Cosa stavo facendo? Niente di particolare, ero al lavoro. La mia fidanzata dell’epoca invece quel giorno era a casa: è stata lei a chiamarmi dopo aver sentito la notizia su Radio Capital.
Di lì a dieci minuti è cominciato il viavai dei colleghi che portavano frammenti di notizie assurde sul numero delle vittime e sull’area interessata al disastro. Io ho cercato subito di collegarmi al sito di Repubblica, ma l’home page non rispondeva e ancora non c’erano molti altri siti che davano informazioni tempestive. Ho cominciato a guardare sui newsgroup italiani, ma il risultato non era molto diverso da quello delle voci che mi arrivavano in ufficio.
Quando finalmente sono riuscito a collegarmi a Repubblica e ho visto le prime foto ho pensato quello che hanno pensato in molti, che fosse una guerra. Ma una guerra all’inizio? No.
Non saprei dire in realtà quanto la notizia mi ha stupito. Tutto il 2001 è stato un taglio netto con il passato. Era terribile vedere le torri che crollavano, ma io meno di due mesi prima avevo visto la mia città sconvolta dalle prove di guerriglia e di repressione durante il G8. E avevo passato tutta l’estate portandomi dentro quella ferita, rimuginandoci su, chiedendomi come avrei potuto essere io, nelle scelte da fare, nel pensare alla mia vita, nelle parti da prendere, nella verità da cercare. Prima del G8, prima che succedesse tutto quel casino, avevo litigato a male parole con un amico: ci sentivamo invasi entrambi da quell’evento imminente ma reagivamo in maniera diversa, invece di aiutarci a guardarlo senza farci travolgere. Ero stato male, perché in quella discussione mi ero sentito come portare via, strappare alla mia individualità. Mi avevano già portato la guerra in casa e sotto pelle, queste due parti irragionevoli che si combattevano ognuna da dietro la trincea della loro irragionevolezza, e io che stavo in mezzo ero quello veramente ferito. Non quelli che ritenevano per qualche motivo fallace di aver ragione. Io, che osservavo con impotenza i miei amici, le persone che conoscevo, dividersi e litigare sul nulla, così inutilmente orgogliosi e affamati di foraggio per le loro interpretazioni.
L’11 settembre quegli aerei conficcati nelle torri gemelle erano, per me, una conferma e una rappresentazione molto spettacolare di quella ferita. Non una ferita diversa o più profonda.
ero andata a consegnare un lavoro di grafica, nello studio del mio “capo”.
è arrivato l’illustratore tutto sconvolto e diceva: hanno tirato giù una delle due torri gemelle.
abbiamo acceso la tv in tempo per vedere il crollo dell’altra.
siamo rimasti basiti.
io ho pensato che era una bella giornata, sembrava tutto normale e quasi perfetto, c’era il sole.
qualcuno ha detto che sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale.
io guardavo lo schermo e non capivo.
Comment di alga — 12 Settembre 2007 @
io ero in biblioteca, l’ho saputo la sera alle 8
Comment di FulviaLeopardi — 12 Settembre 2007 @
da pochi giorni avevo cominciato questo nuovo lavoro.
ero in ufficio.
una collega è entrata dicendo “hanno colpito le torri gemelle”
e io mi ricordo che subito non ho neppure capito di cosa si parlasse, poi la frenetica ricerca di notizie… un incidente forse, no le hanno colpite di nuovo, un attentato e la rete bloccata, i siti di informazione irraggiungibili.
e la gola chiusa, mi sembrava di aver ingoiato un limone intero.
Comment di lullaby — 12 Settembre 2007 @
fulvia: accidenti se eri concentrata :-)
Comment di alessandro — 12 Settembre 2007 @
Io stavo ascoltando allo radio Marco Baldini che faceva lo scemotto…. è diventato subito serioso
Comment di Richard Gekko — 12 Settembre 2007 @
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