Cronachesorprese

26 Dicembre 2013

Attesa di sale

Filed under: il consumatore non consumato — alessandro @

“E stai zitta, bastarda! Sileeenzio!” A parte le bestemmie qua e là non mi sono mai sentito così in sintonia con un ubriaco marcio di quelli da panchina di stazione ferroviaria. Ce l’ha con la voce meccanizzata degli annunci ma anche con le pubblicità che si ripetono senza posa dagli schermi posizionati in ogni binario. Una violenza, quest’ultima, già analizzata e denunciata in altro post. Stasera mi focalizzo su un altro aspetto del deserto che avanza nel trasporto ferroviario.

Sono arrivato con largo anticipo in stazione e, come sempre capita quando sono in anticipo, il treno è in ritardo. E non un regionale da una fermata ogni due chilometri, ma un pretenziosissimo Frecciabianca. E non un ritardo di dieci minuti, ma di 35. No, 45. No, 55. Gli aggiornamenti grandinano impietosi sul tabellone, ma io non mi scompongo come altri accanto a me. Sapeva già tutta l’amara verità la app che ho consultato poco prima di arrivare, che dava un’ora di ritardo. La causa, dice la lady meccanica dei nostri incubi, è un guasto: “ce ne scusiamo con la gentile clientela”.

Che fare? Un libro ce l’ho, aspetto. Ma dove? Sala d’attesa? Non esiste piú. Bar? Neanche: al posto di bar e sala d’attesa c’è un Mc Donald. Mi scoccia ma per una volta entro, fa anche servizio bar quindi non sono costretto a prendere schifezze. Entro e la ragazza al bancone mi guarda desolata: “Siamo in chiusura, mi spiace”.

Panchina sul binario. Sono le 21:30, se va bene devo aspettare un’ora. Fortunatamente non piove più e non fa molto freddo, ma l’aria è pregna dell’umidità dei due giorni di buriana appena passati. Domani devo alzarmi presto per un rientro al lavoro non facile. Se mi va di lusso sarò a casa a mezzanotte e mezza.

Quindi ricapitoliamo. Nella stazione di un capoluogo di provincia di media grandezza non c’è più la possibilità di attendere in un luogo confortevole nelle 24 ore. Già è discutibile che quegli spazi siano stati concessi a una multinazionale come Mc Donald: per viaggiatori e turisti una stazione è anche una porta d’ingresso a una città, a una regione, a un pezzo d’Italia. Perché non metterci un bel bar all’italiana?

Ma sorvoliamo su queste romanticherie (che non lo sono, beninteso): se Mc Donald o chiunque altro si ciuccia gli spazi di bar e sala d’attesa deve garantire un servizio di pari livello o superiore. Bar più sala d’attesa, più pulizia degli ambienti e dei bagni e orari di apertura congrui con le esigenze dei viaggiatori. E invece eccomi qui. La Stazione era casa, una volta, quando era necessario. Stasera mi sento messo alla porta a casa mia. E non rompete col darmi dello statalista o peggio, grazie: sapete tutti che non lo sono, non mi metto a fumare dalle nari quando vedo un privato nel pubblico. Non avrei niente in contrario in linea di principio, ma i servizi di valore pubblico devono essere condotti partendo da certe priorità: garantisco un servizio e nel contempo faccio utile. Se sono bravo ne farò tanto, se sono meno bravo ne farò un po’ meno ma non posso per questo motivo comprimere il servizio.

1 commento »

  1. sono arrivato a casa da poco e prima di buttarmi a letto faccio una precisazione: ho scritto il post digitando nervosamente sullo smartphone in diretta dal binario, in piedi, al freddo. un modo per elaborare la carogna che avevo in quel momento. a parte alcune correzioni e formattazioni non ho cambiato nulla.

    Comment di alessandro — 27 Dicembre 2013 @

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