Cronachesorprese

16 Novembre 2007

Quali anni hai?

Filed under: chiedici le parole — alessandro @

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Questo è il mio contributo alla stuzzicante proposta di Effe, che ho trovato attraverso Cybbolo. Non è niente di che ma spero che piaccia, io mi sono divertito :-)

“Le spiego perché l’ho fatta venire un’ora prima del colloquio, signor… – la segretaria sbirciò velocemente il nome sull’agenda – signor Spacca: il primo appuntamento è sempre più lungo perché il dottor Silesio richiede prima di tutto la lettura, la firma e l’approvazione delle regole, nonché la compilazione del questionario, fondamentale per cominciare le sedute”. Così dicendo la segretaria porse all’Ingegner Spacca un fascicolo delle dimensioni di un quadernino ma di un certo spessore, rilegato a spirale e con i bordi arrotondati. Sulla copertina, colorata di un azzurro tenue, due cerchi concentrici, uno verde e uno rosso. Nel più piccolo era incollata un’etichetta con cognome e nome del nuovo paziente: Spacca Secondo.
“Questionario? Regole? Che storia è questa?”
“Niente di che, signor Spacca, è la prassi”.
“Io devo decidere se fare un ciclo di psicoterapia, non se stipulare una polizza! Prima di firmare qualsiasi cosa voglio vedere in faccia il professore! Sono venuto qui su consiglio del mio medico ma non sono né un bambino né uno sprovveduto, se permette, ho cinquant’anni compiuti… Cinquant’anni, due mesi e sedici giorni per l’esattezza!”
Alle parole “cinquant’anni” la segretaria perse, quasi impercettibilmente, una frazione di grado dal sorriso a goniometro, senza tuttavia compromettere l’amabilità generale dell’atteggiamento.
“Naturalmente non posso costringerla, signor Spacca. Ma le regole sono queste, non sono autorizzata a far deroghe per nessun motivo. Se vuole procedere alla compilazione si può accomodare nella stanza qui a fianco”.

“Gli strizzacervelli sono strani, si sa – borbottava l’ingegnere mentre posava il fascicolo sul tavolo al centro della stanza – Ma non mi facciano perdere tempo con futili giochini. Sono solo un po’ stressato e sono venuto qui seguendo il consiglio del mio medico. Ho lavorato troppo negli ultimi dieci… quindic… venticinque anni. Ecco, sì, sono venticinque anni, un mese e quattro giorni che non penso ad altro che al lavoro, e ho compiuto da poco cinquant’anni. Dieci lustri, mezzo secolo. Da due mesi e sedici giorni”.

Prime tre pagine: le regole. Nessun elenco puntato, nessuna numerazione, nessuna distinzione tra i punti con altri sistemi di simboli. E un font in corsivo, troppo lezioso. Lo spirito tassonomico dell’ingegnere manifestò la sua disapprovazione con una smorfia di disgusto.

“Per ogni seduta il paziente dà disponibilità di un’ora, ma le sedute possono durare pochi minuti o l’intera ora, a seconda del programma terapeutico che si sta seguendo. Solo il dottor Silesio lo sa”.
Sono vent’anni – pensa l’ingegnere – che comunico l’ora di arrivo a casa con preavviso di novanta minuti. Chi lo spiega a mia moglie?

“Si entra nello studio senza orologi, cellulari o altri strumenti atti alla misurazione del tempo, che devono essere lasciati in custodia alla segretaria”.
Io senza orologio al polso dò di matto. Lo consulto ogni trentasei secondi, in media. Lo so perché una volta ho contato quante volte guardavo l’orologio in una settimana, e ho fatto la media giornaliera e oraria.

“Durante il colloquio è vietato fare qualsiasi riferimento al passare del tempo. Un segnale sonoro predisposto dal dottor Silesio in base al programma terapeutico avvertirà il paziente della fine della seduta.”
Aiuto…

“Il paziente deve semplicemente dimenticarsi di essere in un “quando”, perché secondo la teoria del dottor Silesio la libera associazione, la compresenza nello spirito di fatti eterogenei e distanti nel tempo, insomma tutti i fenomeni e i meccanismi psichici che il dottor Silesio cerca di indagare non tengono conto, se non in maniera labile e allegorica, della variabile tempo”.
Io non riesco a pensare alla mia vita senza pensare al tempo che è passato, mettendo in fila tutti gli avvenimenti, prima uno e poi un altro. Mi ricordo il giorno, l’ora e a volte anche il minuto di tutti i fatti importanti…

“Il paziente deve raccontare fatti e circostanze della sua vita passata e presente senza fare mai riferimento alle coordinate temporali.
…Il primo bacio. La laurea. Il primo giorno di lavoro. L’incontro con la donna che sarebbe diventata mia moglie. E se adesso è diverso, con mia moglie, è solo perché è passato del tempo. Per quale altro motivo? Cosa c’è da indagare di diverso?

“Il paziente non deve pensare ai rapporto di causa e di effetto in una logica temporale. Spesso è fondamentale mettere in connessione fatti molto distanti nel tempo.”
Sì, ma che ne sa il dottor Silesio? Devo ben spiegarglielo io cosa è successo prima e cosa dopo. Come fa a capire, ad esempio, perché mi metto davanti allo specchio e sincronizzo i movimenti pelvici con il rintocco del pendolo di casa, se non sa da quando lo faccio? Caspita, a pensarci bene questo non lo ricordo neanch’io. Stranissimo, mi ricordo sempre tutto. Quando ho cominciato?

“Il paziente deve dimenticarsi del significato simbolico, dell’importanza sociale eccessiva che diamo a scadenze che sono determinate soltanto dall’uso della numerazione in base dieci. Le espressioni: “Ormai ho trent’anni”, “Vado per i quaranta”, “Ho cinquant’anni suonati” sono da evitare accuratamente. Il dottor Silesio ritiene un inutile spreco di energia dedicare sedute e sedute ad analizzare la crisi dei trenta, dei quaranta o dei cinquant’anni. I problemi veri sono sempre altri, e parlare delle scadenze decennali come se avessero una qualche sostanza è una strategia di autoinganno”.
Ma questo sta scherzando. Ogni decennio ha un colore, un sapore diverso. Uno stile. Un modo di vestire. Quando compro un vestito voglio che il vestito dica, in qualche modo: signori, ho cinquant’anni, non uno di più e non uno di meno. Crisi? Sarebbe come se fossi in crisi perché ho il piede sinistro. Gli anni che ho sono parte di me. Sono parti del corpo. Un decennio è come due mani. Dieci dita. Anzi, gli anni sono organi con una loro funzione. Ogni anno che acquisto ho un organo in più per vedere, per sentire, per contare, per amare.

“Per impostare da subito correttamente i colloqui, il dottor Silesio invita il paziente a compilare le schede nelle pagine seguenti. Ogni foglio corrisponde a un anno di vita. Si prega di compilare la scheda indicando uno o più fatti salienti dell’anno in questione, e poi di nominare la scheda non con il numero dell’anno, ma con un nome qualsiasi. Un nome di persona, un colore, un luogo. Le schede vanno staccate seguendo la linea tratteggiata e radunate come in un mazzo di carte. Il dottor Silesio le mescolerà, il paziente taglierà come fanno i giocatori di poker. Si comincerà la seduta pescando una carta a caso dal mazzo, e poi un’altra, e un’altra ancora…”
Ah… vabbé, questo è facile, dai.

“Allora signor Spacca, mi dica: che nomi ha dato ai suoi anni?”
“Ho scelto nomi di persona, dottor Silesio”.
“Benissimo, vediamo… Tredicesimo? E che nome è?”
“Beh, io mi chiamo Secondo, perché sono il secondogenito. Se avessi quarantanove fratelli…”
“Signor Spacca, ho la sensazione che con lei il lavoro sarà lungo e faticoso”.
“Se si deve fare… Che dice, stabiliamo fin da subito un piano pluriennale? Come lo chiamiamo l’anno in cui concluderemo: Ultimo? Non è che porta sfiga?”

4 Comments »

  1. Abile e arruolato: l’ironia si dipana bene tra numeri e stati d’animo e il brano si snoda con tempo celere, celere come riguardo a tutte le cose piacevoli.
    un saluto: vado a incorniciare…

    Comment di cybbolo — 16 Novembre 2007 @

  2. Sei un genio.

    Comment di searcher — 16 Novembre 2007 @

  3. è bellissimo!!! bravò :))

    Comment di silvia — 16 Novembre 2007 @

  4. :-D
    bello bello.

    Comment di alga — 17 Novembre 2007 @

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