Sarà che sono il solito democristo impenitente nonché ingenuo per scelta, ma sbaglio o forse ci sta una via di mezzo tra chiudere un detenuto (anche per mafia o terrorismo) in una specie di loculo di due metri per due, senza mai fargli vedere luce naturale, senza concedergli neanche un libro da leggere e senza farlo parlare mai con nessuno per mesi, e accogliere con ovazioni istituzionali la sua richiesta irricevibile di abolire il 41 bis (e non solo per lui, che non gli basta, ma per tutti, capimafia compresi)?
Il 41 bis per essere applicato prevede l’isolamento, non l’annichilimento. D’altra parte se c’è una cosa che ha funzionato e che i mafiosi temono davvero, oltre ai pentiti, è proprio quel tipo di detenzione. Ancora: lo sciopero della fame è certo una scelta del detenuto e non può essere imputata allo Stato, però nel momento in cui un detenuto mette a rischio la sua vita in quel modo lo Stato ha il dovere di cercare di impedirlo (esattamente come deve cercare di impedire i tentativi di suicidio in altri modi), anche allentando la durezza delle condizioni carcerarie, almeno temporaneamente.
Il Governo si chiama fuori e dice che deve decidere la Giustizia.
La Giustizia procede con un’interpretazione molto severa della norma, come se la norma non lasciasse altra possibilità, e come se il carcere potesse essere a volte qualcosa di diverso da ciò che dice l’articolo 27 della Costituzione.
I manifestanti invece di chiedere clemenza difendono l’indifendibile, come se tutto ciò che ha fatto Cospito fosse buono e giusto e lo Stato fosse l’incarnazione di ogni male.
I parlamentari si concedono uno dei più imbarazzanti dibattiti degli ultimi anni e danno l’idea di non saper più neanche distinguere la politica dalla strumentalizzazione.
“Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”.
1 Febbraio 2023
Isolamenti
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