Cronachesorprese

4 Gennaio 2007

Les êtres qui nous manquent

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

Forse scomodare Lamartine è eccessivo. Però, dopo aver visto in pochi giorni due film francesi che affrontano da prospettive diverse il tema della solitudine, mi è tornato in mente, vago ricordo scolastico: “Un seul être vous manque, et tout est dépeuplé”. Due film tutto sommato leggeri, che però non risparmiano lo sguardo analitico su diverse forme di solitudini. Non “moderne”. L’ambientazione, l’occasione in cui una solitudine nasce e cresce è davvero accidentale. Solitudini, senza altre determinazioni.

Il primo, Coeurs di Alain Resnais, è una storia di vite incrociate raccontata con umorismo e dolcezza, che vira nella commedia proprio nei punti (ed è soprattutto questo che mi è piaciuto) in cui potrebbe enfatizzare la disillusione, il dissolversi di certezze e speranze. Malinconico, ma così pieno di poesia (anche nella fotografia magistrale) che, nonostante i bilanci non lieti delle sei vicende individuali passate in rassegna, uscendo dal cinema è più facile sentirsi divertiti che intristiti, e con qualche domanda in più sui cuori di tutti: il proprio e quelli degli altri. Che insomma viene voglia di capire un po’ meglio di cosa sono fatti, o di farcelo almeno dire, se qualcuno mai li veda un po’ meglio.
Poi ci sono altre domande meno importanti, ma inevitabili: ad esempio, come fa Laura Morante a diventare sempre più bella a ogni anno e ogni film che passa? Come fa Resnais a tirare fuori sempre personaggi così diversi dai suoi tre o quattro attori preferiti? E come si fa a dipingere con la macchina da presa come fa lui, con quelle inquadrature perfette?

L’altro è Mon meilleur ami di Patrice Leconte. Il regista dell’ Homme du train, uno dei miei film preferiti degli ultimi dieci anni, non fa certo il capolavoro questa volta, ma una commedia molto piacevole.
Il plot è quasi banale. François (Daniel Auteil) è un mercante d’arte non molto amato, che per non perdere una scommessa con la socia in affari deve trovare un amico, anzi presentarle il migliore amico. Una ricerca che lo renderà consapevole della sua gretta solitudine e gli farà scoprire, dopo disastri inenarrabili, una via d’uscita.
Non è banale la riflessione in sottotraccia sul tema dell’amicizia, e sulla difficoltà di coltivarla e riconoscerla, simboleggiato per tutta la vicenda da un antico vaso greco che raffigura Achille e Patroclo. E che fornisce l’occasione per una scena bellissima, quando è veramente al centro della narrazione, in balia degli eventi e con tutti i protagonisti attorno a lui. A constatare quanto è fragile e potente l’amicizia.

2 Comments »

  1. grazie per il passaggio!!!
    ciao silviaaaaaaaaaa

    Comment di silvia — 5 Gennaio 2007 @

  2. e la battuta più bella del film di Leconte è quella del taxista che, dopo aver distrutto il vaso, domanda: dove sono le lacrime?
    :-)

    Comment di alga — 6 Gennaio 2007 @

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