Cronachesorprese

1 Ottobre 2006

Black Dahlia

Filed under: lo spettatore indigente — cronachesorprese @

Fare un film su un libro di Ellroy credo che sia molto facile e molto difficile. Molto facile perché Ellroy è un costruttore di dialoghi di grande abilità: dialoghi fatti di battute brevi e fulminanti che incollano il lettore alla pagina, con dentro azione, psicologia, invenzioni verbali, insomma tutto quello che serve a una buona sceneggiatura. Molto difficile perché le trame sono intricate e aspirano a seguire  la stessa vicenda da decine di punti di vista diversi, a rendere conto di quella complessità in cui si imbatte un investigatore che tenta di dipanare una matassa. Ellroy ama scrivere da investigatore storie di investigatori per elaborare il suo trauma personale (sua madre è stata uccisa quando lui era bambino).
Non è facile scegliere il punto di vista giusto per raccontare la storia. Nel film non è resa benissimo, a mio parere, l’ossessione per la Dalia dell’agente Lee Blanchard. C’è solo come ingrediente tra i tanti, non ha la centralità che ha nel libro. Ed è un’occasione persa perché, a giudicare da tutto quello che si trova in rete, questa donna realmente vissuta e realmente uccisa nel modo descritto da Ellroy ha continuato a ossessionare molti, per sessant’anni: raccontare bene l’ossessione di Blanchard poteva valere come paradigma.
Brava la Johansson; bravissima, nel poco spazio che le viene concesso, Mia Kirschner. Gli interpreti maschili fanno il loro, ma questa è una storia su una donna e su altre donne che le girano intorno: gli uomini si muovono di conseguenza. Una donna che nella sua debolezza e fragilità fa succedere tante cose. Lei è una nullità, è una comparsa che spera di sfondare a Hollywood e si muove in un sottobosco di personaggi mediocri, ma viene desiderata e odiata con impeto e rabbia titanici; invidiata al punto da evocare abissi di abiezione e malvagità. Non lascia indifferenti, e non lascera mai più indifferente nessuno: la Dalia muove qualcosa di profondo. Forse è una tragedia alla Marylin ante litteram, forse Elizabeth Short è morta dello stesso male oscuro di cui è morta la Monroe, il suo opposto solo per il successo e per il colore dei capelli: ma, ai tempi in cui Elizabeth Short moriva, Norma Jean forse non gravitava tanto lontano da lei. Il lato oscuro di Hollywoodland ha inghiottito entrambe, secondo tempi e modi diversi.  

3 Comments »

  1. Non ho ancora visto la versione di De Palma del massacro della Short, che ho di molto amato nella lettura del grande James.

    Ma trovo molto interessante il parallelismo fra la Dalia e il suo alter ego glamour Marilyn, che peraltro a ben vedere è un personaggio ellroyano come pochi (mi pare faccia una marginale comparsa solamente in American Tabloid, mentre altri suoi colleghi dello show business, dalla Turner, a Sinatra, a Lenny Bruce, a Sammy Davis Jr., hanno goduto di spazi più generosi fra le pagine del maestro). Curioso il fatto che Ellroy, mentre era stato molto critico col capolavoro di Curtis Hanson “L.A. Confidential”, si sia sperticato per la trasposizione filmica della Dalia. E’ davvero un capolavoro o, come molto lascerebbe supporre, anche i duri fanno le marchette? :-) – Filippo

    Comment di utente anonimo — 2 Ottobre 2006 @

  2. In pratica la Short è stata sbranata e fatta a pezzi in due giorni…

    Marilyn Monroe dal 1962 ad oggi…

    Comment di Clio — 2 Ottobre 2006 @

  3. filippo: capolavoro non direi, è però un ottimo prodotto di artigianato. ellroy ha tutte le ragioni di essere soddisfatto, anche se la sua partecipazione a venezia qualche sospetto di lancio interessato lo lascia. se la trasposizione non ha rispettato il “peso” di certi elementi (e alcuni sono stati tagliati completamente: manca tutta la parte messicana, ad esempio) in molte scene si ha l’impressione di rileggere le pagine del libro, pari pari. e per uno scrittore deve essere entusiasmante.

    clio: marylin è stata fatta a pezzi anche prima del 1962…

    Comment di cronachesorprese — 2 Ottobre 2006 @

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