Cronachesorprese

15 Novembre 2005

Il lato oscurantista dello share

Filed under: forse cercavi — cronachesorprese @

… e io quando non riesco a vedere la seconda e ultima puntata di Sacco e Vanzetti perché l’hanno spostata da Canale Cinque a Retequattro perché la sera prima ha fatto meno del 30% di share… e non me ne accorgo in tempo perché mi sintonizzo sull’Ammiraglia del biscione e la tengo solo d’occhio in attesa che cominci il programma che mi interessa perché da bravo casalingo single ho tante cose da fare, e la televisione non la guardo mai come attività esclusiva, e nonostante striscia la notizia continui oltre i suoi orari consueti io non realizzo in tempo e quindi avverto subliminalmente che stanno continuando a parlare dell’isola dei famosi (e intanto un retropensiero mi dice: anche a striscia, ma possibile che i reality debbano essere l’unica cosa di cui si parla in televisione, voglio fare lo sciopero del reality e non sapere niente di niente di tutte queste bande di rincoglioniti, a costo di passare per quello che se la tira di non sapere nulla dei reality)…

…e quando finalmente realizzo penso che forse Sacco e Vanzetti sono finiti sulla sedia elettrica fondamentalmente perché non avevano uno share sufficientemente appetibile per gli inserzionisti dell’epoca…

…quando…

11 Novembre 2005

Scomodo net, punto.

Filed under: spider report — cronachesorprese @

Quando dico che Pasolini è scomodo, non lo dico così per dire. È scomodo anche per me. Forse qualcuno ha pensato, erroneamente, che io citassi Pasolini perché se la prende anche con quelli che mi stanno antipatici. No, io cito Pasolini perché è un punto di coscienza alto, che non va depotenziato attraverso i "ma lui che avrebbe detto". Pasolini significa che non possiamo più parlare del Potere, quello "cattivo", come se riguardasse solo un’istituzione, una persona, una parte politica. Chi lo fa, oggi, fa finta di niente. Il che non vuol dire che è sbagliato schierarsi: anche Pasolini era schierato. Si era schierato da una parte che, se a quel tempo fossi stato adulto, non sarebbe stata la mia, sicuramente. E anche se fosse vivo oggi probabilmente sarebbe schierato da una parte opposta alla mia. Ma questo non mi impedisce certo di parlarne, anzi. Da Pasolini in poi sappiamo che nessuna parte è immune. Ma sappiamo anche che nessuna parte è il male assoluto. Chi parla dell’avversario politico come del male assoluto, oggi, fa finta di niente. E dico "fa finta di niente" soltanto per non fare un’altra facile parafrasi del nostro, che mi imprrebbe di usare un aggettivo ben più pesante.  Quindi, generalmente, mi sembra che tutti continuino a far finta di niente. Di più, sappiamo (o meglio, ri-impariamo, poiché anche se molti fanno finta di niente le radici cristiane sono un patrimonio comune a tutti) che nessuna persona è immune. E in questo, sicuramente, la critica di Pasolini da sociologica e politica diventa qualcosa di più, e non può essere usata per confermare o corroborare un discorso sociologico e politico di una parte qualsiasi.

Lo spider report per oggi si ferma qui. Cominciando dall’home page, e non da dove fa comodo a me o ad altri, scorrendo con calma, ci sono gli spunti sufficienti per risentire la vera scomodità di quella voce. Come si può facilmente constatare, ce n’è per tutti. Ma proprio per tutti. Buone scomodità.

5 Novembre 2005

Italiamemoria.it

Filed under: spider report — cronachesorprese @

italiamemoria.itGiancarlo Governi è stato nientemeno che l’autore di Supergulp!, uno dei programmi televisivi più rivoluzionari degli anni 70, il primo a portare i cartoni animati in prima serata. E non i soliti cartoni animati tipo Warner Bros. Anzi a dire il vero non erano neanche cartoni animati. Erano fumetti. Strisce di fumetti messe davanti a una telecamera, con una voce che recitava le parole che si potevano anche leggere a video (uno dei primi programmi "accessibili", si direbbe oggi), un po’ di musica e qualche effetto sonoro. Fumetti, se non ricordo male, esclusivamente italiani: Alan Ford, Nick Carter e altri.
Un programma naif ma intelligente, coraggiosamente anticonformista, che è durato poco ma che tutti quelli che erano bambini in quegli anni si ricordano con affetto.

Quindi Giancarlo Governi è uno da prendere con le molle, con il rispetto che si deve a uno che sa come andare controcorrente. È quindi con grande rispetto e attenzione che ho curiosato nel suo sito (o meglio nel suo progetto di sito, in buona parte in costruzione ma che promette bene), Italiamemoria.it. In quattro sezioni (attori e registi, musicisti, sportivi, cartoonist) si trovano profili biografici, dati e opere di artisti che hanno lasciato una traccia nella memoria collettiva. È un buon criterio per raccontare: frammenti delle intuizioni di questi protagonisti condiscono il nostro linguaggio, il modo di parlare e immaginare, il modo di fare ironia. Anzi sono proprio forme di immaginazione e ironia, quindi strumenti di interpretazione della realtà, e non sempre ci rendiamo conto di quanto siamo loro debitori. Petrolini ad esempio, con il suo Fortunello del 1915, sta saldamente all’origine del filone demenziale dell’avanspettacolo e poi della canzone: a ben vedere il quel testo c’è la definizione della demenzialità ("sono un uom dei più cretini / sono Petrolini") e mi sembra che le analogie compositive con certi testi di Elio siano rimarchevoli.
Biografie e dati sono presentati aiutando a trovare questi "fili". C’è un buon equilibrio tra la pulizia del dato e il grado di approfondimento, che non è mai esagerato. Non è un progetto enciclopedico, è un progetto che sceglie e che difende con la cultura e la competenza degli autori le ragioni delle scelte.

4 Novembre 2005

PPP, la tragedia

Filed under: cronache — cronachesorprese @

"Osservavo un ragazzo operaio, a Carrara, durante un dibattito, che mi muoveva delle obiezioni radicali, familiari al movimento studentesco e ai piccoli gruppi a sinistra del PCI. Niente di nuovo: il tono predicatorio, il moralismo, il ricatto in nome della lotta come necessità dei giusti, l’accusa di tradimento, il linguaggio, tutto perfettamente prevedibile. Eppure… la sua voce, il suo corpo, il suo sesso – cose a cui non si pensa mai quando parla un borghese anche giovane – erano "dati" che restavano estranei al suo discorso e stavano sul suo discorso come presenze protettrici e propiziatrici… Egli usava la sua intelligenza e la sua cultura (forse di autodidatta per il quale gli argomenti nella nuova sinistra erano stati una rivelazione) ma gettava nella lotta anche il suo corpo: e questo corpo correggeva il suo discorso, vi aggiungeva significati e necessità reali; la dissociazione schizoide era solo alla superficie; all’interno la coesione era profonda: la sua voce era più vera della sua parola."

Ha ragione l’Impiegato, c’è una gara a fare domande oziose su cosa avrebbe detto e fatto Pasolini in questi trent’anni. Non parteciperò. Il brano che ho scelto, tratto da un’intervista del 1970, mi serve a porre una questione un po’ diversa, forse meno intuitiva ma più importante.

Spunti di riflessione per l’oggi, nell’opera di Pasolini, ne troviamo a vagoni. Pasolini è attuale e scomodo. Ma ciò di cui si sente davvero la mancanza non è tanto la lucidità dell’analisi, quanto quella capacità di cogliere e descrivere la schizofrenia che trovava in quel ragazzo di Carrara come in mille altre forme e vittime dell’omologazione. A cominciare da se stesso.

Pasolini era un artista e, per denunciare la violenza di cui voleva essere testimone, aveva scelto una strada da artista: le parole nei romanzi e negli scritti (corsari o no), le immagini nei film. Le scelte linguistiche e iconografiche servivano a documentare quella schizofrenia, causata da ciò che lui percepiva come soppressione violenta di una civiltà, di una tradizione, della cultura contadina e di tutto quello che portava con sé. La ricerca amorevole e ossessiva (nelle periferie, nel sottoproletariato, nei dialetti) delle sopravvivenze ancora vitali di una civiltà colpita a morte non erano motivate dalla speranza di un salvataggio in extremis ma dalla necessità, dall’urgenza etica di celebrare pubblicamente un funerale. Pasolini si pone davanti al potere come Antigone davanti a Creonte: la sua opera documentaria, in particolare, è come il pugno di terra di Antigone sulla salma del fratello. Rendere, non restituire la violenza attraverso il linguaggio: questa è la scelta che l’ha portato anche alle ben note polemiche con la protesta giovanile e studentesca. L’astrattezza di certe posizioni intellettuali, in quanto inconsapevoli di quella schizofrenia, non potevano essere veramente critiche e insidiose per il potere. Ciò che davvero spaventa Creonte non è la denuncia ma il gesto di Antigone, che non è violento, ma mette il potere di fronte ai segni evidenti della sua violenza e invoca per ciò stesso la necessità di un potere superiore, che renda giustizia.

"Chi ama veramente la vita non pensa mai al futuro. Sia chiaro però: se ci si è una volta illusi che nel mondo c’è qualcosa di giusto e qualcosa di ingiusto, e ci si è poi accorti che giustizia e ingiustizia non sono che un aspetto (uno dei tanti) delle cose, io penso che si debba continuare a vivere (e a lottare) come se quell’illusione fosse rimasta intatta".

La domanda quindi è: non che cosa avrebbe detto, ma come l’avrebbe detto, oggi. A quale schizofrenia potrebbe, potremmo applicare quello sguardo. 

3 Novembre 2005

Perché aderisco a Tocque-Ville

Filed under: il viandante digitale — cronachesorprese @

Tocque-VilleNon sono conservatore. E neanche progressista. Credo che la dialettica conservatore – progressista sia una menzogna; nella migliore delle ipotesi è come la festa di halloween, qualcosa di importato che mal si adatta a noi. Ciò non significa essere ostili o contrari di principio a un "arrangiamento" bipolare della rappresentanza politica in Italia, ma rifiutare di dividersi su criteri che non sono adatti a rispondere alle nostre aspettative e ai nostri bisogni.

Che m’importa dei travagli del borghese "conservatore" che non sa come gestire le novità che scombussolano gli equilibri sociali ed economici su cui si basa la sua tranquillità; e che m’importa, in egual misura, dell’edipo irrisolto dei "progressisti" che pur di tacitare le loro nevrosi sposano utopie o idee sperimentali di nuove civiltà, senza carne e senza senso, una dietro l’altra, a seconda dell’età, delle voglie, della stagione e naturalmente di ciò che suggerisce quotidianamente Repubblica al loro "spirito critico". Che mi importa di chi si fa definire ogni momento dall’astrazione dominante. Il popolo è altrove.

Non mi interessa quindi aderire a un cartello di blogger "conservatori". Se essere di destra coincidesse con l’essere conservatori, non sarei di destra. E se essere cittadino di Tocque-Ville significasse essere identificato senza ombra di dubbio e senza sfumature possibili come conservatore o neocon o teocon o roba del genere, ne starei lontano mille miglia.

Certo, l’iniziativa di Ideazione è promossa da persone che hanno come riferimento ideale la destra americana, il conservatorismo repubblicano. Però non vogliono mettere questa loro idea al centro di un progetto di omologazione e "normalizzazione", anzi. Nell’operazione vedo almeno due cose che mi piacciono molto.

Una è la volontà dei promotori di entrare nella blogosfera per organizzare in una presentazione coerente con la loro linea editoriale alcuni contenuti senza snaturarne l’autonomia e la multiformità, anzi per esaltarne la capacità di penetrazione e costruire la possibilità di alimentare il dibattito delle idee anche attraverso i blog. Lo spiega bene Andrea Mancia in questo articolo. È un gran bel modo di stare su internet. Tecnicamente si fa aggregazione di contenuti: Tocque-Ville è un aggregatore finalizzato a un intervento umano redazionale, un intervento di semplice selezione e impaginazione. Il risultato è un giornale online, un giornale prevalentemente di opinioni naturalmente, ma che risulta sempre aggiornato e interessante. Un aleph che riunisce in un solo colpo d’occhio mille modi di vedere diversi che sono scartati ogni giorno dall’agenda setting che rende giornali e televisioni tutti diversi ma tutti uguali.

L’altra cosa che mi piace è che tra gli attuali 516 aderenti c’è veramente di tutto. Una galassia di posizioni diverse, in gran parte ascrivibili politicamente all’area del centrodestra, che documentano un fermento intellettuale, una voglia di confronto e dibattito che vale come totale sovvertimento degli stereotipi sull’elettore di destra. E questo sì che mi interessa. C’è un comune sentire nella varietà delle posizioni, un’embrionale appartenenza a qualcosa che probabilmente deve ancora nascere o, se è già nato, deve ancora prendere coscienza delle sue potenzialità. E che non sarà certo, viste le ottime premesse, un nuovo partito o un atto di vassallaggio incondizionato a uno schieramento.

« Pagina precedentePagina successiva »

Powered by WordPress. Theme by H P Nadig