Cronachesorprese

2 Gennaio 2007

Un terzo, un terzo e un terzo…

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negroni… ma il Campari non dev’essere più del Martini. Così mi diceva un amico ai tempi dell’Università, mentre preparava una serie impressionante di Negroni. Voleva dire: meglio rischiare di eccedere con il vermouth che con il bitter. Alla fine, comunque, il vero arbitro dell’equilibrio dei sapori è il gin.
Me ne sono ricordato a San Silvestro, dopo una corsa, pochi minuti prima della chiusura dei negozi, per assicurarmi i tre classici ingredienti. Perché a me e ai miei ospiti era venuta una voglia improvvisa dell’aperitivo più buono del mondo, e sono quei capricci che a Capodanno è giusto soddisfare. Ho dovuto pregare i commessi della Conad (tutti ragazzi giovani, anche loro in fibrillazione e con la testa già al cenone) di farmi passare nonostante le casse fossero già in chiusura e l’entrata presidiata dal più grosso di loro. Provocando qualche scazzo (“nooo, basta, non fare entrare più nessuno, non usciamo più di qui…”) sono riuscito a entrare. Ho razziato velocemente le bottiglie dagli scaffali, ho pagato e sono uscito trionfante, stringendo mani e facendo gli auguri, come se fossi un presidente in visita ufficiale. Poiché a casa non ho neanche un portaghiaccio decente, ho dovuto procurarmi anche i cubetti. Sono passato da un amico barista che me ne ha dato una sacchettata. Rimediare tutto in pochi minuti, facendo le mosse giuste e trovando persone gentili, mi ha riempito di allegria ancora prima di cominciare la serata.
Poi, rientrato a casa, dato che non sto tutti i giorni a miscelare superalcolici e volevo essere sicuro di non sbagliare, ho fatto una veloce ricerca su google. Vabbé, il Negroni oltre a essere buono è anche facilissimo da preparare. Ma non sapevo che fosse italiano, e che prendesse il nome da un conte fiorentino. C’è un libro che racconta la storia. Qualche dettaglio in più sull’autore e sulla storia qui.

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