Se il Governo che comincerà tra pochi giorni arriverà davvero al 2018 sarà qualcosa di epocale, di storico. Non ci credo. Se dovessi scommettere oggi direi fine 2015 al massimo. Troppe le debolezze strutturali, a cominciare da una “larga intesa” che si è già ristretta di un bel po’ in dieci mesi e rimane qualcosa di troppo ambiguo. Io non credo che Alfano abbia la forza e il coraggio di affrancarsi davvero (intendo definitivamente, alla resa dei conti delle scadenze elettorali) da Berlusconi, ammesso e non concesso che ne abbia la volontà. L’ipotesi fantapolitica che avevo fatto qualche anno fa ai tempi della scissione di Fini rischia di essere perfettamente verificata con Alfano.
Il primo rischio del Governo Renzi, dunque, sarà di dipendere suo malgrado da equilibri nascosti che non riguardano la sua parte politica e neanche l’asse principale della sua anomala alleanza di governo.
Il secondo rischio è cadere troppo presto. Le urne sarebbero impietose con lui e con il suo partito. Già ha un credito eccessivo e immeritato, non sancito da un voto: per dimostrare di meritarselo il sindaco di Firenze deve superarsi. Gli è chiesto molto di più di quello che è stato chiesto a qualsiasi capo di governo negli ultimi vent’anni. Ha tutto da conquistare, tutto da dimostrare. La legittimazione delle primarie del Pd è troppo debole per essere giocata sulle decine di tavoli nazionali e internazionali (lui che finora è stato solo amministratore locale) sui quali dovrà giocare.
Oggi mi riesce davvero difficile capire perché si è cacciato in questa situazione. Dicono i suoi avversari (e lui stesso lo ammette, con aria di sfida) per un’ambizione sfrenata. I suoi amici invece dicono (e ancora lui, Matteo, lo sottolinea: risponde sempre a tutto e a tutti, sembra un campione di ping pong) per senso di responsabilità. Non credo a nessuna delle due spiegazioni. Credo che al netto di una dose sicuramente altissima, esagerata di autostima la mossa sia una scommessa politica, lucida, razionale. Fatta da Renzi senza guardare in faccia a nessuno, ma anche con poco riguardo verso se stesso e verso il non piccolo capitale di fiducia e di speranza finora accumulato.
Per ora gli riconosco solo un grande fegato. Coraggio, determinazione. Nient’altro. Di sicuro non basta. Ma per quello che si vede in giro da anni potrebbe essere un buon inizio.
In negativo il fiorentino ha scoperto le carte di una spregiudicatezza che, se in politica non è certo rara, non è neanche roba di tutti i giorni che venga fuori in maniera così spettacolare. Quando a novembre scorso si era ingaggiato nelle primarie per eleggere il segretario del Pd non riuscivo a capire. Mi sembrava una deviazione di rotta rispetto alla corsa dell’anno prima contro Bersani per candidarsi a premier. Oggi il senso della mossa è chiaro, ed è difficile pensare che non fosse premeditata. Letta non meritava certo una sconfessione così bruciante, e questo non fa onore a Renzi. Ha una sola possibilità per far dimenticare questa scorrettezza: dimostrare immediatamente che il cambio di passo della maggioranza di governo non è solo velleitario, è una realtà, una strada ben segnata e praticabile fin da subito. Ha poco, pochissimo tempo per farlo.