Cronachesorprese

5 Giugno 2007

Parole, non fatti

Filed under: parole, non fatti — alessandro @

Vedo che il sondaggio proposto ha avuto un certo successo. Nei commenti all’ultimo post ci sono così tanti spunti che ho pensato di inaugurare una categoria apposta. La chiamo Parole, non fatti perché le parole che sceglierò sono spie linguistiche della distanza del giornalista dal fatto di cui dovrebbe parlare come testimone o avendo sentito i testimoni o le persone più vicine ad esserlo. Una distanza che spesso rimane (è questo l’aspetto più interessante della faccenda) anche quando chi scrive sarebbe davvero in grado di farlo da testimone: ma preferisce non esserlo davvero, preferisce non dare tanto peso all’esserci. Preferisce correre sui binari certi di uno stile narrativo già concluso in parole e frasi scritte e riscritte, lette e rilette; e sente probabilmente in questo modo di essere più professionale.

Un cronista giovane ma di una certa esperienza una volta mi ha spiegato come faceva a parlare di un incidente stradale per un’intera cartella partendo dalle classiche cinque W molto scarne. Gli incidenti avvengono spesso nei soliti posti, soprattutto quelli fuori dalle autostrade, quindi a seconda del dove si può presumere qualcosa del come. Poi ci sono frasi che vanno bene, che sono collaudate, come l’auto, per motivi ancora non chiari, ha cominciato a sbandare; la celeberrima asfalto reso viscido dalla pioggia e così via. Me lo raccontava non con espressioni ammiccanti, ma con un certo orgoglio. Si fa così, ne era convinto.

Forse ha ragione lui, in parte: ci sono fatti minimi che si ripetono più o meno uguali. E non c’è sempre il tempo e l’interesse per renderne l’unicità che certo andando a vedere bene si può anche trovare, ma… perché farlo, nella grande maggioranza dei casi?

Il problema però è che questo atteggiamento di sufficienza poi si estende a tanti altri casi e corre il rischio di essere tramandato e insegnato come aspetto della professionalità. Non stupirsi di nulla, perché si sa come vanno le cose, si vede sempre dietro le quinte, si vede l’attore che si leva il trucco, il politico che parla fuori dai microfoni, il funzionario di polizia che chiede di parlare di questo e non di altro, di fotografare qua e non là, che fa trovare la refurtiva già spaparanzata sul tavolo. E quindi, se si vuole conservare questo privilegio, bisogna imparare uno stile narrativo. Che dica tanto, ma che nasconda anche molto altro, soprattutto l’unicità di un fatto, quella diversità, quella differenza specifica da cercare che per un giornalista dovrebbe essere il motivo principale per svegliarsi al mattino.

Naturalmente ognuno ha le sue parole. Io ho le mie. Quando mi accorgo di ripetere troppo parole o frasi, o anche lo stile del periodare, mi allarmo. Bisogna sempre essere autocritici verso ciò che si scrive. Mafe, ad esempio, ogni mese giustamente autodenuncia le parole che sente di aver usato troppo.
Questa è un’attenzione simile a quella dello scrittore, ma diversa, perchè ha obiettivi in parte diversi. Usare troppo una parola significa sempre, tanto o poco, allontanarsi da un fatto per assecondare un giudizio, e intendo questa parola in senso filosofico, cioé qualcosa che è già nella nostra testa e magari contemporaneamente nella testa di tanti. Ma la realtà è altro: e vorrei ricordarlo sempre, anche quando sento che è comodo, economico, accettabile, ragionevole trascurarlo.

5 Comments »

  1. è vero che uno scheletro linguistico standard allontana il fatto dalla realtà, trasformandolo in una prodotto industriale che poco ha a che fare con l’unicità della vita.
    ma io, che di giornalismo non me ne capisco molto, mi chiedo se la cronaca ha realmente bisogno di creatività. c’è bisogno di ricercatezza narrativa per riportare un fatto nella sua unicità e nelle sue sfumature?
    oppure spesso c’è solo la necessità, soprattutto da parte del lettore, di leggere “variabile con rovesci” per capire un fatto?
    mi chiedo se l’asetticità della cronaca, le frasi fatte, non siano che l’esaurimento del Verismo, del riportare “i fatti così come sono accaduti”.
    nel momento in cui il giornalista, o lo scrittore, evadono questo canone massonico tacito e consolidato, queste banalità sintattiche, non si trovano personalmente coinvolte nella notizia?
    Inoltre, nel lettore di un quotidiano, c’è la stessa necessità di vedere con l’immaginazione o solo acquisire i dati salienti mentre guarda una foto?
    Credo che trattare tutto come serie identiche sia un modo per sopravvivere, per un dottore il modo di non piangere con ogni paziente, e quelle frasi sono i piccoli baluardi di difesa personale, il segreto accordo con il lettore che in fondo, siamo onesti, vuole essere lasciato fuori da un dramma che salta fuori da un quotidiano.
    [Come al solito, grazie per spingermi a ragionare “oltre”.]

    Comment di caino — 6 Giugno 2007 @

  2. Sono d’accordo con te sul tema, però una piccola precisazione: quelle che indico sono le parole simbolo di un periodo o di cui mi sono innamorata, non quelle di cui abuso (che sono molte di più, purtroppo).

    Comment di mafe — 6 Giugno 2007 @

  3. argomento fibrillante da forum, molto complesso e sfaccettato.
    credo che si debba tenere conto anche di altri aspetti: l’affabulazione agganciata alla vendita, l’originalità espressiva a distinzione di un marchio, l’ingordigia targettizzata dei lettori e quindi l’ammannire il prodotto nella maniera più acconcia rispetto a quello che vuole chi legge, tutto sempre finalizzato a vendita di un prodotto, notizia come prodotto preconfezionato per come lo si attende.
    una banale afa di 36 gradi può divenire epocale e suscitare inquietudini con un semplice raffronto rispetto alle temperature degli ultimi duecento anni. se ci aggiungi tre cardiopatici stecchiti e un’emergenza energia per l’aria condizionata in qualcuno crei panico apocalittico e sete d’informazione con conseguente affezionarsi al prodotto informativo.
    e stiamo parlando di una banale giornata di 36 gradi.
    il giornalista, oltre che manipolatore e stregone della parola, a suo modo è anche un maghetto e un creativo, quando riesce a sfornare prodotti da pifferaio magico.
    Antidoto consigliato: sano cinismo e ironia solforica…;-)))
    scusate lo sproloquio, ma certi argomenti m’appassionano assai…;-)

    Comment di cybbolo — 6 Giugno 2007 @

  4. caino: no, non c’è proprio bisogno di fare narrativa nei giornali. ma di creatività sì, c’è bisogno come del pane. “variabile con rovesci” è un fatto scientifico, che viene riportato dal giornale come tale. il fatto giornalistico è un fatto che non può prescindere da chi lo osserva e lo riporta. il “reporter” è questo. il valore aggiunto sta lì, sta nel fattore umano, che seleziona, riporta, racconta e commenta. tutto questo ha bisogno di creatività, in forme diverse da quelle di cui ha bisogno lo scrittore, ma si tratta pur sempre di parole scritte. la creatività giornalistica si esprime soprattutto nella capacità di sintesi, che non vuol dire impoverimento.

    mafe: c’era qualcosa che non mi tornava :-) però le due cose a volte potrebbero coincidere: le parole che usi con più soddisfazione in un periodo sono potenzialmente pericolose, perché corri il rischio di usarle anche impropriamente.

    cyb: più che il cinismo, che non so quannto possa essere sano, consiglierei lo scetticismo, che può essere sano (se non totalizza lo sguardo). la creatività a mio parere non serve solo ad affabulare, serve proprio a rendere l’unicità, la singolarità del fatto, e le sue connessioni con altri fatti. è verissimo peraltro che i lettori siano spesso i migliori sostenitori del buon mercato che ha la roba precotta.

    Comment di alessandro — 7 Giugno 2007 @

  5. I notiziari odierni tornano sul caso Welby e unanimemente riportano le parole staccare la spina. Ora, lo so, la questione è delicata, e meriterebbe ben altri approfondimenti. Però ho una domanda. Queste apparecchiature non ce l’hanno un tasto POWER? Di solito è piccolo e nero, spesso è segnalato come ON/OFF, oppure 1/0. Avete guardato bene, anche dietro? Che bisogno c’è di staccare la spina?

    Comment di searcher — 23 Luglio 2007 @

RSS feed for comments on this post. TrackBack URI

Leave a comment


Powered by WordPress. Theme by H P Nadig