale. O abbia almeno quell’affascinante apparenza di caso che non vorrei mai mettere tra parentesi, come non vorrei farlo per un incontro pieno di significato.

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