Questa storia delle controversie sui simboli religiosi nelle scuole d’Europa comincia a preoccuparmi. Lo so che prima o poi anche in Italia a qualcuno verrà la brillante idea.
Io, che sono moderatamente favorevole a togliere i crocifissi dalle aule (ma non perché lo pretende Adel Smith, semplicemente perché non esistono più le condizioni perché il crocifisso possa essere considerato, nei luoghi pubblici, quello che anche di fatto è, e cioé affermazione di valori civili condivisibili e condivisi: mi limito ad arrendermi a un imbarbarimento, per non far patire al crocifisso troppi danni che non merita), non troverei accettabile ciò che è stato imposto in Francia e ora, da poco, anche in alcuni Lander tedeschi. E cioé impedire alle persone di ostentare simboli religiosi, siano croci o veli.
Io ingenuamente credevo che la scuola laica fosse quella che valorizza le differenze, non quella che le abolisce. Ma si sa, io sono terribilmente ingenuo, per scelta.
Certo che è davvero curioso che in nome della laicità si vada a limitare la libertà individuale. E non una presunta libertà, ma una libertà sostanziale, la libertà di pensiero e di opinione, la libertà di rendere manifesta la propria fede.
Non sarà facile in Italia, per fortuna. Ma a dire il vero non sembra facile neanche in Germania. Staremo a vedere, per il momento mi limito a constatare la grossolanità della comparazione tra velo e crocifisso. Il velo non è un simbolo religioso. È un’usanza che discende da appartenenze religiose, ma non è l’equivalente della croce. E i motivi per cui qualcuno può pensare legittimamente di vietare di indossarli a scuola non hanno nulla a che vedere con l’appartenenza religiosa, e in quanto tali, cioé come non discriminanti riguardo alla fede, dovrebbero essere spiegati e fatti accettare dai musulmani in Europa. Sono simili ai motivi che non permettono, come qualcuno pretendeva, di scattare le foto tessera per le carte di identità indossando veli o chador. Il velo indossato in classe, intendo quello che copre il viso, non quello che copre i soli capelli (ma in Francia vietano anche quello…) impedisce il confronto tra giovani della stessa età, quindi interferisce con le finalità stesse didattiche ed educative della scuola. E in quanto tale va vietato, non in quanto simbolo religioso.
Non è una distinzione difficile, ci può arrivare chiunque. Certo, se indossa il velo del pregiudizio antireligioso, che cerca qualsiasi pretesto per affermare una laicità poco laica e liberale, è un altro discorso. Speriamo bene. Io sono pronto a sfoggiare un bel crocifisso di due chili e mezzo al collo sul posto di lavoro, nel caso a qualche ministro prudessero le mani.
“Terribilmente ingenuo, per scelta”: il più bell’ossimoro della storia!
Comment di utente anonimo — 30 Agosto 2006 @
totalmente d’accordo :-)
anzi, ieri ne parlavo proprio con un mio amico: questa è una delle cose per cui non mi sono simpatici i francesi.
Comment di algaspirulina — 31 Agosto 2006 @
Anche nella Grecia classica, la culla della cultura occidentale, le ragazze nubili in età da marito andavano in giro velate…pensa te !
non un simbolo x tutti, ma ad ognuno il proprio, mi sembra decisamente sensato.
El Secretario
Comment di utente anonimo — 6 Settembre 2006 @
Non sono del tutto d’accordo con te – una volta tanto! – quando dici che sei moderatamente favorevole alla rimozione dei crocefissi dalle aule scolastiche. Per due motivi.
Primo, perché un conto è non mettere, un conto è togliere. Se un gruppo di occidentali andasse a colonizzare un’isola deserta, non troverei nulla di deplorevole se decidessero di non esporre il crocefisso. In effetti, si tratterebbe del simbolo di un passato che non li riguarda – per usare una felice espressione dell’allora cardinale Ratzinger. Ma per togliere una cosa che hanno messo lì le generazioni precedenti, non basta non avere più le ragioni che c’erano allora; mi sembra che occorra anche una certa dose di disprezzo iconoclasta. Se ogni generazione esponesse nelle aule scolastiche i simboli che meglio rappresentano l’epoca in cui vive, finiremmo presto tutti al liceo “Marilyn Monroe” di morettiana memoria.
Mi sembra invece più onesto cercare di approfondire i motivi per cui, in un passato remoto, qualcuno pensò di appendere la statua di un tizio sofferente nelle aule scolastiche. Onestamente, la teoria dei valori civili e condivisi non mi convince: mi sembra che per i cattolici rappresenti un modo un po’ patetico per farsi accettare – il cattolicesimo è buono perché produce cittadini buoni – e per i laici un modo per accreditarsi nei confronti di un certo pubblico di compagnucci della parrocchietta – noi siamo buoni, quindi se non votate per noi andate all’inferno. Insomma, a Cesare ciò che è di Dio, o a Dio ciò che e di Cesare. Se vogliamo veramente evocare valori condivisi, molto meglio mettere un busto di Socrate.
Ho capito qualcosa di più quando ho visitato i bassifondi di un antico comune medievale, dalle mie parti. Lì dove c’era il tribunale, sulla parete di fronte allo scranno del giudice rimaneva qualcosa dell’enorme affresco di una crocefissione, accompagnato dai frammenti di un’iscrizione latina. La guida ci ha spiegato il senso della scritta, che era in latino proprio perché diretta al giudice: ricordati che gli uomini sono tutti – te compreso – poveri peccatori, e che l’unico a poter rivendicare per sé il titolo di Giusto è stato condannato ad una morte iniqua da un tuo collega, in un’aula del tutto simile a questa. In questo modo, il crocefisso rappresenta un richiamo ironico, un monito al potere che sempre e dovunque tende a sacralizzarsi. In questo senso, un richiamo condivisibile anche da un anarco-insurrezionalista. Purtroppo, qualcosa deve essere andato storto, perché nei nostri tribunali il crocefisso sta sopra la testa del giudice, in modo che il giudice non lo veda e gli altri siano indotti a pensare che la giustizia venga amministrata in nome di Dio. Cosa che dovrebbe far accapponare la pelle, ai cattolici ancora prima che agli altri – e grazie di cuore al ministro Castelli che fece mettere nei tribunali la scritta per cui la legge non solo è uguale per tutti, ma è anche amministrata in nome del popolo.
Così mi è capitato di pensare ai miei poveri studenti, che mi ascoltano parlare ex cathedra e vedono sopra di me il crocefisso, come una specie di messaggio subliminale che fornisce un po’ di autorevolezza alle mie inefficaci parole. Invece vorrei vederlo in fondo alla classe, vederlo con la coda dell’occhio mentre mi avvicino minaccioso a Pierino che anche oggi è un po’ troppo allegro e fa il furbetto, anche oggi che sono un po’ nervoso di mio. Forse ricorderei che l’unico degno del titolo di Maestro non ha avuto un grande successo tra i suoi allievi, senza per questo alzare la voce e minacciare bocciature. Forse amerei un po’ di più il povero Pierino, passerei un po’ più di tempo con lui e un po’ meno a scambiare lamentazioni tra colleghi demotivati. Egregio signor Fioroni, se è in ascolto, questa è una richiesta ufficiale: non rimozione, ma spostamento sulla parete di fronte. Distinti saluti.
Searcher.
Comment di utente anonimo — 20 Settembre 2006 @
P.S.: dimenticavo. Sono in moderato disaccordo anche sulla tua proposta del crocefisso da 2,5 kg. Dal momento che notoriamente trovo insopportabile qualsiasi tipo di catenina, indipendentemente dal peso, opterei per una uniforme da crociato.
;-)
Searcher.
Comment di utente anonimo — 20 Settembre 2006 @
beh, ma lo sai, io sono terrone al 50% e quindi ho un debole per le catenazze che affiorano tra i peli dalle camicie aperte a metà :-))
dunque, quello che hai scritto è davvero bellissimo, ma per essere chiari io, parlando di valori civili condivisi, non intendevo la riduzione del cristianesimo a manuale per buoni cittadini: intendevo invece proprio quello che tu descrivi molto bene. è quello il valore civile condivisibile. che è stato sempre condiviso, fino ad appena due secoli fa.
“qualcosa deve essere andato storto”… sì, qualcosa è andato storto. rifletto da tanto tempo su quello che è andato storto. c’è qualcosa che impedisce di capire quello che un tempo era esperienza normale, alla portata di tutti, e cioé che il cristianesimo è radicalmente diverso da uno strumento del potere. anzi, è l’unica alternativa possibile e credibile al potere che tende, per sua natura, al totalitarismo. però temo che il crocifisso dietro la cattedra e non in fondo all’aula sia proprio una conseguenza di ciò che è andato storto. io talvolta provo il desiderio di toglierlo per aiutare chi non capisce a comprendere che quel segno non può essere piegato all’affermazione di un potere: e se c’è il rischio di questo fraintendimento, io posso anche pensare di rinunciare a quel simbolo in quel luogo, che pure ha una storia ormai lunga e significativa.
io credo che prima o poi il problema verrà posto con più forza. sono passati più di vent’anni dall’ultima modifica al concordato, e sono cambiate tante cose. quando il problema verrà posto, si riuscirà ad affrontarlo con saggezza? che significa, a mio parere, prendere in considerazione con ragionevolezza anche la possibilità che quel simbolo venga effettivamente tolto. e cercare di capire come impedire che il gesto assuma un significato iconoclasta.
mi correggo dunque: non sono moderatamente favorevole a togliere il crocifisso, sono moderatamente contrario a lasciarlo a qualsiasi costo. c’è un costo che non vorrei pagare, e sarebbe appunto il rafforzamento dell’infondata identificazione tra il crocifisso e un potere impositivo ed ex cathedra. la gente oggi fa fatica a capirlo, e io non sono ostile a chi non cede a scorciatoie ideologiche, voglio bene a chi vedo che fa onestamente questa fatica: se togliere il crocifisso dai luoghi pubblici può aiutare ad alleviare questa fatica, io non avrei esitazioni a toglierlo. ma non lo so: può darsi che sia vero il contrario. occorre pensarci.
Comment di cronachesorprese — 24 Settembre 2006 @