Cronachesorprese

16 Luglio 2013

Contro l’opiniofobia

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Gli italiani sono capaci di imbambolarsi e accapigliarsi per quattro giorni sull’ultima uscita razzista di Calderoli ma pochi si allarmano per una legge che sta per essere discussa in Parlamento e che rischia di reintrodurre il reato di opinione. Senza nulla togliere alla causa del razzismo la legge sull’omofobia in questo momento mi sembra molto più pericolosa. Leggete il comunicato dell’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan, che parla senza mezzi termini di “ideologia oppressiva e violenta”. E firmate l’appello della Bussola Quotidiana. Una volta almeno c’era la Binetti, ora dobbiamo difenderci da soli :-)

7 Giugno 2013

Che genere di educazione

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Seguo con sempre maggiore interesse (e un pizzico di invidia) la protesta francese contro la legge Taubira. Una protesta che dura e che cresce da gennaio e che sta definendo obiettivi e metodo delle future proteste contro provvedimenti analoghi in Europa e nel mondo. Il movimento della Manif pour tous sta dando prova di maturità, creatività, non violenza e sta costringendo il Governo Hollande a risposte da regime. Non se lo aspettava, Monsieur le Président: aveva creduto davvero allo scenario di progressismo dorato e senza conflitti che gli avevano dipinto la stampa e gli intellettuali quando gli tiravano la volata verso l’Eliseo; aveva creduto soprattutto che la maggioranza ottenuta alle elezioni lo mettesse a vento da reazioni apprezzabili. E invece si è ritrovato contro la più grande manifestazione di popolo mai aggregatasi finora su questi temi. Neanche Zapatero in Spagna aveva dovuto fronteggiare un’opposizione cosi compatta, eterogenea e agguerrita.

La prima sconfitta per Hollande è la natura stessa del movimento: solo una censura maldestra può definirlo “bigotto”, come qualcuno ha imprudentemente tentato di fare all’inizio. Nella manif c’è di tutto. I cattolici naturalmente ci sono, ma ci sono anche non credenti di diversa estrazione e, soprattutto, ci sono molti omosessuali che in Francia hanno riconosciute le unioni civili dal 1999 e, se sono liberi da schemi ideologici, sentono il bisogno in questo momento di difendere il diritto (questo sì un vero diritto di tutti) ad avere un padre e una madre.

La legge è stata approvata e va avanti, ma in questi giorni c’è stato un primo ripensamento che si può considerare una piccola vittoria per la Manif: è stato ritirato un emendamento che imponeva alle scuole di primo grado di assicurare “le condizioni di un’educazione all’uguaglianza di genere”. Una questione molto delicata: l’emendamento avrebbe imposto a tutte le scuole, comprese quelle che in Italia chiameremmo paritarie, di conformare i programmi di insegnamento alle assai discutibili acquisizioni della cosiddetta teoria del gender. I comportamenti sessuali non sarebbero un dato di natura derivante dalla differenza sessuale ma sarebbero indotti dalla cultura e dall’educazione. Quindi niente più maschi e femmine nelle parole degli insegnanti e nei libri di testo, niente più riferimenti alla mamma e al papà ma soltanto parole e situazioni neutrali, nessuna allusione possibile alla diversità di ruoli e di comportamenti sulla base della differenza sessuale. Un delirio. Un delirio ideologico che una legge in Francia sta tentando di spacciare come acquisizione pedagogica indiscussa e definitiva.

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La rivendicazioni di presunti diritti negati si trasforma presto in sopruso. Per consentire il matrimonio agli omosessuali si nega già a livello lessicale e semantico la differenza tra marito e moglie. In Francia non si può più scrivere in atti ufficiali dell’amministrazione marito e moglie, madre e padre, ma coniuge 1 e coniuge 2, genitore 1 e genitore 2. È evidente che non è possibile estendere il matrimonio agli omosessuali senza scassare l’istituto del matrimonio. L’esperienza francese sta diventando preziosa: stiamo vedendo tutte le contraddizioni e i limiti di un’ideologia che finora non ha trovato molta resistenza. Il vero campo di battaglia è quello dell’educazione: lì si gioca la libertà dell’individuo e delle famiglie contro le pretese di uno stato che ha deciso di tornare ad essere un po’ totalitario.

17 Dicembre 2012

Te lo dò io l’Uganda

Filed under: Il postulante de-genere,ratzie stories — alessandro @

Onestamente: sono molto deluso, per il momento, da @Pontifex. Dopo sette tweet nei primi due giorni non si è più fatto sentire. Speravo almeno nell’Angelus domenicale: niente. Un grave errore. Posso permettermelo io di aprire un account twitter e non usarlo per mesi, non certo lui. Spero che si riprenda.

Non credo tuttavia agli esultanti detrattori di #faiunadomandaalpapa che sostengono che ci sia stato un ripensamento dopo il profluvio di baggianate scaricate dai twittatori anticattolici sull’hashtag. Semplicemente il Ratzie-staff non sta facendo un buon uso dello strumento. Mi dispiace molto, davvero ci speravo (e ci spero ancora, sia chiaro). Non ci vuole tanto: basta un tweet al giorno, andiamo. Giusto non seguire nessuno, giusto non perdersi nelle conversazioni: certo uno staff ben strutturato potrebbe anche pensare di fare un po’ di selezione delle domande più interessanti, ma non è fondamentale. Un tweet al giorno invece dovrebbe esserci sempre. Alla domenica, poi, all’Angelus… occasione persa, per ora.

Delusione a parte, siamo in pieno panico morale per l’anticipazione del messaggio in occasione della prossima Giornata Mondiale della Pace, come al solito spezzettato e vivisezionato per darlo in pasto al moralismo progressista; panico aggravato dalla concomitante “benedizione” della delegazione di parlamentari ugandesi guidata da Rebecca Kadaga, uno dei due “Speaker”, cioé Portavoce (forse Presidente) dell’organo legislativo dello stato africano. Non sono esperto di politica ugandese ma direi che codesta Rebecca ha un ruolo istituzionale di primo piano. Non esiste quindi alcun motivo per negarle l’accesso all’udienza del mercoledì. Anzi, sarebbe probabilmente uno sgarbo: il Papa è anche un Capo di Stato, forse qualcuno lo dimentica.

In Uganda si discute da anni del famigerato Anti-Homosexuality Bill, una proposta di legge che introdurrebbe, se approvata, pesanti restrizioni alla libertà personale degli omosessuali e punizioni che in alcuni casi possono arrivare alla pena capitale. Il papa dunque viene criticato per questo. O meglio, viene insultato da due giorni con una violenza incredibile. Molte delle domande twittate e ritwittate a @Pontifex dicevano senza mezzi termini che il papa vuole “uccidere” i gay. Che dire.

La prima obiezione logica è che accettare la visita di una delegazione diplomatica non vuol dire approvare tutto quello che chi fa parte di quella delegazione fa o ha in mente di fare. Però finché si rimane a questo livello si può dire che è vero, però per ragioni di opportunità, che poi si sa questi si rivendono la foto sorridente con il Papa… Insomma rimane il pretesto per continuare a foraggiare la calunnia: il Vaticano non protesta, quindi approva le politiche contro i diritti umani quando sono a danno degli omosessuali.

Ma le obiezioni logiche sembrano ormai noiose e curiali. Siamo cattivi, vogliamo togliere alla gente semplice e onesta il piacere di insultare il Vaticano. Finché c’è il clamore tutti a urlare e insultare, poi quando arrivano le ovvie spiegazioni si dimentica tutto in fretta, così alla prossima occasione si potrà tornare a inveire facendo finta che non sia successo niente. Queste polemiche sono un po’ come dei flash mob, insomma. Si inseguono e si rinnovano negli anni, ogni volta diverse, ogni volta uguali. Quattro anni fa esplose il caso della presunta opposizione del Vaticano alla proposta francese alle Nazioni Unite sulla depenalizzazione dell’omosessualità. La polemica di questo fine settimana è figlia di quella del 2008. Per chi ha memoria e non cerca pretesti per calunniare è facile collegare i due casi e capire che sono figli dello stesso equivoco.

Nel 2009, intanto, la proposta di legge ugandese faceva già discutere. Il rappresentante vaticano all’Onu, Philip Bene, la condannava senza mezzi termini. Fu per le reazioni molto negative a livello mondiale, compresa quella della Chiesa, che l’anti homosexual bill non ebbe vita facile e ancora oggi non è stato approvato. Se verrà approvato nei prossimi giorni, come sembra, non contemplerà più la possibilità della pena di morte. Basterebbe questo piccolo particolare, stranamente omesso in molte ricostruzioni, a vanificare il presunto endorsement di Ratzie ai boia in salsa africana. Peccato però, vengono meno le battute più a effetto. Siamo cattivi noi catto-logici, sì, molto cattivi e noiosi.

E poiché lo siamo fino in fondo, dobbiamo deludere anche tutti quelli che si esercitano da due giorni in calembour divertenti sulle parole del messaggio per la giornata della pace. La frase sulla quale si sono appuntate tutte le critiche dice:

una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace

Che cosa ferisce giustizia e pace? A giudicare dalla quasi totalità delle sintesi giornalistiche si direbbe “l’omosessualità”. Invece è la negazione e il fraintendimento dei principi, quelli che Ratzie indica come fondamentali non solo per il cristiano ma per una ragione ben condotta. Tra le cause non dirette ma indirette, direi remote della “ferita alla giustizia e alla pace” c’è anche (non solo) l’equiparazione del matrimonio a “forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”. Chiaro? E’ l’equiparazione la ferita, non l’omosessualità in sé. Quindi tutte le facili ironie sulle “ferite” varie sono, appunto, troppo facili.

24 Settembre 2012

Quante famiglie per il bravo scrittore?

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Maurizio Maggiani sul Secolo XIX di ieri ha pagato il suo periodico tributo all’aria che tira con un editorialone su uno dei temi consigliati dallo spirito del tempo per dar prova di aggiornamento: “i gay non sono diversi”. Sconvolgente, eh? Scopo del gioco in questo genere di fervorini domenicali è, come sempre, trovare qualche spunto più o meno arguto per rinfrancare chi vuole sentirsi dalla parte del mondo che avanza, che cambia, che traguarda nuovi orizzonti e marcare la diversità antropologica con “gli altri”. I veri diversi. Cattolici e cattivi in genere, che allitterano così bene tra di loro.

Mi spiace essere così acido, ma mi sono rotto di finire periodicamente dietro la lavagna di Maggiani e di quelli come lui. E l’articolo di ieri da questo punto di vista è straordinariamente irritante. Comincia abbastanza bene, ma il poco zucchero che indora la pillola si squaglia presto. Lo scrittore fa finta di mettersi un momento lui stesso dietro la lavagna, ravvisando in una sua automatica attenzione a certi fatti i sintomi di un pregiudizio culturale:

…sono portato a ritenere naturale non ciò che appartiene alla natura, ma ciò che il mio sguardo è abituato a ritenere tale…

Condivisibile. Io, che sono molto catt(ivo) e vorrei essere più degno di chiamarmi catt(olico) ritengo nella mia indegnità di aver fatto un certo lavoro su di me per distinguere ciò che è naturale da ciò che mi è familiare. Uno work in progress che probabilmente è ben lontano dall’essere concluso, ma che ritengo sia ben avviato e in piena attività. Strano, perché continuando a seguire il Maggiani-pensiero dovrei essere irrimediabilmente fermo al palo:

La gerarchia ecclesiastica cattolica – non i cattolici, i quali andrebbero interpellati uno per uno essendo proprietari ciascuno di una coscienza individuale – la gerarchia dunque e gli ambienti politici ad essa legati, oltre a chi appartiene alla tradizionale cultura fascista, si oppongono al riconoscimento legale delle famiglie omossessuali, e ancor più alla possibilità di una prole, sostenendo che l’unica forma di famiglia che va riconosciuta e sostenuta sia la “famiglia naturale”, citata anche dalla costituzione della repubblica.

Accidenti. Maurizio, vieni qui a interpellare la mia coscienza individuale. Sono catt(olico). Non faccio parte della gerarchia. Non sono un politico, e quindi non faccio parte di un ambiente politico ad essa legato. Eppure mi oppongo, sono contrario… non al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, ma alla loro equiparazione alle famiglie fondate su un’unione eterosessuale.

Sorvoliamo (anzi no) sull’offensivo accostamento tra cattolici e altri che vengono dalla “tradizione fascista” che condividerebbero questa posizione. Prima diversità passata gentilmente allo schiacciasassi dal fine scrittore che, forse per certi automatismi dovuti al suo imprinting (poverino) non se ne avvede. Certo un po’ questo passaggio mi irrita, e se parliamo di tradizione si potrebbe ribattere facilmente ricordando come certa “tradizione di sinistra” abbia trattato, storicamente, gli omosessuali (fare il nome di Pasolini è scontato, ma per ribattere a un luogo comune basta e avanza). Si sono ravveduti? Mah, tutto da dimostrare. Soprattutto se l’analisi parte, come vuole il bravo scrittore, non dalle posizioni dichiarate ma dal peso concreto dei pregiudizi nei comportamenti individuali.
Rimane il tentativo, per quel che mi riguarda fallito, di separare la gerarchia dal popolo. Non perché lo dice la gerarchia ma perché lo dice la mia coscienza, Maggiani: io quell’equiparazione non la voglio. Rispetterò eventuali nuove leggi che vadano in senso contrario, ma non per questo cambierò idea. E non solo: non la potrei mai ritenere, in coscienza, un’acquisizione definitiva e irreversibile. Ti è chiaro? Andiamo avanti.

Cosa significa “famiglia naturale”? Quella formata da un maschio, una femmina e dalla loro prole? E chi lo dice?

Lo dice un’evidenza che un potere ostile al popolo vuole educarci a dimenticare; un potere di cui tu, Maggiani, ti fai propagandista compiacente, anche se non so quanto consapevole. Prova a considerare un attimo questo aspetto, mettiti nei panni di altri visto che chiedi di fare lo stesso: da decenni mi ripetono cose contrarie all’evidenza e vogliono che mi stiano bene per forza. Mi ripetono che l’embrione e il feto fino a tre o quattro mesi non sono vita umana mentre è evidente che lo sono. Mi ripetono che una persona in stato vegetativo, che respira da sola senza aiuto di macchinari, è “morta”, in totale spregio non solo all’evidenza empirica ma anche alla coerenza logica. Mi ripetono anche che una coppia formata da un uomo e da una donna è uguale a una coppia formata da due uomini o da due donne. E che non c’è un rapporto originario tra la società umana e la famiglia eterosessuale, cioé la famiglia nella quale naturalmente e in via ordinaria in tutte le culture del mondo i figli nascono, crescono e vengono educati. Vedi Maggiani, forse non ti è chiaro questo: io posso discutere di tutto, e storicamente ho sempre messo tutto in discussione, modulando la mia opinione sulla opportunità di regolare per legge materie eticamente sensibili come queste, e non sempre in sintonia con la gerarchia. Ma se per cominciare la discussione vuoi costringermi ad andare contro l’evidenza io non ti seguo. Neanche morto. Neanche vegetale. E forse non ti è chiaro che non è per ignoranza o per retaggio culturale che molti (non tutti, eh. ma molti di più di quelli che pensi, ti assicuro) non saranno mai d’accordo con i tuoi paternalistici editoriali, ma proprio perché vorresti che per amore del tuo bello stile abbandonassero la bella evidenza. Cosa c’entra l’essere italiani o svizzeri, l’essere cattolici o taoisti, l’essere fascisti o comunisti con la naturale ripugnanza a tradire l’evidenza? Niente, assolutamente niente. Andiamo avanti.

Intanto cosa significa naturale? Forse qualcosa che si perde nella notte dei tempi e che precede ogni forma di sovrastruttura culturale?

E con questo passaggio l’opinionista dallo stile accattivante è già caduto in una fallacia rudimentale, che indubbiamente impressiona ancora qualcuno ma che è di una debolezza e di una genericità imbarazzanti. Certo che no Maggiani, certo che no. Deve dirtelo il più negletto dei blogger che naturale non vuol dire primordiale? Sei impelagato nel mito del buon selvaggio e vuoi far credere che siano gli altri a fare questo errore. Andiamo, non ci credo che tu creda a ragionamenti così approssimativi. Naturale per l’uomo è tutto ciò che la natura umana esprime come sua caratteristica essenziale, e tra queste caratteristiche c’è il dimorfismo sessuale, l’essere maschio e femmina capaci di generare figli. Il legame tra questo e la nascita di qualunque società umana (in qualsiasi modo decida poi di organizzarsi, in forma tribale patriarcale matriarcale o chissà cos’altro, non ha alcuna importanza) è necessario. Necessario. E posso discuterne quanto vuoi, ma voglio, pretendo che la mia posizione (cioé la posizione di chi ritiene che oggi come in qualsiasi tempo riconoscere questo legame originario sia linfa vitale per una società e per uno stato) sia riconosciuta come posizione ragionevole, non da superare come un relitto della storia. Accade, naturalmente (e nessuno lo mette in discussione, non io almeno), che si formino coppie e convivenze che non si basano sulla essenziale (cioé propria necessariamente della natura umana) differenza sessuale? Bene. Ma non voglio che siano equiparate alle coppie eterosessuali per la ragione sopra esposta. Ora cosa c’entra che

quella famiglia, quella dei nostri progenitori, uomini lupi per gli uomini, per quel che se ne sa era formata da un maschio dominante, alcuni maschi gregari, regolarmente brutalizzati dal dominante, un numero variabile di femmine in età fertile e la prole che non soccombeva al dominio aggressivo del capofamiglia

? Ancora una volta niente, assolutamente niente. Un esempio che serve soltanto ad associare la mia ragionevole e civile posizione all’immagine del cavernicolo tanto “nature” ma anche un po’ tonto, che non capisce le finezze della società liquida. No. La mia posizione è la stessa dei nostri padri costituenti, che non erano distratti come dici tu, ed è stata distillata nel tempo tra civiltà e culture diverse e messa alla prova dalla storia; ha tutte le carte in regola per ispirare da qui all’eternità impegno sociale, civile e politico; in ogni caso pretende dignità dialettica, ora e sempre. Non ve ne libererete mai. Ma andiamo avanti.

Ma se vogliamo introdurre un po’ di civiltà nella naturalità, è forse quella del saggio Salomone la famiglia tipica, un maschio, settecento mogli e trecento concubine? E se consideriamo, come dobbiamo, altre società oltre la nostra, cosa c’è di innaturale nella famiglia matrilineare assai diffusa nelle antiche civiltà asiatiche, generalmente composta da una matriarca, le giovani madri sue discendenti, la prole finché non verrà separata per sesso in età pubere, e nessun maschio adulto residente?

Altra fallacia. Qui il bravo scrittore confonde il nucleo essenziale e originario della società (quel passaggio che non può mancare) con la sua organizzazione, con la sua manifestazione “macrosociale”, per così dire. Ma volendo seguirlo nel suo ragionamento gli chiederei: ma dunque, Maurizio, tu vuoi dire che il matrimonio omosessuale è solo la prima battaglia di una grande guerra? Una volta vinta questa prima piccola battaglia ti batterai per i diritti delle discendenze matrilineari, per le unioni poligamiche, per le comuni “senza padri e senza madri” (cit. Gaber), per qualsiasi forma di convivenza voglia trovare cittadinanza nell’occidente aperto e plurale passando per qualsiasi tradizione di qualsiasi popolo o (difficile a quel punto mettere dei semafori) per la fantasia di qualsiasi geniale nuovo Salomone? Pensaci, e fammi sapere una di queste domeniche, ci conto.

Post al post: sulla questione delle adozioni ho già scritto qualche anno fa.

27 Luglio 2012

Amicus Plato?

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Questa è veramente grossa. Apprendo da Antonio Socci che Umberto Galimberti dalle autorevoli (…) pagine di D di Repubblica arruola Platone tra gli antichi che lottavano contro i pregiudizi sull’omosessualità.
I siti che riportano le obiezioni di Socci parlano giustamente di “gaffe” di Galimberti. Come non essere d’accordo? Basta una preparazione media da maturità liceale per rendersi conto dello svarione. Basta aver letto bene il Simposio, non occorre una laurea o un credito da filosofo alla moda.
Galimberti cita inoltre la tesi controversa di John Boswell sulla presunta omosessualità di Sant’Anselmo d’Aosta come se fosse un dato acquisito e riconosciuto da tutti.

Queste forzature sono parte dello spirito del tempo. Saranno lette e riconosciute come tali tra qualche decennio, sempre che qualcuno abbia voglia un giorno di studiare il nostro momento storico da questo punto di vista. Ora “deve” passare in qualche modo nell’opinione pubblica la tesi che l’essere contrari al riconoscimento giuridico del matrimonio omosessuale dipenda solo dall’ignoranza. Gli attivisti non vogliono il confronto su questo tema: vogliono soltanto illustrare in che modo l’opinione di chi non la pensa come loro è riconducibile a una qualche forma di ignoranza o di paura. Non accettano che qualcuno possa avere buone ragioni contrarie, non vogliono considerare che se le possa essere formate liberamente. Non deve più essere permesso a nessuno pensare che essere contrari al matrimonio omosessuale possa dipendere da una onesta ricerca del bene comune. Perfettibile come tutte le ricerche, ma adulta e consapevole.

La mistica progressista non ammette deroghe: quando “giunge il momento” tutto ciò che prima di quel momento è andato in direzione contraria al nuovo ordine da instaurare è solo un disvalore, e deve essere descritto, studiato, narrato come tale. E per farlo fuori tutto è permesso, a cominciare dal tradimento dei fatti e delle idee.

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