Con l’obiettivo di mantenere un profilo molto basso, Facebook sta creando non pochi incidenti che vengono subito qualificati, non a torto, come censura. Di queste ore il caso di rassegna stanca, ma negli ultimi mesi si sono registrati anche altri casi, come quello del leghista genovese Davide Rossi o del consigliere regionale di An dell’Emilia Romagna Luca Bartolini. Senza dimenticare altri casi che non colpiscono politici ma giornalisti, come Nino Randisi.
Tutti utenti che hanno cercato di usare Facebook per qualcosa che va oltre la comunicazione tra amici. O meglio, che hanno pensato che la comunicazione tra amici su FB potesse essere quello che per loro è già evidentemente nella realtà: un momento per condividere idee e informazioni, per aiutarsi a esprimere giudizi e a prendere posizione.
Facebook ha deciso in questi casi, che sembrano scelti casualmente, di cancellare, di oscurare senza possibilità di replica. Anche quando il profilo è stato riattivato i dati vecchi sono andati persi.
Nei fatti è una censura, secondo l’approccio di Facebook si tratterebbe soltanto di evitare che qualche altro utente possa essere “infastidito”. Penso che questa posizione cambierà nel tempo, perché potenzialmente è molto deleteria per lo stesso social network. Sembra che Facebook non si rassegni alle conseguenze del suo successo: se la gente lo usa, lo userà sempre di più per comunicare cose “importanti”. Se le community si formano davvero e sono davvero più stabili di quelle che si formano attraverso tanti siti e forum è naturale che vengano usate dai politici, dai giornalisti. Per dire anche cose scomode, cose che possono “offendere” qualcun altro.
Dico questo perché non credo alla censura diretta a qualche scopo o contro qualche idea, penso che si tratti di un caso di “guardia alta” per evitare fastidi. Il messaggio di Facebook ai suoi iscritti è: per favore continuate a cazzeggiare, non metteteci nei guai…