Cronachesorprese

24 Dicembre 2013

Cammino di natale

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Non te apenes Xosé,
non te apenes por nada,
¿qué máis cartos ti queres
que isto que me acompaña?

In fondo l’avvenimento che ricordiamo oggi è storia di viandanti, di pellegrini che cercano riparo per la notte. Vanno, non sanno fino all’ultimo momento come fare eppure sono certi che in qualche modo si farà. Da cosa viene questa certezza? Dalle premesse poste al loro cammino. Ciò che sta per arrivare deve arrivare, è già certo, non possono neanche far finta di non saperlo.

Nonostante ciò, c’è ancora tempo, deve esserci tempo anche per la scelta umana tra accoglienza e non accoglienza, tra accettazione e rifiuto, tra guardare e voltare la testa dall’altra parte, tra partecipare e censurare. Se non ci fosse questo spazio né Giuseppe, né i pastori e neanche Maria in fondo ci sarebbero davvero. Sarebbero fisicamente presenti, ma estranei come capita a tutti di quando in quando di essere estranei nel profondo a ciò che si agisce in superficie: un mestiere, una maternità, una relazione, un viaggio. Quel momento sospeso prima dell’arrivo del pellegrino… un attimo dopo troverà il suo nome: o era attesa o era nulla, ignoranza, oblìo. Quel momento staminale è lo scopo per il quale quel viaggio è iniziato: se non ci fosse quel momento da trasformare non ci sarebbero compellegrini di un pellegrinaggio unico nella storia che è diventato, invece, paradigma per qualsiasi viandanza.

L’arrivo di questa notte è Natale. Si intende quindi comunemente come inizio, e lo è. Ma da un altro punto di vista è l’ultima tappa di un cammino che nessuno può dire quanta strada abbia bruciato. I due, l’uomo e la donna cui tocca questa notte portarlo, sono gli unici per il momento a intuire che la distanza che questo pellegrino speciale ha coperto non è solo quella percorsa insieme a loro, e non è misurabile nella sua interezza. E siamo ancora qui, oggi, a cercare di immaginarla quella distanza, a scandagliare l’orizzonte per intravederne degli scorci. A confrontare la nostra vita, il nostro cammino misurabile, con l’altro incommensurabile.

Anche se non c’è unità di misura soddisfacente quel confronto è l’unico valore possibile. Forse non sopportiamo che quella distanza sia stata bruciata per sempre. E non da noi. Forse dovremmo cominciare a pensare che l’ospite non è sacro per tradizione, ma per natura, perché porta con sé quell’incommensurabilità davanti alla quale si può solo adorare. E che l’ospite non è un’evenienza possibile, ma è definitivamente nella storia umana: non ci sarà mai più un momento in cui non sarà necessario esercitare la virtù dell’ospitalità. E meno male, perché è esattamente ciò che speriamo, anche senza esserne pienamente consapevoli. Attendiamo lo straniero non estraneo per il quale dobbiamo essere sempre pronti.

Buon natale, buon cammino a tutti quelli che passano di qui.

Cara Belén camiña
unha Nena ocupada
fermosa, en canto a ela,
San Xosé a acompaña.

Chegaron a Belén
e pediron pousada,
responderon de adentro
con voz alborotada.

¿Quen chama á miña porta,
quen á porta me chama?
Somos Xosé e María
que pedimos pousada.

Se traen cartos que entren
e senon que se vaian.
Cartos non traerei,
máis que un real de prata.

Isos son poucos cartos,
pídanno noutra parte.
San Xosé xa penaba,
María o consolaba.

Non te apenes Xosé,
non te apenes por nada,
¿qué máis cartos ti queres
que isto que me acompaña?

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