Sandro Veronesi, noto scrittore e sceneggiatore, si è preso la briga di analizzare il vangelo di Marco dal punto di vista della tecnica narrativa. L’ha fatto inizialmente per la scuola Holden dove ha tenuto delle lezioni sull’argomento e poi ne ha tratto un piccolo libro (che nel formato riprende astutamente quello dei vangelini tascabili). Non ha snobbato l’aspetto storico ed esegetico e nelle note molto estese e leggibili dà informazioni precise e utili che dimostrano una buona preparazione e che corroborano la sua idea di una forte impronta autoriale sul testo del primo vangelo.
Veronesi, non credente, non nasconde l’ammirazione per le capacità narrative dell’autore sacro. Definisce il vangelo una “macchina da conversione” rivolta esclusivamente ai romani. Le scelte contenutistiche del vangelo più antico e più breve sono spiegate incrociando le esigenze narrative con la destinazione. Ad esempio, perché Marco omette il discorso della montagna? Perché il lettore romano non capirebbe, soprattutto all’inizio della narrazione: è troppo presto e non serve a convertire i romani, che non sono proprio abituati a vedersi “ultimi”. A loro viene dunque offerto un vangelo “di potenza”, tutto azione, del tutto epurato dalle controversie sulla tradizione che solo gli ebrei potevano capire.
Non sono in grado di valutare quanto il Marco di Veronesi sia debitore di studi specifici e di quali, ma sicuramente le sue notazioni sulla tecnica narrativa sono di una finezza singolare, e forse più che l’occhio di un esegeta o di un esperto di generi letterari della bibbia ci vuole proprio l’occhio di uno scrittore per mettere a fuoco una sapienza compositiva che non siamo abituati a considerare abbastanza.
6 Luglio 2015
“Non dirlo”: il Vangelo (di Marco) secondo Veronesi
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