Cronachesorprese

12 Ottobre 2006

TFR = Trovare Fondi Rapidamente?

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Come tutti sappiamo, di denaro non virtuale ne rimane poco in circolazione. Non so per gli altri con reddito paragonabile al mio, ma per me da qualche anno l’unico metodo efficace di accantonamento a lungo termine è il mutuo casa. Dal 1999 non sono riuscito a risparmiare in nessun altro modo, dal 2002 poi non ne parliamo. Le credit card sono ormai debit card e quasi tutte le spese che non riguardano la pura sopravvivenza si risolvono con finanziamenti di diversa entità e durata. Di denaro vero, almeno personalmente, ne maneggio poco.
A breve, però, dovrei ricevere una liquidazione che corrisponde a un accantonamento del mio Tfr di quasi sei anni, poiché dall’inizio di questo mese ho cambiato azienda. Non sarà molto, ma mi permetterà di tappullare, come si dice a Genova: cioé di mettere una pezza a diversi problemi la cui soluzione, negli ultimi tempi, ho dovuto rimandare.
Da pezzentissima ultima ruota del carro della popolazione cosiddetta produttiva, è per me motivo di grande stupore constatare che anche lo Stato sta ragionando più o meno allo stesso modo. Ho bisogno di liquidità per qualche tappullo ai conti, vado a prenderla in uno dei pochi posti dove si trova denaro vero, i tfr dei lavoratori. Con una piccola differenza: che è, appunto, dei lavoratori e non dello Stato. E, usando quei fondi, lo Stato non diminuisce il suo debito, lo aumenta. Con il risultato, che mi sembra disastroso in prospettiva, di degradare una riserva di denaro contante e sonante a una delle tante pietre filosofali con cui il mondo della finanza ammorba i conti e le tasche dei produttori e percettori di reddito. La riserva diventa pegno, pagherò, corrisponderò interessi, e via di seguito. Come lavoratore non mi basta la garanzia di ricevere comunque la liquidazione. Perché se passerà questa norma della finanziaria la mia azienda, quando andrò in pensione, sarà costretta ad anticipare i soldi per pagare la mia liquidazione: poi lo Stato li restituirà all’azienda.

Io capisco una semimazza di economia e non sono in grado di valutare se le spiegazioni che ha dato il ministro Padoa Schioppa a Confindustria siano sufficienti: confesso la mia ignoranza, se qualcuno è in grado di spiegarmi cosa significano le seguenti parole prese dall’intervista al ministro su Repubblica di oggi avrà la mia riconoscenza, una stretta di mano, insomma una gratificazione squisitamente morale perché ancora sto un po’ sulle spese: "La norma sul passaggio del 50% del tfr inoptato al fondo gestito dall’Inps riguarda solo il flusso, e ho sottolineato più volte la parola flusso, e non lo stock. Le imprese non subiranno aggravi di costo, ma semmai otterranno vantaggi. Per le più grandi, a fronte dei maggiori tassi pagati sui prestiti bancari rispetto alla remunerazione del tfr, lo Stato rimborserà differenziali superiori, e per le più piccole siamo pronti ad esaminare gli eventuali problemi di liquidità insieme al sistema bancario che già si è detto disponibile. Dunque, dov’è il problema?"

Non lo so dove sta il problema tecnico. Presumo però di sapere dove sta il problema di un’impostazione di politica economica che dalle esternazioni del ministro di questi giorni sembra fin troppo chiara. Padoa Schioppa, prima di cominciare a spiegare in un modo che solo i tecnici o almeno i ragionieri possono capire (e io sono un povero umanista, come tanti), ha sparato due o tre cannonate che invece capiscono tutti.
Prima, in parlamento: "non capisco che cos’hanno i ricchi da lamentarsi", più o meno testuale (per inciso, la settimana scorsa mi è capitato di raccontarlo a un gruppo di turisti americani di una certa età e di ottimo livello di istruzione, suscitando l’ilarità generale).
Poi ha detto che se le aziende fanno i capricci per il tfr vanno a finire a letto senza cena, più precisamente senza il taglio del cuneo fiscale.
Poi ha detto che le aziende devono ricordarsi che il tfr è soltanto prestato alle aziende e a ottime condizioni, ma che in realtà appartiene ai lavoratori.
Appunto. Questa idea che il tfr sarebbe per le aziende grasso che cola, mentre per lo stato sarebbe linfa vitale; e soprattutto questa strana equazione tra ciò che appartiene ai lavoratori e ciò che è a disposizione dello Stato, vi dirò, non è che mi fa stare tranquillo.  Allo stesso modo non mi piace che si dica alle aziende: "voi avete meno titolarità dello Stato a gestire risorse create direttamente dalla vostra attività produttiva". Senza arrivare agli eccessi berlusconiani, che non condivido, per me questa è una spia di una mentalità vagamente statalista (e posso anch’io sottolineare più volte la parola statalista). La riforma del ministro Maroni era su questo punto sostanzialmente diversa, e metteva di fatto in primo piano la scelta del lavoratore sulla destinazione del tfr.
Se posso scegliere, piuttosto che buttare i miei accantonamenti nella voragine dell’Inps preferirei farli gestire dalla mia azienda, che per quanto non sia un paradiso bene o male fa qualcosa di concreto per me, come tutte le aziende per tutti i lavoratori. Cosa potrà fare l’Inps di concreto per me e per i miei coetanei, francamente, non lo so.

2 Comments »

  1. bel post.

    Comment di utente anonimo — 13 Ottobre 2006 @

  2. appena scoperto grazie a tambu

    , complimenti, ottimo post.

    Comment di utente anonimo — 16 Ottobre 2006 @

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