Esperimenti interessanti come l’orchestra sinfonica di Youtube, con promotori entusiasti e illustri come il compositore cinese Tan Dun, rischiano di essere non coraggiose sperimentazioni, ma soltanto tentativi nobili senza seguito.
I video prodotti dagli utenti di Youtube non sono abbastanza attraenti per gli sponsor. Youtube fatica a trovare un modello di business che gli garantisca redditività senza ricorrere agli accordi commerciali con le major. D’altra parte le stesse major non sono contente, perché dagli accordi non guadagnano abbastanza: non quanto sono abituate a guadagnare. Quindi la Warner ritira i suoi video da Youtube per mancanza di un accordo con Google. Per il momento: poi li rimetterà, perché l’assenza dalla piattaforma di video sharing più usata al mondo vuol dire solo perdere soldi senza possibilità di recuperarli in altro modo. Non sono abbastanza? Ma sono meglio di niente. Troveranno un accordo.
Stando così le cose, mi chiedo se in futuro la possibilità di pubblicare video su Youtube continuerà ad essere libera e gratuita. Se gli sponsor non riconoscono sufficiente valore ai contenuti originali degli utenti si corre il rischio di avere nel giro di pochi anni un guazzabuglio di roba concessa a malincuore dai produttori (quindi promo, canzoni tagliate, materiale d’archivio poco appetibile) e altri contenuti prodotti dagli utenti per promuovere se stessi o qualche loro attività, cose di interesse prevalentemente locale, a pagamento. Non è una prospettiva entusiasmante.
L’unica via d’uscita è un modello diverso: dare libertà agli utenti di pubblicare materiale teoricamente coperto da diritti, quindi registrato dalle televisioni, da supporti digitali vari o anche ripreso dal vivo direttamente dall’utente. Permetterlo esplicitamente, intendo, non con l’attuale escamotage del disclaimer che manleva youtube da eventuali violazioni del copyright da parte degli utenti. I produttori potrebbero accontentarsi di compensi forfettari, riconoscendo in parte il valore promozionale del materiale, e Youtube potrebbe incentivare l’aspetto creativo e interattivo del lavoro dell’utente, le potenzialità di community intorno a contenuti che interessano a tutti, anche agli sponsor.
Però non so. Io penso che in cinque o dieci anni lo scenario potrebbe cambiare sensibilimente. E lo spero anche, naturalmente. Potrebbero cambiare le abitudini di ricerca degli utenti. Per ora sono dettate ancora dal predominio della televisione generalista. Ma la lunga stagione della tv generalista è ormai al tramonto. Proviamo a pensare: cosa cercheranno i target di riferimento più importanti per gli sponsor della rete (gli adolescenti e gli under 30 principalmente, ma a quel punto anche gli under 40)? Se la grande disponibilità di accesso ai contenuti che hanno ora si tradurrà in una maggiore varietà e specializzazione delle loro ricerche forse gli sponsor dovranno rivedere qualcosa, e di conseguenza il modello di business attorno a Youtube e a servizi simili potrebbe cambiare.