Cronachesorprese

1 Settembre 2008

Con il cuore in mano

Filed under: cronache — alessandro @

La notizia l’hanno ripresa in tanti, e non a caso, perché questo è un esempio di buona comunicazione e divulgazione. E non solo: questo è molto di più di un consiglio per tenere d’occhio la propria salute. È un invito ad ascoltarsi e dunque ad ascoltare.

Può darsi che questi cardiologi a convegno stiano dando consigli interessati: perché magari una moltitudine di soggetti a rischio, non ancora attualmente cardiopatici, scopriranno con orrore di avere ben più di 70 battiti al minuto e correranno da un cardiologo che gli prescriverà la tale cura con la tale costosissima medicina. Sì è vero, questo non si può escludere e bisogna sempre stare attenti alle risultanze degli studi di esperti che guadagnano l’attenzione dei media generalisti.

Però intanto l’invito è semplice e potente. Ascoltare il proprio cuore, dedicare almeno un minuto al giorno ad ascoltarne i battiti, escludendo tutto il resto. Contando, certo, ma il contare è meccanico e va facilmente in background. In un certo senso si inverte l’ordine della vita solita: noi contiamo, misuriamo qualsiasi cosa, dai soldi al tempo al vario daffare applicando a ogni aspetto dell’esperienza l’adeguata unità di misura; e non importa, in questa conta diversificata e incessante, quanto e come stanno lavorando il cuore e tutto il resto a garantirci quella concentrazione che non é detto sia salutare. Qui occorre mettere la misura in background e concentrarsi a sentire le pulsazioni. Cosa ha da dire il cuore. Che non è una complicata alchimia sentimentale, che passa sempre dalla testa anche se la retorica della maggioranza lo nega. Ciò che ha da dire il cuore, prima di qualsiasi altra cosa, è soltanto come sta il cuore. La velocità a cui sta andando, che è la fatica che sta facendo, che è l’energia che sta spendendo. Una misura che soltanto chi ha quel cuore può associare immediatamente e sicuramente a ciò che gli sta succedendo.

Ascoltarsi davvero il cuore significa ascoltare qualcosa di altro da sé, e il cuore, anche nella sua fisiologia, lo mostra apertamente: è l’unico muscolo striato e involontario, se non ricordo male. È striato come tutti i muscoli che devono fare un grande lavoro, e penso che in tutto il corpo non ci sia un muscolo che lavora di più; ma è anche involontario perché non può certo permettersi di delegare al pensiero la sua attività. Si può dire quindi che al cuore della vita sta qualcosa che non dipende da tutto ciò verso cui la vita, normalmente, orienta la sua progettualità e la sua attenzione; e che la condizione della libera volontà umana sia un’azione involontaria che la mente non riesce a condizionare. Come se fosse, appunto, qualcosa di altro da sé. Non dipende dalla nostra volontà e quindi ha sempre qualcosa da dirci.

Passo la quasi totalità del mio tempo presumendo che sia il pensiero a garantirmi il contatto con me stesso. Quando mi ammalo accade che sono costretto a considerare che il pensiero non è tutto, e che il cogito ergo sum è una delle più grandi mistificazioni che la cultura moderna ci abbia mai rifilato. Questi cardiologi ci stanno suggerendo che potremmo accorgercene anche da sani. Il loro semplice consiglio è quasi roba da yogin o da maestri spirituali. Non è attitudine diffusa, tra i medici occidentali, quella di aiutare il paziente a familiarizzare con i segni del proprio corpo, che devono soltanto essere ceduti in appalto con l’anamnesi.

Accolgo dunque con piacere l’invito a riprendermi il cuore, perché mi sembra davvero un buon inizio, e sarei contento che fosse davvero solo un inizio. E giuro che lo accolgo non come il presuntuoso che vuole fare a meno del medico o come l’ipocondriaco che ad ogni misura del polso correrà dal medico.

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