Amici che amate gli animali e in particolare i vostri, parliamoci chiaro. Non c’è nulla di strano nel rivolgere loro parole d’affetto, e ci mancherebbe. Un “patato” ci può stare, e che sarà mai. Sì, la parola è un po’ insulsa, questa espressione di pucciosità creativa coniata da qualcuno chissà dove e quando che ora tutti si sentono in dovere di ripetere e non si capisce perché, considerato che alla prima ripetizione di creativo non ha più nulla. Ma me ne sto.
Anche “patatone” cos’è in fondo se non una variazione sul tema? Non farò mai facce strane a sentire un “patatone”, ve lo prometto.
Coniato il sostantivo, naturalmente, prima o poi verrà fuori anche l’aggettivo. Ed eccolo qui, il “patatoso“. Come si fa a stigmatizzarlo, bisogna essere coerenti: se si tollera il patato dobbiamo tollerare anche il patatoso.
Vedete dunque che sono più che accomodante, non sono uno di quelli che si stropicciano la faccia in espressioni di disgusto appena sentono una parola irritante, posto che comunque la parola (con tutte le sue variazioni) è oggettivamente irritante.
Quindi eccoci qui, restiamo amici. Però in considerazione della grande apertura mentale da me dimostrata, posso chiedervi un favore? Usate patato, usate patatone, usate patatoso, ma non metteteli mai insieme: non avete bisogno di rafforzare un concetto che è già come un tuffo in un barile di melassa. Quindi vi chiedo di pensare almeno un attimo prima di immortalare i vostri impeti irrefrenabili di dolcezza in un “patato patatoso“, o in un “patatone patatoso“. Converrete con me che questo comincia a essere troppo per chiunque, anche per chi vi vuole bene, è animato dalle migliori intenzioni ed è abitato solo da candidi pensieri di armonia universale e pace nel mondo.
Ma non potete.
Non.
Potete.
Mai.
Assolutamente.
Sbrodolare in un “Super Patatone Patatoso“.
Appena letto.
Giuro.
Che devo fare?