Volendo cominciare dalla fine, si potrebbe dire che il Genova Beer Festival è uno di quei rari luoghi dove la fila nei bagni degli uomini è più lunga di quella nei bagni delle donne. Andando indietro, la poca lucidità residua in questo momento mi fa ricordare l’organizzazione praticamente perfetta dello staff di Papille Clandestine (che è alla prima edizione e sembra già una squadra di veterani), tutti gli espositori con particolare menzione per Nadir di Sanremo e Canediguerra di Alessandria, la degustazione sugli stili di birra classici condotta dall’ottimo Simone Cantoni.
Posso dire che ieri sapevo che mi piace la birra, mentre oggi sono un po’ più consapevole del “perché” mi piace, di cosa devo andare a cercare quando l’acquisto, di cosa posso e devo evitare. Ho fatto la conoscenza di birre salate e birre acide. Le prime mi hanno entusiasmato, le seconde non credo che le andrò a cercare ma ne ho apprezzato la cultura e l’audacia. La birra è un inno alla diversità e alla non omologazione, è un giusto equilibrio di tradizione, sperimentazione e innovazione: ovvero quello di cui abbiamo un drammatico bisogno anche in altri campi. Last but not least, è davvero un piacere vedere uno spazio come Villa Bombrini usato per accogliere produttori da tutta Italia: gente che ha fatto di una passione una professione e che merita il meglio. Genova non è soltanto tristi sale congressi e non è soltanto centro, è anche ville storiche magnifiche nelle ex delegazioni. Uno spazio che nella sera di sabato è riuscito a strappare una bella fetta di “movida” dai vicoli del centro storico. Vedete, è possibile. Cento di questi festival, GBF.
25 Ottobre 2015
Genova Beer Festival, buona la prima
5 Aprile 2009
Luca Conti parla di Facebook
Questo post è stato scritto il 6 aprile ed è dunque retrodatato, ma ho fatto realmente l’intervista a Luca Conti domenica 5 verso le 12.30. Eravamo al tavolo di un bar di piazza Italia in attesa dell’inizio del Mediacamp.
L’intervista è poi sfumata in una conversazione ancora più interessante, mano a mano che si aggiungeva gente al tavolo. ci sono quindi molti testimoni (compresi alcuni illustri ai tavoli vicini) che se vogliono possono aggiungere particolari :-)
Luca, il fenomeno Facebook ha caratteristiche peculiari e inedite per l’italia. Sta facendo da “buttadentro”: è l’occasione di avvicinamento alla rete per molti che non avevano mai voluto saperne di usare internet, o lo usavano ma non per attività “sociali” . Che ne pensi?
“Sono d’accordo. Anche se molti utenti della prima ora storcono il naso (e reagiscono con un po’ di fastidio al boom degli ultimi mesi) è positivo che FB stia includendo molti che di social networking non avevano mai sentito parlare. Il fenomeno dovrebbe far riflettere su quanto sia importante partire dal bisogno e non dallo strumento. FB è un acceleratore nella caduta del pregiudizio sulla difficoltà tecnica di accedere alla rete. Ma è un processo di evoluzione del web in atto da tempo. Il blog è stato il primo stadio. Ora siamo nella fase del social networking”.
Sempre meno ostacoli? Il digital divide si sta assottigliando?
“L’evoluzione del web è sempre più veloce, ma il blocco più difficile da superare per molti è ancora legato all’hardware. Per alcune fasce di utenti difficoltà che a noi sembrano banali (come l’uso del mouse per gli anziani) non lo sono”.
Insomma, più l’universo dei navigatori si allarga più arriva ad includere fasce di utenti che possono essere bloccate da difficoltà che chi è nativo della rete non ha mai dovuto affrontare… C’è un contributo del social networking all’alfabetizzazione informatica che raramente si considera quando si parla di Facebook e di altri servizi.
“Sì. Ciò che conta è sempre la motivazione. Mio padre non si era mai avvicinato al computer: ha trovato una forte motivazione negli amici di un club Ferrari che hanno creato una community per mantenere i contatti al di là dei raduni e dei momenti sociali. Bene, per utenti così non bisogna dare nulla per scontato: mio padre ha dovuto superare delle difficoltà che non immaginavo, ma l’ha fatto. Occorre partire sempre dal bisogno”.
Una delle grandi obiezioni su FB è la scarsa tutela della privacy. Un articolo dell’altro ieri del Corriere della Sera citava una ricerca che sostiene che bastano otto amici per compromettere completamente la propria privacy…
“Otto? Ne basta uno… Nella logica di condivisione tipica del social networking non ha senso affrontare così il problema della privacy: è superato dai fatti. C’è gente disposta a fare qualsiasi cosa per apparire in TV, la privacy dove sta? Chi si iscrive a Facebook e inserisce delle informazioni lo fa consapevolmente. Vuol dire che ha piacere a condividere quelle informazioni. Il corriere dovrebbe piuttosto pensare a quanti dati chiede all’atto della registrazione e per dare quali servizi”.
Vediamo quanto hai compromesso la tua privacy: quanti amici hai su Facebook?
“In questo momento mi sembra 1098, dovrei controllare. Avevo già superato i 1100, con numeri alti c’è sempre qualcuno che va e che viene”.
In media quanti aggiornamenti di stato fai ogni giorno?
“In circa due anni ho fatto oltre 4000 aggiornamenti di stato, quindi una media di cinque – sei al giorno, spesso tramite twitter. Se non sono troppo in giro, come in questi giorni, e sto molte ore al computer arrivo a circa dieci aggiornamenti”.
Cosa pensi della possibilità di usare FB per supportare attività economiche, commerciali o di altro genere?
Sto scrivendo un libro sull’argomento e ho già acquisito il dominio facebook-marketing.it. Non faccio anticipazioni, ma è evidente che Facebook sta incentivando queste dinamiche, soprattutto nell’ultimo restyling che mette allo stesso livello i gruppi e le persone, pur mantenendo la distinzione”.
Un difetto di facebook riconosciuto un po’da tutti, anche dagli estimatori, è che tende a risolvere al suo interno la navigazione dell’utente.
“Non è un caso che sia piaciuta così tanto a Microsoft, che l’ha stimata 15 miliardi di dollari e ha fatto un’offerta per l’acquisizione di una quota. Facebook entro la fine del 2009 raggiungerà i 300 milioni di utenti, che vuol dire un quarto dei navigatori di tutto il mondo. È naturale che tenda ad assorbire le attività degli iscritti”.
23 Febbraio 2008
TorinoBarcamp2008 in progress
Pensavo che sarei stato uno degli ultimi a iscrivermi e invece, scorrendo la lista, vedo un bel po’ di nomi dopo il mio, quasi ottanta. Oltre 240 iscritti.
Cosa seguirò? Come al solito dipende da come saranno calendarizzati gli interventi, però a occhio la mia preferenza andrà su:
– Mafe che parla di brand e amicizie
– Simone Morgagni che sproloquia semiosicamente sugli I-Phone
– Vittorio Di Tommaso e Sacha Monotti, che non conosco ma che parlano di passaparola online e conversazioni come mercati (o mercati come conversazioni?), argomento a dir poco entusiasmante
– Tambu che parla di Photowalk (questo spot lo devo fare se no mi semina in autogrill, perché penso che gli chiederò un passaggio…)
– Ascolterei anche Pasteris su blog e informazione, ma non dico nulla adesso se no fa come a Roma l’anno scorso :-P
– Daniele Alberti (mai visto anche lui) che parla di comunicazione video su internet
– Luca Mascaro che sperimenta il design partecipativo lì per lì :-)
– Nicola Mattina che parla, incredibile, di cittadini digitali però dovrei usare un altro nome e insomma come faccio a dirlo? ;-)
Se già riuscissi a seguire questi sarei strafelice, anche se non sono certo gli unici che mi interessano.
Questo post è stato scritto mercoledì 20 alle 23 ed è programmato per autopubblicarsi (come faccio spesso per i fine settimana, che vi credete, che sto sempre attaccato al computer? :-) ) alle 10 di sabato 23, ora di inizio del Barcamp. Qualche aggiornamento in real time su Twitter, che non uso da secoli però ogni tanto viene bene.
16 Febbraio 2008
6 Giugno 2007
Cisco reporter
Lele Dainesi al Femcamp di Bologna, davanti alla telecamera di Robin Good, ha difeso così la sua scelta di passare a Cisco.
Cisco passa da corporate a consumer e spero che mi dia la possibilità di raccontare da giornalista questo passaggio epocale. Mi sento privilegiato per questo.
Io non ho seguito tanto le discussioni che sono fiorite prima, dopo e intorno al famoso aperitivo offerto da Cisco a cento blogger. Le ho fatte decantare: comincio a capire che anche nella blogosfera questo può essere un buon criterio di selezione (che è necessaria, almeno finchè non inventeranno le giornate di 48 ore) per decidere a cosa dedicare attenzione. A valle di giorni e giorni di queste conversazioni Lele, con la consueta allegria, ha detto questa cosa che ho riportato. Qualcuno, se ho ben capito, sostiene che non è possibile fare il giornalista così, che si dovrebbero subire troppi condizionamenti e rischiamo di perdere il Lele più libero e critico. Però davvero in un’impresa editoriale la libertà del giornalista è più coltivata e tutelata che in altre aziende? Io qualche dubbio ce l’ho.
La libertà del giornalista o è una utopia oppure, se è possibile, deve essere possibile anche nelle imprese non editoriali. Per fare un esempio più banale, l’ufficio stampa di un’azienda non ha addetti senza cervello, cloni della direzione che applicano i corollari dell’immagine che la direzione ha deciso di dare all’azienda. Un addetto di ufficio stampa, se è bravo, è un mediatore: uno che media tra le esigenze di comunicazione dell’azienda e i giornalisti. Tra un più di così non dico e un meno di così non chiedo: condivide gli obiettivi di comunicazione dell’azienda ma fa il possibile perché anche il diritto all’informazione dell’utente venga tutelato. Sto parlando forse di un mondo ideale? Non credo.
Lele in Cisco avrà un ruolo diverso, ovviamente, ma a a ben vedere la differenza vera sta nel nuovo canale di comunicazione che apre un’azienda in conseguenza della decisione di rivolgersi al segmento consumer. Di solito si fa attraverso due canali principali: la pubblicità e la stampa. Due canali monodirezionali. Usando anche i blog, e chiamando un giornalista blogger a farlo, Cisco fa una scommessa e si prende anche un bel rischio. Perchè usare un blog per questo significa partire dando credito non soltanto al blogger giornalista, ma anche alle relazioni tra blog in virtù delle quali il giornalista in questione è blogger. Questo, credo, era il significato dell’aperitivo. Significa rendere più facile a Lele dare voce e spazio al destinatario dei servizi di Cisco, nel gioco di mediazione in cui consiste il lavoro di un giornalista dentro un’azienda.
Interessante. E Lele fa bene ad essere entusiasta. Buon lavoro.