Sentendo parlare sempre a sproposito di virtuale (l’ultima occasione in ordine di tempo il raduno di Facebook a Roma: ma benedetti figlioli con l’inchiostro ancora sulle mani, se c’è un raduno vuol dire che ci sono atomi, non bit in gioco. No?) mi è venuto in mente il modo in cui Garcia Marquez in Cent’anni di solitudine descrive lo sconcerto degli abitanti di Macondo all’arrivo simultaneo di treno, grammofono, telefono e altro. Non so se funziona, ma mi sono immaginato che di fronte alle nuove dinamiche di socializzazione mediate dalla rete molti hanno lo stesso sconcerto, ma senza stupore. Che è, a naso, una cosa molto brutta.
Abbagliata da tali e tante meravigliose invenzioni, la gente di Macondo non sapeva da dove cominciare a sbalordirsi… Era come se Dio avesse deciso di mettere alla prova ogni loro capacità di stupore, e tenesse gli abitanti di Macondo in un perenne andirivieni tra l’entusiasmo e la delusione, tra il dubbio e la rivelazione, al punto che ormai nessuno poteva sapere con cognizione di causa dove erano i limiti della realtà. Era un intricato guazzabuglio di verità e di miraggi…
SEMBRAVANO POLLI DI BATTERIA LIBERATI IN DISCOTECA…. :(
Comment di Clio — 14 Ottobre 2008 @
ok, ma sempre di atomi si tratta ;-)
Comment di alessandro — 14 Ottobre 2008 @