Cronachesorprese

3 Febbraio 2009

Revolutionary road

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

revolutionary roadChi ha amato American Beauty non può perdere questo nuovo film di Sam Mendes. Troverà tante analogie, ma anche tante differenze. Il bersaglio è lo stesso, è la finta e ipocrita quiete della borghesia americana, quella dei villini bianchi con giardino, dei benestanti in trappola più o meno consapevoli di esserlo. I mezzi di analisi, indagine e “distruzione”, però, sono diversi.
È diversa anche l’epoca: Revolutionary road è ambientata in un’America che si è ormai lasciata alle spalle la guerra e non ha ancora conosciuto le scosse di Vietnam e contestazione. Ancora più che in American Beauty, niente può realisticamente turbare la quiete dei villini di Revolutionary road, un nome che è un esorcismo. E una coppia giovane con figli piccoli è sola, se aspira a qualcosa di diverso che proprio non vorrebbe esorcizzare ma a cui non riesce a dare un nome. Un mondo e una possibilità di vita diversa prendono forma soltanto nel vagheggiamento di una fuga in Europa. Lasciare tutto e andare a vivere a Parigi, senza calcolare, senza neanche voler tanto sapere che cosa il futuro riserverà loro.

Questa idea indeterminata e quasi infantile ha una densità incalcolabile ed è gravida di conseguenze non controllabili, come è per l’imbarazzante “colpo di fulmine” di Kevin Spacey in American Beauty, che sembra una cosa senza senso e invece è soltanto il detonatore di una bomba innescata da tempo. Altra analogia tra i due film è il personaggio che fa da cartina al tornasole (Ricky Fitts – Wes Bentley nell’uno, John Givings – Michael Shannon nell’altro), l’elemento fuori dagli schemi che mette in evidenza, con il suo sguardo e la sua stessa presenza, quanto il sistema che sembra in equilibrio sia in realtà altamente instabile e radioattivo.

Ma in Revolutionary road non c’è commedia, c’è poca ironia e c’è anche meno voglia di allegorizzare: la storia da raccontare è materia cruda e non insolita per l’epoca in cui è ambientata.

Sono stato un po’ sorpreso dal film. Per tutto il primo tempo ho pensato che fosse un film sbagliato, banale, fatto solo per gli attori, le ambientazioni, i costumi. Poi ho capito che la banalità della lunga premessa era indispensabile per far partire la vera storia. E quando parte non hai più obiezioni. Altra grande prova di Di Caprio; forse la migliore in assoluto della carriera per la Winslet, almeno di quelle che ho visto. A dieci anni di distanza da Titanic. Chi rimetterà insieme i due tra dieci anni ancora? Che coppia saranno, e che storia, che sogno e naufragio e aspirazione infranta racconteranno?

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