Cronachesorprese

10 Aprile 2014

Amore provetto

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

“Se questa è la regola, allora i genitori, il padre e la madre, non servono più: servono l’ovocita e lo spermatozoo. Poi servono degli incubatori. Vi piace un mondo così? A me fa cagare un mondo così!”.

Grazie Marione (ieri alla Zanzara a tenere testa a quei mestatori di Cruciani e Parenzo, primi venti minuti). Seppure con qualche riserva su alcuni punti riconosco che in questo momento sei la voce migliore per evidenziare tutta l’assurdità, la disumanità, l’eclissi di buon senso che fa paesaggio in questo momento storico. È il momento in cui è necessario gridare, e tu lo fai bene, con naturalezza, con il giusto spirito polemico e senza acrimonia.
(Non sei solo: c’è anche quell’angelo di Costanza, che Dio la benedica).

L’amore ai tempi del colera eterologo. La parola amore è usata come intercalare retorico per sponsorizzare egoismi assortiti. Fa veramente schifo, fa veramente “cagare” questo “amore” lanciato contro i più deboli, contro i figli che non possono più essere sicuri, venendo al mondo, di avere quello che una lineare, non opinabile, rigorosa fisiologia della riproduzione ha sempre provveduto loro: un padre maschio e una madre femmina; riconoscibili e rintracciabili a meno di incidenti. No, ora è l’incidente, più del figlio, ad essere tutelato dalla legge. Ma lo chiamano strenua volontà di amare contro ogni ostacolo.

Non è amore, è tecnocrazia. Non è libertà di amare, è rifiuto della realtà. Nessuno ha diritto a usare la parola “amore” se non segue, non contempla, non “adora” la realtà. Da cosa prende l’amore la sua assolutezza, la sua irriducibilità, la sua sacralità? Da questa contemplazione incondizionata. È La realtà che insegna l’amore, non il pensiero, non l’immaginarsi tutto quello che si può fare perché certo, la tecnica aumenta enormemente le possibilità, ma più avanza la tecnica più si fa spessa e pressante l’esigenza etica di dire no a una parte delle possibilità, perché c’è una realtà che viene prima, che dovrebbe fare legge e giurisprudenza senza riguardo a ogni fantasia sostitutiva, che è sempre, in un modo o in un altro, violenta.

Cos’altro deve dettare legge? I capricci di una coppia di uomini o di donne che hanno voglia di giocare alle bambole? O quelle di un uomo e una donna che non possono procreare e invece di adottare schiavizzano l’utero di un’altra donna in difficoltà economiche? Questa è la direzione che il mainstream chiama progresso, ho capito. Ma chi si fa strumento di questo dilagare della tecnica nell’umano, di questa zootecnia applicata alle persone, abbia almeno la decenza di non riempirsi la bocca con la parola amore, o con sentenze altisonanti come “la mia libertà finisce dove comincia la libertà dell’altro”, perché l’unica libertà da tutelare in questo caso, quella del bambino, l’ha già calpestata.

12 Marzo 2014

Adinolfi contro i miti della nuova morale

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Sto seguendo con interesse il lancio social di Voglio la mamma, il libro di Mario Adinolfi sui temi etici di maggiore attualità. I venti punti che propone sono punti da tenere fermi, da non dimenticare nel confronto sempre più serrato con posizioni ideologiche che stanno prendendo per stanchezza chi non ha la formazione, o anche solo la saldezza umana per riconoscere l’evidenza e non farsela portare via. Sono venti semplici questioni di ragione e di buon senso, le convinzioni religiose non c’entrano, si possono lasciare da parte. Anche se indubbiamente una buona formazione religiosa aiuta.

Adinolfi sta postando sulla pagina facebook dedicata l’intero contenuto del libro capitolo per capitolo. Ogni giorno fioccano i commenti e le discussioni. Ho partecipato, sto partecipando anch’io dribblando le provocazioni delle truppe cammellate omosessualiste che arrivano per guastare, puntuali come le zanzare in una sera d’estate. Ci sono attualmente due schiere che si muovono così sul web italiano: i grillini e i militanti omosessualisti. Usano la stessa strategia: invadono, denigrano, cercano di squalificare in tutti i modi la “fonte”, insomma interferiscono nel confronto civile puntando a buttarla in caciara dove invece sarebbe necessario, indispensabile confrontarsi concedendo a chi la pensa diversamente dignità di interlocutore.

A essere sinceri non sono molto contento di come si pongono alcuni che in teoria dovrebbero essere “dalla mia parte”. Ed è la valutazione di questo fattore, soprattutto, che mi frena dal dedicarmi di più a un dibattito che considero una battaglia di civiltà. Non voglio ingaggiarmi insieme a veri omofobi di varia estrazione. Il rischio di un’iniziativa come quella di Adinolfi, meritoria per molti aspetti, è questo. Sarà utile soltanto se riuscirà a non cadere nel gioco delle provocazioni reciproche. Le ragioni ci sono, bisogna farle venire fuori limpidamente e pacificamente come ha fatto la Manif pour tous in Francia, lasciando agli avversari l’esclusiva della denigrazione, dell’insulto, dell’argumentum ad hominem.

Non sono d’accordo su tutte le posizioni di Adinolfi. Ad esempio mette in dubbio in maniera un po’ confusa la letteratura scientifica uscita sulla cosiddetta omogenitorialità (che, dice giustamente Adinolfi, è “un mito”, perché a rigor di logica non esiste neanche una generica eterogenitorialità, esistono soltanto la maternità e la paternità concrete). Se qualche dubbio è legittimo averlo, per attaccare la serietà di pubblicazioni scientifiche bisogna avere fonti verificabili che il libro non propone. Un punto debole, e neanche necessario: l’opportunità dell’adozione per le coppie omosessuali non è un argomento da dirimere a suon di studi, e non bisognerebbe seguire la propaganda sul suo stesso terreno. Come ho spiegato più volte negli anni su questo blog, io non penso che una convivenza omosessuale stabile non sia in grado di prendersi una responsabilità educativa verso un minore. Accade, non così di frequente come vogliono le stime propagandistiche delle associazioni Lgbt, ma ovviamente accade che un figlio avuto in una precedente relazione eterosessuale si trovi a vivere con il padre o con la madre quando avviano una convivenza con una persona dello stesso sesso. E nessuno può dire che in queste circostanze il rapporto educativo sia destinato al fallimento: se ci fossero ragioni per dirlo con certezza occorrerebbe evitare che accada. Ma non è questo il punto: l’adozione “da zero” di un minore che non ha più i genitori deve essere orientata a ripristinare le condizioni di partenza. Tutti veniamo da un padre uomo e da una madre donna, e oltre a questa semplice constatazione la legge, a mio parere, non dovrebbe andare.

Adinolfi dunque in alcuni punti sbaglia “per eccesso”, e anche quando ha ragione (quasi sempre, a mio parere) sta volentieri sopra le righe. Del resto che sia un tipo un po’ “eccessivo” è evidente a tutti. Ma ammiro il coraggio e la decisione con cui si è buttato nella mischia. Per vendere un libro e ottenere visibilità, dicono naturalmente i detrattori. Si può dire del novanta per cento dei giornalisti che pubblicano libri, mi pare. E “Voglio la mamma” è già leggibile per intero a capitoli su facebook: per ora l’azione a favore del dibattito è maggiore di quella a favore delle vendite. Apprezzabile anche questo. Quindi vai Mario, non ti curar di loro.

Aggiornamento del 15 marzo

Forse questa è una delle fonti usate da Adinolfi per contestare la scientificità di alcuni studi. Le mie perplessità di metodo, comunque, rimangono.

13 Novembre 2013

La esposa ya casada

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Pare che in Spagna molti ritengano intollerabili i libri di Costanza Miriano, e che i parlamentari di forze diverse, al pari di organizzazioni femministe, si stiano dando da fare per proibire il suo libro, Sposati e sii sottomessa. Il libro in Spagna è uscito da poco, in Italia da due anni.

Non l’ho (ancora) letto ma ho seguito il dibattito che ha generato. Qualche punta polemica, ma niente di grave. In Spagna invece l’hanno preso subito storto. Un po’ perché l’editore è già mal visto dalla grande stampa liberal, un po’ perché tutti stanno seguendo la linea di alcune prime reazioni infondate che presentano il libro come uno sdoganamento della violenza sulle donne. Come avviene spesso in questi casi, i giornalisti si sono accodati alla prima interpretazione e, nonostante molti abbiano chiamato direttamente la Miriano per verificare, quasi nessuno (viene segnalata dall’autrice una sola eccezione, ma ce n’è anche un’altra) ha dato il giusto spazio alle sue spiegazioni. Perché spiegare significa smontare la polemica, e la polemica è funzionale a qualcosa.

Non so se il problema sia in Spagna. Temo che il clima, negli ultimi due anni, sia cambiato un po’ in tutta Europa e anche in Italia. Se il libro uscisse oggi farebbe molto più clamore anche qui. Ad ogni modo, lo confesso, anch’io trovo intollerabile una cosa in Costanza Miriano: che sia già sposata :-)

Aggiornamento del 15 novembre

Da leggere la nota di difesa del libro (e di autodifesa per quanto riguarda le accuse alla sua casa editrice) dell’Arcivescovo di Granada. Pastori che parlano con questa franca essenzialità sono, purtroppo, sempre più rari.

Aggiornamento del 25 novembre

Il ministro della sanità, Ana Mato, torna a chiedere di sospendere la pubblicazione del libro. Lo fa in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, cosa che rende ancora più demagogica e odiosa la richiesta. Si vuole mettere per forza al libro la targhetta dell’istigazione alla violenza di genere. Non un passo indietro davanti a questi ipocriti, Costanza.

23 Settembre 2013

Emendofobia e altre viltà

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

La polemica sul questionario “omofobo” che sarebbe stato somministrato sabato da un professore di religione in un liceo di Perugia si è già sgonfiata con le spiegazioni del professore, la reazione del preside e degli stessi studenti che hanno difeso il loro insegnante. Non vedo ancora ritrattazioni da parte dell’Arcigay, nonostante il violento attacco di ieri (con immancabile “denuncia all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni del Ministero per le Pari Opportunità”). Sembra un caso montato a orologeria in concomitanza del passaggio in Senato della legge sull’omofobia e in particolare di un subemendamento molto discusso. Sono metodi un po’ vigliacchi. La notizia costruita ad arte sarà già stata condivisa in lungo e in largo. Per come è stata confezionata non mi stupirei di vederla circolare ancora per anni secondo le dinamiche che ormai ben conosciamo.

Ma anche senza le spiegazioni già fornite io non avrei molti dubbi: finché la religione cattolica sarà materia nella scuola italiana non può essere impedito a un professore di esporre gli insegnamenti e i precetti morali della Chiesa. Certo, dipendesse da me i programmi sarebbero diversi e, come dice anche Papa Frankie nella bellissima intervista concessa a Civiltà Cattolica, non si dovrebbe insistere troppo su quei due o tre punti controversi della morale. Soprattutto a scuola. Non prima almeno di aver esposto, discusso e chiarito altre cose ben più importanti, in particolare le questioni principali di teologia fondamentale. Perché occorre combattere in qualche modo questa distorsione storica che porta molti a pensare al Cristianesimo come a un mero elenco di precetti da rispettare. Cosa se ne fa un ragazzo di 16 o 18 anni di una fede presentata così? Nulla.

In ogni caso non può essere impedito a un insegnante di fare il suo lavoro. Per la Chiesa il comportamento omosessuale è “disordinato”. Che questa affermazione sia omofoba o no fa parte del libero dibattito di idee. Ne discuto con chiunque ma nessuno deve permettersi di censurarla come inammissibile in base a una legge. Eppure la polemica montata ieri attorno alla scuola di Perugia è chiaramente un tentativo in questa direzione. Si vuole fare pressione sull’opinione pubblica con questi mezzucci in vista dell’approvazione definitiva della legge. Non fatevi ingannare né dal caso di Perugia né dai prossimi che, ci scommetto, usciranno magicamente sui giornali nelle prossime settimane: la libertà in pericolo è soltanto quella garantita dall’articolo 21 della Costituzione.

C’è un po’ di fibrillazione anche perché per qualche politico sta arrivando la resa dei conti. Scalfarotto, omosessuale e relatore della legge, viene accusato più o meno apertamente di tradimento soltanto perché non si è opposto al subemendamento che tra l’altro non è neanche sufficiente per garantire la libertà di opinione. Eppure fioccano le petizioni per far credere che sarà una specie di salvacondotto per razzisti omofobi di varia estrazione che sono già perseguibili dalle leggi attuali, e naturalmente per equiparare la posizione della Chiesa cattolica a quella di chi giustifica e pratica la violenza nei confronti degli omosessuali. Chi avrà la meglio in Senato? Lo vedremo, ma se qualcuno vuole davvero introdurre un profilo di incostituzionalità nella nuova legge tanto peggio per la legge: non avrebbe vita lunga. E io non ne sentirei la mancanza, al pari delle reali vittime di discriminazione e violenza.

6 Agosto 2013

Nuovo Tommaso Moro cercasi

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Lo dico da tempi non sospetti, da sei anni almeno. È solo questione di tempo e il vero obiettivo delle lotte per certi cosiddetti diritti sarà sempre più evidente a tutti. Sarà come minimo smentito dai fatti uno degli argomenti principali dei sostenitori dell’equiparazione delle unioni omosessuali ai matrimoni: che sia solo un’estensione di diritti che non pregiudica i diritti di altri. Pretesa ingenua o menzogna fotonica? Per alcuni la prima per altri la seconda, in quali percentuali lo scopriremo solo vivendo. L’obiettivo è la mutazione genetica dell’idea stessa di famiglia, che non deve più essere pensata da nessuno così come la natura e la storia umana l’hanno stabilita e modellata in continuità nei millenni. Tutto deve essere cancellato in poche decine d’anni di “battaglie per i diritti” che sono soltanto prevaricazioni.

In Francia, abbiamo già visto, le parole marito e moglie, padre e madre stanno diventando fuorilegge. Nel Regno Unito un predicatore di strada è stato fermato perché esponeva pubblicamente le sue convinzioni religiose. È di pochi giorni fa, infine, la notizia che una coppia omosessuale e particolarmente facoltosa (le unioni omosessuali raccontate dai media sono tutte benestanti e di successo), la prima ad avvalersi della possibilità di adozione nel 1999, oggi con cinque figli e coccolata dalla stampa progressista come spot di happy family, ha deciso di citare in giudizio la Chiesa d’Inghilterra perché impedisce al gaio sodalizio di sposarsi con rito religioso. Ecco fatto, il cerchio si sta chiudendo.

La richiesta è tutt’altro che peregrina (anche se Cameron ha assicurato alle chiese anglicana e cattolica che la legge non produrrà forzature in questo senso) proprio per la particolarità del rapporto tra Chiesa e Stato nel Regno Unito. Se il capo della Chiesa è il Re per quale motivo un cittadino non potrebbe chiedere di riconoscere in chiesa ciò che lo stesso sovrano riconosce civilmente? Immagino che la legge nei secoli abbia regolato questo rapporto in modo da gestire nuovi potenziali e devastanti conflitti dopo lo scisma, ma la domanda della coppia è legittima almeno in linea di principio. E anche se non dovesse essere accolta va comunque bene per porre la questione e per “allineare” ancora un poco l’uomo della strada ai nuovi dogmi: tutti devono cominciare a pensare che sono davvero cattive le chiese che non permettono ai poveri omosessuali di fare le loro belle cerimonie nuziali con la mamma che piange e lo zio burlone che tira il riso. Sono troppo sarcastico? Mi attengo strettamente alle parole dei postulanti: quello che vogliono è una “grande sontuosa cerimonia”. Una cerimonia. Sono buoni cristiani, dicono. Da che parte sta il formalismo? Non chiedetelo a un pessimo cristiano come me, andrei veramente troppo oltre.

Sulla Chiesa cattolica d’Inghilterra invece non dovrebbero essere possibili coercizioni, a meno che qualcuno non voglia rinverdire i fasti dell’epoca dei Tudor. Ma l’ingombrante fantasma di Enrico VIII aleggia comunque in queste vicende. Lui voleva “soltanto” divorziare: e quindi ha spaccato tutto. La coppia omosessuale addirittura vuole “soltanto” sposarsi in chiesa, e che male ci sarà mai. Non possono farlo? E allora si sentono in diritto di pretenderlo dalla legge. Che è un modo di imporre la propria “fede” forse meno cruento della mannaia toccata a Tommaso Moro e al Cardinale Fisher, ma altrettanto distruttivo per la libertà religiosa.

« Pagina precedentePagina successiva »

Powered by WordPress. Theme by H P Nadig